Regionali, Meloni pronta a ‘cedere’ il Veneto per la Lombardia. Rimpasto ministri: Zaia per Lollo che potrebbe sostituire Piantedosi…

Il centrodestra – nella cena a casa Meloni, lunedì sera – non ha chiuso l’accordo sui candidati. Si parla di un clima molto cordiale tra i commensali che hanno trovato, sulle caselle da riempire, le linee-guida. Ma non hanno ancora individuato i nomi. Il Viminale non sarebbe neppure riuscito a convincere le regioni al voto – Toscana, Puglia, Campania, Veneto, Valle d’Aosta e Marche – ad individuare una data unica per le operazioni elettorali.

Dall’election day al mosaico di cabine elettorali

E così non solo niente election day all’orizzonte, ma si prospetta addirittura l’ipotesi opposta: potrebbero tenersi sei elezioni regionali in sei fine settimana diversi. Un mosaico di cabine elettorali dipanate nel tempo che costringerà i commentatori ad analizzare gli esiti uno a uno.
Una scelta caotica che la dice lunga sull’attenzione (e la disattenzione) che il centrodestra rivolge alla prova d’autunno.
Spuntano già le prime date, con i marchigiani – sempre operosi – che andranno a votare l’ultimo weekend di settembre, il 28 e il 29. In ottobre arriverebbe poi il turn della Toscana (il 12 e 13) e quindi la Puglia. Le altre regioni dovranno inserirsi in uno dei weekend entro il 23 e 24 novembre.

Il Veneto e la “battaglia della vita” della Lega

Il tempo stringe e anche se la cena non ha prodotto i risultati sperati per gli equilibri del centrodestra, entro fine luglio i nomi che mancano dovranno esserci. Allineati, uno dopo l’altro, malgrado le tensioni permangano in parte irrisolte.
Una delle regioni su cui gli alleati di governo non riescono a venire a capo è certamente il Veneto. “I veneti hanno il diritto di conoscere il nome del loro futuro governatore. Qualcuno si diverte a creare cortine fumogene con Ius Scholae o altre imbarazzanti proposte. Noi invece crediamo che il Veneto sia il vero nodo politico: con rispetto parlando, questa Regione per noi ha un peso diverso dalle altre”, afferma Alberto Villanova, capogruppo di Lega-Liga Veneta in Consiglio regionale. “È per questo che la Lega ha messo la linea del Piave: per noi è la battaglia della vita. Andranno al voto sei regioni, ogni alleato può fare le proprie valutazioni, ma il Veneto per la lega rimarrà sempre imprescindibile”, conclude Villanova.

Meloni, i sondaggi e la non trattativa con Salvini

Una certezza c’è. Non ci sarà un nuovo mandato per il leghista Luca Zaia che potrebbe però dare vita a una sua lista e, considerando la sua popolarità, dare del filo da torcere agli stessi alleati del centrodestra. Per questo si starebbe pensando, per lui, ad un incarico di Governo. Al suo posto, a capo della Regione, Salvini candiderebbe Alberto Stefani della Lega, ma la presidente del Consiglio ha obiettato – non a torto – che al momento nessuna regione importante – né al nord, né al sud – è guidata da Fratelli d’Italia. E se i sondaggi dovessero indicare la rotta, Fdi non dovrebbe neanche passare troppo tempo nelle trattative con gli alleati.

Veneto alla Lega, Lombardia a Fdi?

Le indiscrezioni vedono comunque una Meloni motivata a dare il nulla osta a Salvini per Stefani in Veneto in cambio, magari, di un candidato del suo partito per la Lombardia. I rumors di via della Scrofa parlano di Carlo Fidanza, ma anche di Giovanni Bozzetti, appena nominato a capo di Ente Fiera di Milano. E di Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. Dibattito aperto anche in Campania dove potrebbe correre il viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli, meloniano, ma tutto dipende da cosa si deciderò in Veneto. Sono ormai certe, invece, le scelte del Centrodestra per altre regioni

Zaia per Lollo che potrebbe sostituire Piantedosi…

Nelle Marche, si ricandiderà Francesco Acquaroli di FdI. Per il tentativo di strappare la Puglia al Pd, la decisione sembra cadere su Mauro D’Attis di Forza Italia mentre in Toscana potrebbe provarci il sindaco uscente di Pistoia Alessandro Tomasi, Fdi.
Tornando a dare uno sguardo d’insieme al quadro politico d’autunno, un rimpasto è nelle cose. Luca Zaia tornerebbe al ministero dell’agricoltura, dove aveva riscosso successi bipartisan. E l’attuale titolare, il genero d’Italia Francesco Lollobrigida? Potrebbe ambire a una promozione – utile anche a riequilibrare a favore del primo partito italiano il bilancino dell’esecutivo – e diventare Ministro dell’Interno. A spese di quel Matteo Piantedosi che se volesse scongiurare questo quadro potrebbe agire subito, in fretta, per farsi valere. A partire dall’indizione di un election day.