Processo Stige, il solito Gratteri: metà condannati e metà assolti

Si può dire che “l’impianto accusatorio ha retto”, come scrivono in genere i giornalisti amici dei pm, se la sentenza condanna il cinquanta per cento degli accusati e assolve l’altra metà? È quel che capita nelle giornate più favorevoli al procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri. Quando piove e c’è tempesta può succedere anche che il castello dell’accusa venga raso al suolo completamente e comunque con percentuali così alte da creare imbarazzo. In Calabria la giurisdizione lavora a livelli altissimi, e questo sarebbe positivo se il procuratore Gratteri fosse in grado di operare una vera rivoluzione copernicana: cioè a ogni notizia di reato corrispondesse un’indagine che poi portasse (possibilmente in tempi conformi all’articolo 111 della Costituzione) a conferme processuali.

Prendiamo la sentenza del tribunale di Crotone di giovedì sera al processo “Stige”, prima tappa processuale di un’inchiesta della Dda di Catanzaro che aveva coinvolto la cosca Farao-Marincola di Cirò Marina per reati di estorsione, autoriciclaggio, intestazione fittizia di beni e detenzione di armi. Nella cornice dell’associazione mafiosa e del concorso esterno, naturalmente. Non ci sono fatti di sangue (ormai sempre più rari), ma il sospetto di intrecci tra organizzazioni mafiose, economia e istituzioni. Infatti tra gli imputati, e anche tra i condannati, ci sono anche amministratori locali. Nulla da eccepire.

Ma il punto è un altro, ed è sul numero. In questa occasione 54 sono stati i condannati e 24 le persone assolte. Ma c’è di più, perché, dopo la retata del 2018, un certo numero di indagati aveva scelto un percorso processuale alternativo, il giudizio abbreviato davanti al gup. E anche per questo gruppo di imputati, rispetto ai quali è in corso l’appello, in primo grado la sentenza aveva rispettato le stesse proporzioni: 66 persone erano state condannate e 36 assolte.
Ora, senza essere i campioni del calcolo, e riuscendo a fare di conto anche con il pallottoliere o con le dita, possiamo dedurre da questi numeri che complessivamente i condannati dell’inchiesta “Stige” sono stati 120 e gli assolti 60.

È un po’ come se uno studente all’esame di maturità avesse risolto metà dei problemi o risposto solo a una domanda su due. È vero che il processo serve proprio a verificare se l’ipotesi dell’accusa è fondata. Ma se in primo grado il castello è già stato demolito a metà, e per la Dda di Catanzaro è già un risultato brillante rispetto al solito, che cosa succederà in appello e Cassazione? E come si potrebbe definire il risultato della pesca a strascico, pratica abituale di queste inchieste?