Semplificare le modalità di voto
Riforma elettorale: un’occasione per far tornare gli italiani a votare
La sera del 9 giugno 2024, alla chiusura dei seggi per le elezioni europee, tutte le forze politiche ripeteranno una frase come un mantra: a vincere sarà stato ancora una volta il «partito degli astenuti». Il fenomeno del calo della partecipazione elettorale negli ultimi decenni ha riguardato trasversalmente tutte le democrazie e in modo particolare l’Italia. Se consideriamo anche i residenti all’estero, alle ultime elezioni politiche del 25 settembre 2022 gli astenuti sono stati oltre 20 milioni, il 40,04% del totale, uno dei valori più alti mai registrati nell’Europa occidentale. Una democrazia non è tale se non è partecipata: questo calo costante costringe a interrogarsi sulle cause che spingono tanti elettori a non esercitare il proprio voto. E un’opportunità per riavvicinarli al voto arriva dalla riforma elettorale.
Partiamo dalle cause. La Commissione di esperti che nella scorsa legislatura ha studiato il fenomeno ha individuato tre profili di astenuti: gli involontari, impossibilitati a votare il giorno delle elezioni (chi è lontano dalla propria residenza nei giorni di voto o ha difficoltà di spostamento dalla propria abitazione), una categoria che ricomprende oltre un terzo degli astenuti; gli indifferenti, che hanno un atteggiamento di distacco nei confronti della politica (circa il 20% degli astenuti); gli alienati, che si astengono per protesta politica, una componente che vale quasi la metà del totale. Dunque una parte del non voto può essere spiegata dalla sfiducia nei confronti delle istituzioni e dei partiti, che non riescono più a mobilitare gli elettori. C’è però un’importante parte dell’elettorato che è impossibilitata (gli involontari) o disincentivata (gli indifferenti) a votare, ma che potrebbe essere recuperata prevedendo interventi mirati.
Ecco il contributo che può arrivare dalla riforma elettorale. Mettere mano alla legge elettorale consente di rivedere anche alcuni aspetti determinanti della disciplina del contesto in cui si svolgono le elezioni. Innanzitutto semplificando le modalità di voto: una prima misura che consentirebbe di votare in seggi diversi dal proprio, implementabile con relativa facilità, è la digitalizzazione di tessera e liste elettorali. Al tempo stesso va assicurata l’apertura di un numero di seggi nelle settimane antecedenti al voto, così da offrire la possibilità del voto anticipato – anche in seggi diversi dal proprio – a chi sarà impossibilitato a votare nell’election day. Quindi bisogna promuovere la cultura del voto, sia con un miglioramento quantitativo e qualitativo dell’informazione, sia con iniziative che incentivino la partecipazione, a partire dal rinforzamento dell’educazione civica nelle scuole fino alla previsione di giornate di sensibilizzazione.
La democrazia è un’abitudine che va praticata: per coinvolgere i cittadini è opportuno rilanciare lo strumento del referendum, introducendo quelli propositivi e quelli di indirizzo, e rimodulando il quorum, non più sulla totalità degli elettori ma in funzione dei votanti all’ultima tornata elettorale.
Una legge elettorale trasforma i voti in seggi. Non ne esiste una migliore, ma ce ne sono di più o meno adatte a un dato sistema politico. Sono solo apparentemente tecnicismi: le stesse leggi elettorali hanno effetti sull’elettore, ampliando o restringendo le sue scelte e le modalità di espressione delle preferenze. Quale legge elettorale, compatibile con il nostro sistema politico, riavvicinerebbe gli indifferenti? Un sistema in cui ogni voto conta. Un misto maggioritario-proporzionale, ma diverso da quello attuale: più seggi assegnati con metodo maggioritario; collegi uninominali più piccoli per una maggiore vicinanza tra eletti ed elettori; superamento delle pluricandidature per un reale legame con i territori; abolizione delle coalizioni per una vera competizione tra tutte le forze in gioco; introduzione del doppio turno per consentire agli elettori di esprimere al primo turno un voto sincero e, solo al secondo, uno strategico.
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