Ritorno in Italia, Paese finto senza un vero governo: ma può essere una magnifica opportunità

Questo articolo è dedicato idealmente ai bambini che grazie a mille e più giga nascono già maturi, abili negli algoritmi e nei giochi di strategia e riprogrammazione. Ne conosco un paio sotto i quattro anni per cui ho più timore che simpatia. I bimbi crescono spontaneamente in lingua inglese, sia pure con accento ciociaro o brianzolo, ma pur sempre inglese. Noi che li abbiamo preceduti due terzi di secolo fa, li guardiamo con apprensione perché siamo curiosi e ci chiediamo che idea si siano fatta del loro paese, l’Italia.

A domanda, rispondono: Italia in che senso? Come in che senso? L’Italia, no? Avete presente: Ultima Cena, Lamborghini, le eccellenze, Gormiti, Bramante, Caravaggio…  «Ah – mi rispondono – Lamborghini. Un nuovo Suv. Fichissimo».

Sono appena rientrato dagli Usa, paese controversissimo ma che spurga vita in eccesso, e atterro a Milano Malpensa con la Air Italy che ha sede in quell’aeroportone infinito e nullo, lustro di varechina e vuoto come una stazione spaziale della Germania dell’Est. Tapis roulant, non previsti. Si marcia, si marcia e si entra alla fine in Italia. In Usa ti dicono: «Welcome back, sir». Qui ti dicono: «La copertina del passaporto si sta scollando». È comunque un segno di attenzione. Arrivi e senti subito che il nostro è, politicamente parlando, un Paese finto, senza un vero governo e che questa può essere anche una magnifica opportunità.

Tutti parlano, ma con l’intesa di parlare d’altro. L’Iran? Maledetto sia Trump. Prima doveva morire anche Bush. E prima ancora doveva morire Reagan. Siete troppo piccoli e non ricordate Nixon-boia, che chiuse la guerra del Vietnam e doveva egualmente morire. John Fitzgerald Kennedy che la cominciò, invece, un divo.

Ma torniamo in patria. La reciprocità. Percezione dell’altro: ostile. Anche le sardine, fra loro: ostili. Si accusano di puzzare di pesce sottolio e sotto le ascelle. I Cinque-stelle? Ostili fra loro, fanno più scintille che stelle con principi d’incendio: si fanno tra loro i conti in tasca e ce li vogliono raccontare a tutti i costi nei telegiornali: Antonio non ha pagato la birra, Marietta si è fregata cinque euro, così. Sono gente curiosa. Hanno scritto e sottoscritto nel loro statuto che per esempio sotto Natale devono giocare a tombola e versare le cinquine al partito. E che si scopre? Che alcuni hanno fatto nottate di mercante in fiera. Inevitabile che emergesse dalle vincite depositate alla tesoreria della Camera. Si attendono provvedimenti. Seri. Ma – dicono – prima i problemi del Paese.

Prima di tutto: chi è di destra e chi è di sinistra? Rispondono: Checco Zalone. Che cosa è Checco Zalone? È entrambi: ora di destra e ora di sinistra, dipende da come lo guardi. Ne nasce un aspro dibattito. È il breaking news italiano. Lo straniero, torvo, c’invidia. L’altro caso maggiore, sia per definizione che per colori brillanti, è Sanremo. Pensate – e qui superiamo lo sciocco chiacchiericcio internazionale su Erdogan in Libia – che noi presto rivedremo Rita Pavone prima che la ritirino per l’ultimo aggiornamento. È nei dibattiti. Giuro, non scherzo. E non è finita.

Abbiamo un caso religioso e culturale aperto: uomini e donne del PD vanno a chiudersi nell’ex Convento di San Marco Pastore a Contigliano nel reatino e saranno tutti in saio: il segretario che ha già il fisique du role papale, in abito fratacchione dominicano, e poi gli arciministri del Carmelo, i diaconi sottosegretari della pantofola, e i peones di clausura, per capire finalmente nell’arco che va dal mattutino al vespro quel che si può fare “per i problemi dell’Italia” e – pensate – senza wi-fi né anticoncezionali. Si tratta in tutta evidenza di uno spin-off del “Garibaldino in Convento”, se vi ricordate, regia di De Sica, musica (musica!) di Roberto Rossellini, roba del ‘42. I confessionali sono stati cintati con grate antipedofilia e sono stati aggiunti allarmi contro polluzioni e scissioni notturne.

