Keep calm and carry on!
Regno Unito, Farage divora consensi: l’ultimo sondaggio gli consegna le chiavi di Downing street. Così passerebbe da 5 a 445 seggi
I laburisti passerebbero da 441 seggi a 73. Mentre sarebbero solo 7 i conservatori a entrare a Westminster. Oggi sono 114
C’è una regola ferrea in politica: vinci se erodi i voti degli avversari. E una aurea nel marketing: perdi se imiti il prodotto altrui. Tenendo a mente questi due princìpi, si osservi l’ultimo sondaggio per cui, se il Regno Unito andasse a votare oggi, il Reform Uk di Nigel Farage si porterebbe a casa il 36% dei voti. Contro il 21% del Labour e il 15% dei Tory. Il risultato fa ancora più impressione in numeri assoluti. A Farage andrebbero 445 seggi ai Comuni. Oggi ne ha 5. I laburisti passerebbero da 441 seggi a 73. Mentre sarebbero solo 7 i conservatori a entrare a Westminster. Oggi sono 114. In termini geografici, il Reform succhia voti nei seggi tory nel sud dell’Inghilterra e in Scozia. Come anche dai laburisti nel nord Inghilterra e nel Galles.
Stando così le cose, sarebbe l’incoronazione di Farage che, dalla Brexit in poi, ha iniziato a divorare il consenso di elettori laburisti e conservatori, stanchi di soluzioni inefficaci contro i grandi mali che, a dire della piazza, affliggono la vecchia Inghilterra. Immigrazione, tasse, economia fiacca, eccesso di regole, l’asfissiante modello europeo-continentale. Il Leitmotiv è noto. Nei sondaggi di oggi, a Farage viene confermato quanto gli è stato riconosciuto al congresso del partito, a Birmingham a settembre. Una convention all’insegna del “N.10”. Questa era il claim dell’evento. Come la maglia dei fuoriclasse nel calcio.
Come il numero civico di una certa via a Londra dove Farage mira a trasferirsi. D’altra parte, il Regno Unito andrà al voto solo nel 2029. Per quella data, il Reform ha l’ambizione di trasformarsi dal partito dei pub, qual è stato finora, a soggetto politico capace di governare. Spin doctor e think tank sono mobilitati per farlo uscire dal sensazionalismo e dal culto del capo in cui rischia di cadere. Il progetto è importante. Ma, finché conservatori e laburisti non saranno in grado di fornire una loro alternativa votabile, il populismo inglese ha il futuro spianato per arrivare a Downing Street. Tanto più che le previsioni sono coerenti con il trend europeo. Vanno forte anche la destra radicale in Francia e quella in Germania. Il Rassemblement national viene dato al 34-36%, l’AfD al 26,7%.
Oltremanica, l’errore del governo Starmer è quello di non saper decidere se proporre formule in fotocopia al Reform, oppure essere più labour dei labour, per rubare consenso a Jeremy Corbyn e Zarah Sultana che lo pressano sul fianco sinistro. Anche i tory stanno facendo questo esercizio di copiatura. Ma loro negano. «Sono numeri da prendere con le pinze», ci spiega un loro rappresentante a Londra, galvanizzato dall’International conservative party conference, che si è tenuta a Manchester la prima settimana di ottobre. Lunedì scorso, inoltre, erano i cent’anni della nascita di Margareth Thatcher. Non si commemora l’ultimo bastione dei tory – parola del Guardian – con un sondaggio tanto drammatico. «Con quattro anni prima del voto, questo è uno scenario irrealistico». Tuttavia, la numero uno del partito, Kemi Badenoch, ha presentato un’agenda di politica-economica che ha tutto il sapore del thatcherismo, della Terza via di Tony Blair e del populismo di Farage messi insieme.
Badenoch è mercantilista, ma rigorosa nel proteggere i confini britannici. Al ceto medio propone misure radicali su immigrazione, guerra culturale e politiche green. Tagli alla spesa pubblica, ridistribuzione dei conseguenti risparmi alla crescita economica e abolizione della “stamp duty”, la tassa sulla prima casa, per incentivare la crescita dei piccoli proprietari. Un’idea che però potrebbe aumentare il carico fiscale per proprietari di immobili di lusso e investitori buy-to-let. Con il rischio inoltre che si crei una bolla speculativa. I venditori alzano i prezzi, ne fanno le spese gli acquirenti, tutta Londra ne risente. Mancano quattro anni, sì. Sondaggi alla mano, torna in mente il messaggio di un altro grande conservatore: “Keep calm and carry on!” diceva Churchill durante la battaglia d’Inghilterra.
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