Tutti assolti perché “il fatto non sussiste”. Con questa formula il giudice del tribunale monocratico di Roma ha assolto le quattro persone finite a processo per le gravissime lesioni subite da un concorrente della trasmissione Mediaset ‘Ciao Darwin’.

I fatti riguardano il grave incidente di cui fu vittima Gabriele Marchetti, oggi 57enne, nella puntata registrata il 17 aprile del 2019. Impegnato in un percorso ad ostacoli, la prova del “Genodrome”, che prevedeva di saltare tra dei grossi rulli in movimento, Marchetti cadde rovinosamente tra questi riportando lo schiacciamento di due vertebre, con una lesione al midollo che compresse il torace.

Il concorrente venne operato d’urgenza ma le conseguenze dell’incidente sono state drammatiche: Marchetti oggi è completamente paralizzato dal collo in giù.

Nel capo di imputazione il pm nel ricostruire quanto accaduto al concorrente, scrisse che Marchetti “nel saltare da un rullo ad un altro” perse l’equilibrio e a causa della superficie scivolosa, resa tale appositamente al fine di rendere difficoltosa la prova per ciascun concorrente”, cadde “nella intercapedine tra i due rulli”. Il concorrente della trasmissione condotta da Paolo Bonolis, precipitò in una vasca con dell’acqua ma con una profondità di “appena 1,09 metri”. Uno spazio risicato, “evidentemente non sufficiente a garantire la possibile caduta in sicurezza”, scrisse il rappresentante dell’accusa.

Ne era nata una causa legale, col pm che contestava ai quattro imputati l’accusa di lesione personali: la decisione del giudice monocratico è stata quello di assolvere Sandro Costa e Massimo Porta (manager di Reti televisive italiane, Rti, società che ora fa parte del gruppo Mediaset), Massimiliano Martinelli, dirigente della società Maxima, che si è occupata dell’attrezzatura, e Giuliano Giovannotti della Sdl 2005, azienda che all’epoca ha avuto l’incarico di selezionare i partecipanti al gioco.

Il giudice monocratico però, accogliendo anche un’eccezione della difesa, ha assolto tutti gli imputati con la formula perché il fatto non sussiste.

Lo scorso giugno in una intervista al Corriere della Sera aveva sottolineato che “Paolo Bonolis non mi ha mai cercato per sapere come sto . Neanche persone a lui vicine mi hanno mai contattato. Soltanto qualcuno della produzione all’inizio si è fatto sentire per telefono e per mail con la mia famiglia per conoscere la mia condizione fisica. Si sono messi a disposizione per ogni eventuale nostra necessità. Poi però non ci sono stati altri contatti”.

Al Corriere la famiglia dopo la sentenza odierna spiega che “una condanna o un’assoluzione non riportano indietro le lancette del tempo. La vendetta non ha mai sfiorato i nostri pensieri – spiegano i Marchetti, rappresentati dagli avvocati Giovanni Ciano e Federica Magnanti -. L’intento di Gabriele, e in generale di tutta la famiglia, non è mai stato di vedere la gente finire dietro le sbarre. Infatti, abbiamo appena ritirato la querela. Eravamo pertanto consapevoli che il giudice avrebbe potuto assolvere tutti. La nostra intenzione è stata fin dal principio colpire le società: sensibilizzale affinché si applichi la normativa sulla sicurezza per prevenire infortuni nei luoghi di lavoro, ma anche negli spazi ludici”.

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