Intanto c’è malessere perché Trump non ha telefonato a Giuseppe per dirgli: guarda che io adesso faccio secco Qassem Soleimani a Bagdad. Vedeste il broncio. Palazzo Chigi è da giorni in chat fittissima con via Veneto, sede dell’ambasciata Usa che replica: «Guardate che non l’abbiamo detto neanche a nostra zia, perché lo dovevamo dire proprio a voi?». Rapporti speciali, si frigna. «Ma de che? (like what?)». rispondono quelli.

Anche qui, cari giovani: vi assicuro che una volta non era così. L’America al massimo avvertiva gli alleati quando cominciava una guerra. Non so se avete visto l’altro giorno Trump: non ci sarà nessuna guerra, state tranquilli e tornate alle vostre case. Sembrava il vero Papa. Il papa Bonifazio che faceva Dario Fo in Mistero Buffo anni Sessanta. Intanto Giuseppe resta imbronciato e c’è tristezza.

Qui in casa, a ogni talk show tutti i governativi di passaggio dicono: “Grazie alla nostra manovra abbiamo trovato 23 miliardi per salvare l’Iva”. Tutti i giorni sei volte al giorno da due mesi. Contatele anche voi. Tu gli chiedi che pensano dell’idrologia e rispondono che hanno contenuto l’Iva. Chiedi della tenuta del governo, idem. Iva. Ecco perché dedico queste righe ai più giovani. Per rassicurarli che la loro sensazione è vera: tutto ciò non ha alcun senso. È una novità che nasce da un fenomeno geneticamente modificato di quella scatola di Lego che noi chiamiamo frettolosamente democrazia.

Il fenomeno è questo: l’attuale Parlamento, con tutti i suoi componenti di ogni partito, maschi e femmine, senatori e deputati, ha approvato consecutivamente e a distanza di pochi giorni, sia il governo più di destra che si sia mai visto negli ultimi vent’anni, sia quello più di sinistra possibile. È dunque qualcosa che si colloca – per anomalia e suggestione – a metà fra l’aurora boreale e il miracolo di San Gennaro. Sì, avete ragione, stiamo scivolando nel mistico. O, comunque, stiamo scivolando. Spero però che non saltiate a conclusioni affrettate sullo stato mentale della politica che, come ogni stadio dell’Alzheimer, è lento ma, con l’aiuto della genetica, forse reversibile.

Un altro fenomeno probabilmente dovuto ad una cattiva circolazione del CO2 si verifica, nei talk di ogni fascia oraria in cui compaiono membri di antichi governi di centro-destra, i quali con spigliatezza gridano: «Noi sbagliavamo tutto, ma almeno prendevamo delle decisioni! Catastrofiche, è vero: ma pur sempre decisioni!».

Curioso, vero? Che cosa è meglio: prendere una decisione sbagliata oppure non prenderne alcuna? Alla Fiera del Levante hanno brevettato un Renzi-converter: è come un mini-frigo contenente un algoritmo grazie al quale si vede in tempo reale se un provvedimento governativo e una legge elettorale convengano o no a Renzi, che deve sempre decidere se è meglio la gallina oggi o l’uovo domani.

In America vecchi amici del New York Times tornano a chiedermi (pensavano che stessi scherzando la prima volta) come fa uno stesso Parlamento a fornire su richiesta in carta semplice, diverse maggioranze totalmente opposte a piacere.

Ho risposto bruscamente che noi facciamo come cippa ci pare. Per esempio, a Roma: divieto di sosta e isola pedonale sono parole relative come destra e sinistra e questo vale anche per le regole della burocrazia e dell’igiene: che allegria ecologica il festoso proliferare dei gabbiani marittimi sulla monnezza terrestre, considerato che i gabbiani mangiano i topi che si rifanno sui piccioni e alla fine le zecche si confondono. La sindaca della Capitale sta tornando a considerare il progetto già copiato da Silicon Valley di introdurre greggi di pecore che potino i prati e distribuiscano con i loro caratteristici pallini il concime naturale.

In Italia l’umorismo è stato affogato in una tinozza. I comici lasciano trapelare disperazione e disoccupazione, vanno forti gli urli e la retorica sull’odio. Devi dire che odi l’odio e che trovi odioso odiare l’odio perché non si deve odiare la gente odiosa, cose di questo genere, risultante zero e anche meno. Tutti si stupiscono se ti stupisci, ma sospettano che da qualche parte e in qualche modo sei un mascalzone. Dunque, cari ragazzi appena arrivati, occhio. Appena tornato, ho avuto la mia dose di shock. Soft shock, per così dire. Seguitate a studiare la lingua inglese e anche le altre.

Aggiornate il vostro passaporto. Sono solo prudente. Quanto al resto, vi assicuro, uno sfrenato patriota.