Regionali Marche, è Gaza-flop del campo largo: il voto pro-Pal non c’è, Schlein e Conte perdono per la decima volta…

cronaca politica pesaro chiusura campagna elettorale lega 23 09 2025 presidente della regione francesco acquaroli lapresse Davide gennari Davide Gennari/LaPresse

I risultati nelle Marche parlano chiaro: 52,2% per Francesco Acquaroli, 44,7% per Matteo Ricci. La Flotilla voluta da Hamas affonda le speranze del Pd, la retorica su Gaza non paga. Le bandiere palestinesi strette tra le mani – a ogni comizio – da un Matteo Ricci indeciso tra lo scranno a Bruxelles, Gaza e Ancona si sono rivelate per quelle che sono: fumogeni da stadio. E Fdi ringrazia, la Lega gongola, Forza Italia si rafforza. «Francesco Acquaroli vince le elezioni regionali nelle Marche confermandosi Presidente. Gli elettori hanno premiato una persona che in questi anni ha lavorato senza sosta per la sua regione e i suoi cittadini. Sono certa che continuerà nel suo impegno con la stessa passione e determinazione», dice con un sobrio tweet Giorgia Meloni.

Sa che più che una vittoria del centrodestra, quella delle Marche è una sconfitta del centrosinistra. Lo dimostrano i dati: la coalizione di Francesco Acquaroli conquista una maggioranza risicata, non dilaga. Sono stati i competitor, inadeguati e a tratti lunari, ad aver fatto tutto. La strategia del Nazareno, che ha visto in campo Elly Schlein, ha perso. Il campo largo ha collezionato una brutta figura colossale che gli amici, chiamati in soccorso televisivo su La7, definiscono: “disfatta soprattutto psicologica, perché demoralizza verso le altre regioni al voto”. Sono alibi. La disfatta è politica. Strategica. E ancora una volta, parlano i numeri: il Pd al 20%, tre punti sotto la media nazionale, in una ex regione rossa, non sono uno scoraggiamento: sono una sentenza. E il fatto – evidente, se si analizzano i flussi elettorali – che le fiacche, deboli liste civiche e moderate non riescono a frenare l’abbandono del consenso a sinistra, è indicativo di come la linea pro-Pal finisca per trascinare tutti nel precipizio. Come accade nelle cordate, quando il capocordata cede è difficile che siano i rampini dell’ultimo dei partecipanti ad assicurare il successo della scalata. Il sentiero che affianca Hamas è scivoloso. Consegnare una cultura politica saldamente europeista e atlantista alla deriva del radicalismo oggi e della radicalizzazione domani, un suicidio politico bello e buono.

A Matteo Ricci, che il Riformista ha sentito alla vigilia del voto, va rinnovata una domanda: dopo aver dichiarato che la sua priorità sono le Marche, si dimetterà dal Parlamento europeo per rappresentare l’opposizione alla giunta Acquaroli, in consiglio regionale? Andrea Orlando, perdendo in Liguria, lo ha fatto. E visto che fare passi indietro sembra la nuova cifra stilistica dei Dem di Schlein, sarebbe coerente, da parte di Ricci, fare lo stesso. Alla stessa domanda, posta da Enrico Mentana, Ricci dribbla: «Valuterò. Certamente darò una mano a impostare l’opposizione in Consiglio regionale». Come uno spin doctor, come un consulente prestato a “impostare”. Significa che al seggio non vuole rinunciare, tre giorni dopo aver dichiarato che la sua priorità è la Regione? Cosa dire poi del Movimento Cinque Stelle? Ha preso in ostaggio la coalizione in tutte le regioni al voto e imposto i suoi candidati al Pd, forse per consentire a Schlein di onorare il debito dei voti ai gazebo delle primarie aperte. Segna con il voto regionale marchigiano il suo minimo storico.

Niente di nuovo, per la verità: sulle ultime tredici campagne elettorali di coalizione, condotte in tandem da Giuseppe Conte e Elly Schlein, dieci si sono risolte in sconfitte cocenti. Lorenzo Pregliasco, analista elettorale con YouTrend, si limita a dire che «Il profilo di Ricci non è riuscito a portare alle urne parte degli elettori pentastellati». Segno evidente che una coalizione forzosa tra riformisti e populisti non somma, ma sottrae voti. Festeggiano gli azzurri, con Antonio Tajani: «Forza Italia con un ottimo risultato sarà ancora protagonista nella Regione Marche», dice, dopo che a Telese Terme aveva lanciato la sua Opa sugli elettori centristi: «Siamo l’unico soggetto che può rappresentarli».

Lo striminzito 1,8% dei renziani della lista Progetto Marche Vive, parla chiaro. Come il 4,5% di Marchigiani, civica di centrodestra animata dal sindaco di Fermo che ha accolto molti ex di IV. E in Val d’Aosta il successo del centrodestra viaggia in parallelo. Due su due, le regioni al voto vanno al centrodestra. Ma questo apre, non chiude, una stagione nuova. Ci sarà un effetto domino, a seconda che in Veneto corra un candidato leghista o meloniano. La cabina di regìa della maggioranza di governo non può più rimandare le attese nomination. Se in Veneto andrà il leghista Alberto Stefani, liberando un seggio da rimettere al voto con le suppletive e spingendo Luca Zaia verso Roma, con un posto di primo piano nel governo, si aprirà un confronto di non poca tensione tra gli alleati.