Shireen Abu Akleh, per la morte della giornalista il New York Times accusa Israele: “Proiettili sparati da un loro convoglio militare”

A poco più di un mese dalla tragica morte di Shireen Abu Akleh, la giornalista 51enne palestinese-americana di Al Jazeera uccisa durante un reportage a Jenin, in Cisgiordania, piovono nuove accuse nei confronti dell’esercito israeliano.

A metterle nero su bianco è una inchiesta pubblicata dal New York Times, che conferma di fatto le ricostruzioni già pubblicate nelle scorse settimane da Cnn, Washington Post e Bellingcat: a sparare e uccidere la reporter sono stati i militari israeliani.

A nulla è valso per Shireen Abu Akleh indossare un elmetto protettivo ma soprattutto il giubbotto antiproiettile con la scritta ‘Press’ a caratteri cubitali: contro di lei, probabilmente intenzionalmente, anche se su questo punto lo stesso giornale sottolinea di non avere prove certe, sono stati esplosi ben 16 colpi di proiettile.

Al termine di una indagine portata avanti per un mese, il quotidiano americano ha smentito così la ricostruzione israeliana fatta dallo stesso esercito e dal premier Naftali Bennett, che aveva tirato in ballo l’ipotesi che la morte della giornalista potesse esser stata provocata dal ‘fuoco amico’ dei palestinesi armati.

Nulla di tutto ciò è accaduto l’11 maggio scorso a Jenin, è invece la tesi del Nyt. Secondo quanto ricostruito i proiettili sono stati esplosi da un soldato di un’unità d’élite in un convoglio militare israeliano distante circa 300 metri dal luogo dove si trovava Shireen Abu Akleh, nei pressi del campo profughi di Jenin per seguire un’operazione militare israeliana nella zona.

Il Times ha sottolineato nella sua indagine che nella zona in cui si trovava la reporter di Al Jaazera non vi erano palestinesi armati, come confermato al quotidiano da sette persone, tra freelance e testimoni, presenti sul luogo dell’omicidio. I palestinesi più vicini alla giornalista erano distanti quasi 400 metri, una distanza che secondo gli esperti di balistica sentiti dal New York Times non è compatibile con la ricostruzione fornita da Israele.