Bambini, ho detto loro, l’altro giorno abbiamo seppellito la nonna e io ho preferito non farvi assistere a quella scena così triste, con la pioggia e tutto quel fango. Vostra nonna è morta vicino al Giorno della Memoria, e chissà che cosa vi hanno spiegato a scuola dei fatti richiamati da questa celebrazione. Tra quei fatti c’è anche la storia di vostra nonna, ed è questa che vi racconto ora che non può più farlo lei.
Enzo era nato a Vienna il 2 Febbraio del 1907. Insegnava pianoforte al Conservatorio di Milano quando furono emanate le leggi razziali. Non gli fu più possibile insegnare, e fu internato nel campo di Ferramonti. Il 24 Settembre del 1944 Enzo aveva un figlio di sette anni e una moglie. La moglie era incinta. Partirono da Milano con un treno per Varese: poi a piedi, nei boschi, verso Astano. La moglie stava male. Il bambino era persino troppo piccolo per avere paura. I militari svizzeri volevano far passare solo il bambino e quella donna incinta, non il padre: accettarono di farli passare tutti quando quei fuggitivi spiegarono che avrebbero preferito tornare indietro e morire tutti piuttosto che dividersi.
Erano diventati molto poveri a causa delle leggi razziali, ma non scappavano dalla povertà: scappavano perché sui loro documenti c’era scritto “razza ebraica”; scappavano perché altrimenti li avrebbero arrestati e deportati, com’era successo poco prima a quella bambina che non è diventata vostra zia perché è stata uccisa a Dachau. In Svizzera furono accomodati in un campo di raccolta e, finito l’internamento, trovarono ospitalità in una casa di contadini. La bambina sarebbe nata di lì a poco, il 15 Marzo del 1944, a Lucerna. Enzo, bambini, era il vostro bisnonno. Quel bambino in fuga di notte in mezzo a quei boschi era il vostro prozio. E quella bambina nata scappando, quella bambina che scappava già prima di nascere, era mia madre: la vostra nonna. Siete figli di chi sarebbe stato costretto a scappare. Siete nipoti di chi fu profugo. Ricordatelo sempre.
