Lo scherzo (devo dire, da amante degli scherzi, geniale) incassato dallo staff della Premier è clamoroso ma farlo diventare un caso politico è ridicolo. Significa non avere argomenti e attaccarsi quasi alla cronaca di costume per avanzare una critica all’esecutivo. Roba da disperati. È però un fatto plastico, paradigmatico della solitudine del nostro premier, che sembra avere un passo diverso da chi la circonda, e sembra tarparla. Con poche luminose eccezioni, Guido Crosetto anzitutto, autore di una grande iniziativa tricolore nella questione Israele–Gaza, appare nitido e controproducente il gap tra la guida del Governo, parte significativa del governo stesso, e alleati capaci di interdizione ma privi di proposta adeguata.
Un assetto che produce affanno politico, privo di un fantasista capace di aiutare la premier inventando qualcosa di rivoluzionario ma urgente. La manovra economica, un cantiere aperto fino all’altro ieri a richieste contraddittorie dei partiti di maggioranza ma che riguarda il portafoglio degli italiani, riflette esattamente questo: un accordicchio con allegato divieto di presentare emendamenti che non tocchino taglio del canone Rai, aumento delle tasse sugli affitti brevi con annessa distinzione, un po’ da stato etico, tra affitti a turisti e famiglie, tagli per le pensioni anticipate e mancato adeguamento per i pensionati non alla fame. Niente che sia l’inizio di una rivoluzione. Solo ordinaria amministrazione relegata nei margini ristretti di poche risorse disponibili, rese tali anche dal rifiuto di trovarne altre restringendo il perimetro di Stato e spesa pubblica, che ci si illude aiuti a mantenere un consenso politico, unico bene di cui si insegua una crescita.
Serve qualcuno che aiuti la premier a recuperare visione e road map di legislatura contro l’oppressione fiscale, burocratica e giudiziaria che soffoca l’Italia e ne mortifica la voglia di crescere che nella società italiana esiste eccome. Si naviga a vista, attenti solo a non incassare la critica da talk show, pretestuosa peraltro, di snobbare chi non arriva a fine mese: anche il giusto taglio per un anno del cuneo risponde a questa logica, ma nessun imprenditore assume di più se sa che la misura riguarda un solo anno, e spiace constatare che anche il centrodestra ritenga da aiutare solo chi guadagna fino a 35 mila euro, come se chi ne guadagna 50 sguazzasse nell’oro.
Ricordiamoci che saranno sempre meno gli italiani in campo a fatturare per pagare e aiutare chi si ritiene (e non sempre è) in difficoltà, e che un medico che dopo 20 anni, stufo del settore pubblico, si dimette e inizia a lavorare nel privato, dopo due anni ancora non riceve da Inps la liquidazione del suo Tfr. Soldi suoi, tenuti in ostaggio dallo Stato, cui nemmeno questa maggioranza vuole limare le unghie a favore dei cittadini. E questa è una sorpresa, non uno scherzo. Infatti non fa ridere.
