“In onda” la post-verità. Su La7 si discute, stancamente a dirla tutta, sulla tragedia di Ischia. Dopo le consuete frasi di circostanza, e qualche volo pindarico sul rapporto metafisico tra umanità e natura, lo studio dà segni di parziale risveglio. E, con il sangue che ribolle un poco di più nelle vene, scivola nella polemica politica spicciola. Quando c’è Mieli in trasmissione, del resto, ogni occasione è propizia per lanciare una bella frecciatina al Pd. Ci saranno delle “ferite ancora aperte” che lo inducono a graffiare a testa alta, anche se non esistono motivi legittimi per farlo.
I lineari discorsi di Mieli sono improntati, almeno apparentemente, sempre al comodo registro del buon senso. A ragionamento concluso, però, non si capisce mai bene dove egli intenda andare a parare. Le sue frasi, con dietro il lavoro di una vera arte retorica, dicono e negano, ribadiscono e ritrattano. La sola certezza è che, dopo il fiumiciattolo di parole, prima o poi un bel ceffone al Pd lo assesterà. Qualunque cosa facciano al Nazareno, la scoppola arriva a prescindere. Come al Pasquale dello sketch di Totò. Stavolta la colpa del centrosinistra sarebbe quella di non poter dire la nuda verità sugli effetti del maledetto condono del 2018. Lo vieterebbe la ricerca di Conte, l’ “agit-p(r)op”, quale indispensabile alleato nella coalizione. Per non allagare anche il campo che dall’odiosa estate non è più largo, meglio sarebbe per il Pd glissare su eventuali responsabilità politiche del disastro riconducibili alle scelte perverse del governo gialloverde di Conte e Salvini.
Per un po’ Mieli si dedica al puro processo alle intenzioni. Presto però acciuffa l’occasione propizia per far uscire quello che ha in serbo. Non si accontenta più di giri di metafore volti a coprire banali sospetti. E così piazza il colpo definitivo che tutti comprendono. L’unico partito che può pronunciare parole autentiche sui fatti di Ischia, annuncia solennemente lo storico, è Fratelli d’Italia. Il partito con la fiamma sarebbe infatti il solo soggetto ad avere la coscienza a posto, grazie al meritato plusvalore etico-politico guadagnato con l’immacolata stagione di opposizione. Le carte di Fratelli d’Italia sono così in regola, dichiara Mieli, che soltanto Giorgia Meloni nel mondo politico odierno può permettersi di “fare una polemica con i fiocchi”, scagliandosi contro i colpevoli politici del disastro che è stato agevolato dall’improvvido condono del 2018.
Concita De Gregorio non aspettava altro. Annusando nel predicozzo di Mieli la conferma della sua analisi, divenuta celebre per l’inusitata ponderazione storiografica, su Meloni come “fuoriclasse”, autentica statista del secolo, la conduttrice si accoda al suo ospite nell’esaltazione della verginità etica della destra radicale. A questi opinionisti che combattono il principio di realtà va rammentato ciò che registra la banale cronaca: mentre il giulivo ministro delle Infrastrutture Toninelli si esibiva in Aula con il pugno chiuso per esultare dopo l’approvazione definitiva del testo assai discusso, Giorgia Meloni giustificava il suo convinto sì al disegno varato dall’esecutivo del “contratto” precisando: “Non è un soccorso al governo, ma un sostegno per gli italiani”.
Per giornalisti della post-verità come Mieli e De Gregorio l’effettivo comportamento parlamentare è un fastidioso dettaglio empirico, in sé del tutto inutile come convalida delle solenni tesi via etere. E però, per chi non si arrende al dominio della chiacchiera che cammina senza uno straccio di conferma fattuale, la storia reale suggerisce che i neri Fratelli d’Italia non possono sviluppare alcuna “polemica con i fiocchi”. Semplicemente perché anche il loro partito (aspirante stampella del primo governo Conte e tentato di entrare nella maggioranza populista) era favorevole al condono della vergogna. Solo Pd e Leu votarono contro il provvedimento, mentre Forza Italia, pur contraria in molti passaggi in commissione, si astenne.
Renzi dice sempre che Giorgia Meloni dovrebbe mandare ogni giorno un bel mazzo di rose rosse a Letta, maldestro artefice, a suo parere, del trionfo settembrino dei patrioti. Sarebbe il caso, però, che “il Signor Presidente del Consiglio” Meloni aggiornasse l’indirizzario per i doni da distribuire in segno di riconoscenza. Per sdebitarsi, dovrebbe avere l’accortezza di inviare a quanti più recapiti possibile una bella copia del nuovo libro di Mieli. Naturalmente, il pacco regalo deve essere aggiustato “con i fiocchi”. Il Natale si avvicina e, dopo un estenuante peregrinare da uno studio televisivo all’altro senza cicatrizzare le sue eterne “ferite”, Mieli avrebbe pure tutto il diritto di essere ripagato delle approssimazioni dette in giro solo per un pugno di copie in più.
