Omicidio Ammaturo, 40 anni senza mandanti: “C’è un latitante in fuga da 20 anni”. Chi è Renato Cinquegranella

Quarant’anni senza conoscere i mandanti dell’omicidio di Antonio Ammaturo, il capo della Squadra Mobile di Napoli assassinato dalle Brigate Rosse in piazza Nicola Amore il 15 luglio 1982 insieme all’agente scelto Pasquale Paolo (che lo stava accompagnando in Questura). A tenere accesa la speranza di una possibile riapertura delle indagini è il neo procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo che, nel corso della XIII edizione del premio dedicato al super poliziotto, ha ricordato che “le persone che sanno cosa accade sono ancora vive, a cominciare dal camorrista latitante dal 2002”.

Il riferimento è a Renato Cinquegranella, 73enne latitante ormai da quasi 20 anni. E’ infatti ricercato dal 6 ottobre 2002 per associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso in omicidio, detenzione e porto illegale di armi, estorsione ed altro. Secondo la ricostruzione degli investigatori nel giorno dell’omicidio Ammaturo, aiutò nella fuga (insieme ad altri camorristi) i brigatisti che rimasero feriti nello scontro a fuoco con i ‘Falchi’.  Cinquegranella li avrebbe accolti nella sua villa di Castel Volturno (Caserta) per consentire loro di curarsi e riprendere la fuga. L’episodio confermò l’esistenza di un ‘patto scellerato’ tra le Brigate Rosse e i capi-zona della camorra del centro di Napoli.

Secondo Melillo, che fino a poche settimane fa dirigeva la procura di Napoli, le indagini sull’omicidio di Ammaturo “saranno riaperte non appena saranno determinate nuove condizioni, cosa che ritengo possibile”. Cinquegranella è latitante dal 2002 “perché evaso per la seconda volta. Era già evaso nel 1989, condannato per un omicidio ferocissimo e riarrestato. Dopo 10 anni, ha potuto richiedere il beneficio e, in occasione del quarto permesso concesso dalla magistratura di sorveglianza, è evaso. Da allora è latitante”.

Melillo appare fiducioso perché la ricerca dei latitanti “è in corso e anche lui sarà chiamato, spero presto, a misurarsi con la responsabilità di aver accolto e di aver dato rifugio e protezione a uomini delle Brigate Rosse in fuga”. Cinquegranella oggi ha 73 anni ed è tra i cinque latitanti di massima pericolosità ricercati in Italia e nel mondo (con lui ci sono Matteo Messina Denaro, Giovanni Motisi, Attilio Cubeddu e Pasquale Bonavota).

Ad oggi però non ci sono sostanziali sviluppi nelle ricerche di Cinquegranella, nato a Napoli il 15 maggio 1949, e condannato a scontare l’ergastolo per l’omicidio di Giacomo Frattini, detto ‘bambulella’, nello scontro nella Nuova camorra organizzata. “Alla vittima, dopo essere torturata, furono tagliate mani e strappato il cuore” ha ricordato in passato Melillo.

L’OMICIDIO AMMATURO – Ammaturo era appena uscito dalla propria abitazione per recarsi in Questura con l’auto di servizio guidata dall’agente scelto Pasquale Paola quando due uomini, scesi da una vettura, gli spararono contro. Gli autori del fatto risultarono appartenere alle “Brigate Rosse”. Riuscirono a fuggire, ma furono arrestati alcuni mesi dopo insieme ad altri complici, implicati anche nel sequestro Cirillo (27 aprile 1981) e nell’omicidio dell’assessore Delcogliano (27 aprile 1982). Durante la fuga alcuni brigatisti rimasero feriti nello scontro a fuoco con i ‘falchi’ e furono aiutati nella fuga dai camorristi tra cui Renato Cinquegranella che avrebbe accolto nella sua villa di Castel Volturno (Caserta) i brigatisti feriti per consentire loro di curarsi e riprendere la fuga.

CUORE STRAPPATO E MANI TAGLIATE – Cinquegranella sarebbe coinvolto anche in un altro omicidio efferato, quello di Giacomo Frattini, il giovane affiliato alla Nco di Raffaele Cutolo torturato, ucciso e fatto a pezzi ventotto anni fa per vendicare l’omicidio in carcere di un fedelissimo del vecchio boss di Secondigliano, Aniello La Monica. Giacomo Frattini, detto ‘Bambulella’ fu trovato avvolto in un lenzuolo, decapitato, con il volto sfigurato e le mani e il cuore chiusi in un sacchetto di plastica. Per quel delitto finirono sotto processo anche Paolo Di Lauro, il boss Salvatore Lo Russo, suo fratello Mario Lo Russo, Luigi Vollaro esponente dell’omonimo gruppo di Portici, Renato Cinquegranella, già latitante, e i pentiti Luigi Giuliano e Pasquale Gatto.