Turismo senza precedenti
Overtourism, città italiane schiacciate dal turismo: hotel e ristoranti pieni nonostante costi da capogiro
Per chi, come la sottoscritta, ha il privilegio di abitare in una città d’arte (posto che in Italia tutte le città sono città d’arte), il turismo è un fenomeno sempre sotto gli occhi e con cui, anche chi non ci lavora, è sempre costretto a fare i conti. Dopo la pausa forzata dai viaggi, quella dei lockdown e della pandemia, stiamo attraversando una fase che gli americani, con la loro abitudine di dare un nome a tutto, hanno definito “overtourism” (cioè una specie di overdose di turismo), e anche “revenge tourism” (gente che si vendica contro il fatto di essere stata confinata a casa per almeno un paio d’anni). Il risultato è che soprattutto città come Firenze e Venezia (ma anche il centro di Roma e quello di Napoli) sono schiacciate sotto il peso di un turismo che non ha precedenti.
Intanto, per partire con un luogo comune, così come non ci sono più le stagioni atmosferiche, nemmeno esistono più l’alta e la bassa stagione turistica. Basta affacciarsi alla finestra di una di queste città per vedere che i flussi turistici fanno di tutto ma non diminuiscono. L’altra sera, aspettavo di entrare in un ristorante di Piazza Signoria a Firenze e, per la prima volta ben dopo il tramonto, ho incontrato un gruppo che procedeva con incedere sicuro dietro alla guida. Mentre si avvicinavano al Biancone (come i fiorentini chiamano il Nettuno) da dietro la fontana, io valutavo che non era poi un’idea così sbagliata fare il giro turistico del centro città la sera. Meglio la sera, con meno gente in giro, che il giorno, circondati da centinaia di altri gruppi. Questo però significa che, oltre a occupare tutti i mesi dell’anno, il turismo copre anche tutte le ore del giorno e della notte. A Venezia, non meno di un paio di settimane fa, anche in assenza di acqua alta era praticamente impossibile vedere il pavimento di Piazza San Marco per la concentrazione di persone per metro quadro.
Un altro elemento della questione riguarda i soldi che il turismo fa girare. Ancora un esempio. Una conoscente è ospite in questi giorni di un hotel nel centro fiorentino. La camera dell’hotel con vista costa 1500 euro a notte, la suite nello stesso hotel costa 2500 euro. Si dirà che esistono anche hotel che costano meno (e di più) e che un 5 stelle è carissimo ovunque, non solo a Firenze e non solo in Italia. Ma per un Paese dove il reddito medio si attesta più o meno proprio sulla stessa cifra, fa senz’altro specie pensare che il guadagno di un operaio va in fumo in una notte di un hotel fiorentino. Certo, si sa, “life is unfair,” per continuare con un adagio in inglese. Non c’è giustizia in questo mondo. Probabilmente, nessun economista paragonerebbe i due termini della questione così come ho fatto io –costo di un hotel con stipendio medio. E’ una comparazione che non avrà senso per le analisi economiche, ma fa un certo effetto. Qualcuno ricorderà quando il compianto Cavaliere faceva notare che i ristoranti erano tutti pieni, segno dunque che non c’era nessuna crisi economica. A giudicare dalla situazione del turismo in Italia ora, verrebbe da dire che nel mondo ci sono solo ricchi.
E’ ben noto che il turismo è una fonte di sacrosanto reddito per l’Italia e che conta grossomodo per il 13% del Pil. Si sa anche che il 2023 ha riportato i numeri a quelli del 2019, ovvero a prima della pandemia. Il punto è: fin dove vogliamo arrivare?
Questi due esempi –due provocazioni– sono sottesi da temi che non sono nuovi ma che sono oltremodo importanti e urgenti. Intanto andrebbe chiarito fino a che punto l’Italia e le singole città sono disposte a spingersi col turismo. Detto in altre parole: quanti flussi possiamo ancora sopportare e di che entità? Quanto in là vogliamo andare prima di dire che “enough is enough” (il troppo stroppia)? Oltre a soldi, l’overtourism porta costi, comporta lo snaturarsi dei centri storici, ha un impatto sull’assetto urbano globale. Tutte cose che vanno valutate e che vanno messe in conto. Poi si può anche decidere di prendersi il rischio. Prima però va chiarito a che tipo di rischio si va incontro.
L’altro tema: fino a che punto vogliamo spingerci, con questi costi da capogiro, prima che i turisti ci dicano più o meno (questa volta viene più appropriata una famosa locuzione napoletana) “ccà nisciuno è fesso” e poi partano per altre mete? Per restare su un altro esempio fiorentino, pare che i buyer di Pitti abbiano già deciso di fare andata e ritorno il treno durante le giornate della moda, perché pernottare a Firenze è diventato troppo caro.
Faremmo bene a preoccuparci di questi grandi temi adesso, a pancia piena e nel corso di un mese di novembre che, fatta eccezione per il clima, sembra giugno. Adesso, fin che siamo ancora più o meno in tempo a salvare le nostre città e, insieme a loro, l’introito che proviene dal turismo.
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