Mentre si avvicina il momento in cui l’iter legislativo della riforma costituzionale della Magistratura si avvia a conclusione, e nell’attesa che si apra la stagione referendaria che ne conseguirà, mi viene di soffermarmi su un aspetto del tutto trascurato nel dibattito in corso.
C’è infatti chi sostiene che questa riforma finirebbe per abbassare il livello costituzionale di autonomia e indipendenza di cui oggi godono i pubblici ministeri, col rischio di farli dipendere dalla volontà del governo o delle occasionali maggioranze parlamentari. Si tratta di una critica che immagina ipotetiche malevole intenzioni, ma non tiene conto del merito della questione che si può valutare solo confrontando le norme costituzionali di oggi con quelle di domani, in termini che portano invece a concludere che le garanzie costituzionali previste dalla riforma saranno ancor più forti di quelle attuali.
Basterà andarsi a rileggere gli articoli 101-107 della Costituzione, che oggi presidiano l’ordinamento giurisdizionale, per accorgersi che essi fanno esclusivo riferimento alla “magistratura” in quanto tale, mentre il pubblico ministero viene citato una sola volta e in una sola norma, all’art. 107, comma 4, laddove si stabilisce che esso “gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario”. Si tratta di una prescrizione che ha un preciso significato, per lo più trascurato nel dibattito politico, è cioè che il pm, pur godendo delle garanzie di cui gode ogni giudice, è tuttavia considerato in qualche modo come marginale, se non estraneo, rispetto al corpo magistratuale, che invece, a costituzione vigente, è solo quello composto dai magistrati giudicanti, irrilevante essendo che poi le due figure siano state unificate nella prassi legislativa e nell’immaginario collettivo.
E invece, nel progetto di riforma, mentre resta inalterato l’art. 107 Cost., che per la verità a questo punto diverrà ultroneo, il nuovo art. 104 Cost., nel suo primo comma, riconduce entrambe le professioni all’interno del corpo magistratuale stabilendo che “la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere ed è composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente”, e così rendendo costituzionalmente esplicito ciò che sino a oggi non è. E quindi, mentre si separano le due carriere, si unificano le rispettive figure professionali. Se fossi un pubblico ministero, non ne resterei infastidito, anzi!
