Psicosi Coronavirus è solo isterismo di politica e giornalisti

Caro direttore,
ho intenzione di volare molto più basso di quanto non abbia fatto Bertinotti a proposito del virus. Bertinotti ha parlato di crisi di civiltà, anche le pestilenze dei secoli passati e la spagnola del 1918-1919 sono state l’espressione di altrettante crisi di civiltà, tant’è che hanno attratto anche l’attenzione di alcuni grandi scrittori. Nel nostro caso, la “novità” è costituita dal fatto che tutto avviene in diretta televisiva, giornalistica, della rete internet, il che amplifica tutte le reazioni e nevrotizza sia i cittadini sia le forze politiche. Questa permanente nevrosi attraversa sia le forze politiche e sociali sia la cosiddetta comunità scientifica sia le stesse strutture sanitarie. A nostro avviso, il comportamento delle forze politiche di maggioranza e di opposizione ha avuto molti aspetti negativi. La maggioranza di governo e Salvini dall’opposizione hanno sposato tesi estreme a seconda del vento mediatico: prima Salvini ha sostenuto che bisognava chiudere tutto, poi, anche a seguito della reazione delle forze economiche e sociali ha sostenuto la tesi opposta.

A sua volta il governo ha inseguito l’opposizione su tutti questi terreni, ma, avendo insieme ad alcune regioni la responsabilità operativa del tutto, è andato incontro ad alcuni errori che hanno comunque pesato sulla situazione. A parziale scusante dell’Italia presa nel suo complesso c’è il comportamento del governo cinese che non va mai dimenticato e rimosso malgrado magari per le gaffe espositive del presidente Zaia. In primo luogo, la Cina è un gigante con i piedi d’argilla perché è la seconda volta che al suo interno fermenta un virus che è espressione di mancanza d’igiene individuale e collettiva e di buchi nel sistema sanitario. Per di più siccome la Cina è uno Stato comunista privo di trasparenza essa ha comunicato l’esistenza del virus con qualche mese di ritardo, quindi l’Italia si è trovata ad affrontare una situazione già pregiudicata quando alcuni dei buoi erano già scappati.

Conte e Speranza, ignorando questo fatto, hanno ritenuto di blindare il paese con il blocco dei voli diretti: non ci voleva molto per sapere che esistono anche quelli indiretti. Inoltre, per la paura di apparire razzisti non si è raccolta una richiesta delle regioni leghiste che casomai andava estesa: non solo i ragazzi cinesi, ma tutti coloro che da gennaio erano passati per la Cina dovevano sottoporsi a controlli e/o a quarantene. Paradossalmente è quello che ha fatto la comunità cinese di Prato che infatti allo stato non ha neanche un contagiato e nella stessa condizione si trovano tutti i cittadini pratesi.

A complicare ulteriormente le cose c’è stata la divisione profonda fra gli esperti, i virologi e gli infettivologi che avendo un’esposizione mediatica solo in occasione di queste disgrazie che fortunatamente avvengono a distanza di anni si sono riversati su tutte le televisioni nazionali combattendo fra di loro una battaglia senza esclusione di colpi. Secondo una parte di essi e, come vedremo, l’Istituto Superiore di Sanità, ci troviamo di fronte a una pericolosa epidemia con due focolai, uno più esteso in Lombardia, l’altro più concentrato nel Veneto, che richiedono il blocco totale dei paesi coinvolti e provvedimenti assai incisivi come la chiusura delle scuole, il blocco delle manifestazioni sportive etc. in tutto il Nord. Di qui controlli a tappeto con l’uso generalizzato dei tamponi. L’altra tendenza sostiene invece che la Cina è un caso a parte e che c’è una versione italiana del coronavirus che è una sorta di febbre rafforzata e che quanto ai morti ogni anno la febbre normale produce morti fra gli anziani e i più deboli.

Ora, questa tesi combinata con le legittime preoccupazioni, anzi angosce, delle forze economiche e sociali sta producendo incertezze e contraddizioni che nevrotizzano ulteriormente la situazione e possono portare anche al venir meno di quella guardia necessaria per fare da filtro a un virus tuttora in azione. Su questo terreno è stata decisiva la posizione della regione lombarda per riportare tutti su una posizione di rigore, come testimonia lo stesso decreto del governo. Ma qui arriviamo a una questione che sarebbe di per sé esplosiva se non fosse ignorata da tutte le televisioni e da quasi tutti i giornali con un’unica eccezione; l’unica parziale eccezione è costituita dalla Stampa di sabato 29 febbraio che non in prima (di qui il nostro aggettivo parziale) fa una denuncia assai grave: titolo “Allarme dell’Istituto Superiore di Sanità”, occhiello “L’Iss contro la decisione del governo di non sottoporre a test chi è asintomatico: c’è il rischio che l’infezione si propaghi. L’agenzia europea di prevenzione delle malattie: l’alto numero di positivi al virus non dipende dai tamponi eseguiti” (La Stampa, 29 febbraio 2020).

È evidente che si tratta di una questione molto rilevante sulla quale quasi tutti stanno preferendo di sorvolare. Un altro interrogativo che finora non ha avuto risposta è il seguente: perché in Lombardia e in Veneto sono esplosi questi due focolai e niente di tutto ciò, almeno finora, è avvenuto né in altre zone del Nord né nel resto d’Italia? Allo stato nessuno ha dato risposta a questa domanda, che non è di piccolo conto. A ciò vanno aggiunte altre due considerazioni. Da un lato, il nostro sistema ospedaliero-sanitario al Nord è sotto stress e rischia di diventarlo ancora di più se il numero dei contagiati continua ad aumentare, dall’altro lato oramai il singolo cittadino non ha la possibilità di avere una risposta alle proprie eventuali legittime angosce, sulle quali nessuno può fare ironie. In altre materie ognuno è libero, attraverso il sistema sanitario pubblico e privato, di fare tutti i controlli del sangue o di altro che ritiene opportuno; oggi il singolo cittadino che ritiene di avere sintomi preoccupanti non ha affatto una via facile per farsi controllare con il tampone.

Addirittura, le cronache raccontano di litigi avvenuti presso le nostre strutture ospedaliere da parte di soggetti che volevano essere controllati. In più i medici di base sono in fuga dai loro assistiti per timore che venendo a contatto con un contagiato debbano essere a loro volta rinchiusi in una quarantena di due settimane, per cui non effettuano più visite dirette, ma procedono solo per telefono o per smartphone. Infine, passando ad altro a testimonianza del livello di una parte almeno della nostra classe politica, Salvini ha cercato di utilizzare questa emergenza per uscire dalla botola in cui si è cacciato e per arrivare a un governo di salute pubblica che gli dia una scorciatoia per arrivare alle elezioni in pochi mesi.

Fortunatamente Renzi aveva imbastito un’operazione dello stesso tipo, ma prima che scoppiasse il contagio ha avuto il buon senso di non fare da sponda a una manovra che dovrebbe dequalificare chi l’ha tentata, non perché sia illegittimo far cadere un governo, ma perché è dequalificante puntare alla crisi facendo addirittura leva sull’esistenza del coronavirus. Infine, sia a livello italiano che a livello mondiale c’è il rischio di una devastante recessione. Allora qui nel nostro paese emerge un’altra contraddizione: siamo costretti a chiedere all’Europa una flessibilità di circa 3 miliardi da gestire tutta in deficit.

Ora, grazie ai grillini, ma anche in parte al Pd, il governo deve mantenere ferme due misure di carattere assistenzialistico, il reddito di cittadinanza e quota 100, che non svolgono nessun ruolo positivo, né per ridurre la pressione fiscale sulle imprese, né per aumentare gli investimenti pubblici in infrastrutture che sono le misure decisive per la crescita e quindi per evitare la recessione. Questa rigidità è ancor più negativa visto che in seguito all’aumento dello spread aumenta anche la spesa per interessi e le difficoltà del sistema bancario.