Silvio Berlusconi è risorto, e smentisce la sua sempre annunciata fine

Sono più di dieci anni che il giornalismo in pompa magna e anche quello più logoro si esercita su un tema di scuola: il dopo Berlusconi. Ora, è vero che Forza Italia passeggia da un bel po’ sul viale del tramonto, ma Berlusconi è una variabile indipendente dal partito/movimento che ha creato. È come l’eterna storia del mancato successore: Berlusconi, hanno scritto tutti, «non ha creato un successore». Come se i successori si creassero. Quello che è accaduto con la vittoria della forzista storica Jole Santelli in Calabria resterà nella storia della letteratura, oltre che della politica. La sua vittoria ha sfondato le più rosee previsioni e di conseguenza tutti hanno potuto vedere che Berlusconi è non soltanto risorto, ma si è anche assunto in cielo con una sua definita collocazione che non ci sembra proprio identica a quella che gli abbiamo sentito raccontare condividendo il palco con don Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Come sempre accade con quest’uomo unico e irripetibile, si è assistito ancora una volta al trionfo del “fattore umano” che è un elemento non calcolabile e che ogni volta scompagina le file di quelli col paraocchi. Ma oltre al fattore umano c’è stato un colpo di reni ideologico e politico che probabilmente stagnava e che non sarebbe riemerso in modo così netto, senza la vittoria calabrese, così travolgente e con il ben visibile marchio di fabbrica, quello di Forza Italia, che sembrava avviato al museo delle cere.

Certo, la vittoria calabrese va intestata prima di tutto a Jole Santelli che ha danzato poi tutta la notte senza voce e senza scarpe come una baccante felice. Non c’è dubbio ed è certamente vero che sulla candidata di Forza Italia (che si era anche presentata con una propria lista personale) si sono chiamati a raccolta i voti anche della Lega e di Fratelli d’Italia. Tutto vero, ma la riemersione calabrese della Forza Italia berlusconiana e del suo fondatore, padre, figlio e spirito santo di se stesso, è stata l’ennesima smentita della sempre annunciata fine di Berlusconi. Il quale, come abbiamo visto e letto, si è divertito ad essere sfrontato, a sfidare il politicamente corretto arrivando a dire che a lui, Jole che conosce da un quarto di secolo «non gliel’ha mai data».

È strano, pensateci: Berlusconi lo può dire, gli altri no. Fa sempre un effetto elettrico una frase del genere, ma Berlusconi è l’unico politico italiano che sia stato portato in tribunale con tutte le sue storie private vere e false, la sua vita immaginata e immaginaria dominata dalla sessualità, come ha confermato sarcasticamente complimentandosi con la Santelli. Solo lui. A nessuno importa scoprire che cosa fanno a letto, e con chi, gli altri politici, ma nel suo caso, poiché la santa inquisizione è entrata sotto le sue coperte e fra le lenzuola, a caccia del satiro, il paradosso diventa politica.

Ecco dunque Berlusconi che nella sua lunga ed emozionata telefonata in Calabria ha trovato il modo di far intervenire anche Lulù, cagnetto disturbatore, ma più che altro ha messo in scena il lo spettacolo popolare del leader vittorioso, il rinato, se non l’immortale, almeno quello che tutti danno per spacciato e che invece riemerge, spariglia, spiazza e scompiglia. Gli ingredienti dello spettacolo politico del nuovo Berlusconi trionfante contenevano gli elementi topici: la dedica la sua vittoria alla memoria dei suoi genitori «e ai miei nipotini che come tutti i bambini e i ragazzi della Calabria devono avere la speranza di poter tornare a vivere in questa terra e all’uomo che mi ha consentito di fare della politica la mia vita».

Come si vede, siamo molto oltre il Berlusconi «sceso in campo» per risolvere un’emergenza un quarto di secolo fa perché ci troviamo – in un panorama totalmente cambiato e devastato – di fronte a un ex antipolitico che riconosce di essere prima di tutto proprio un politico e anzi uno che rivendica l’onore di aver fatto della politica la ragione della sua vita. Sono parole nuove, accompagnate da una rivendicazione di campo: Forza Italia, dice, è l’unico partito che esprima la tradizione liberale, cattolica e garantista. Ci sarebbe da dire forza Silvio, facci vedere chi sei alla guida di quel mondo di mezzo sfuggito di mano e che ha prima sbandato per Renzi, poi per Salvini e Di Maio, impazzendo come la maionese.

Questo è stato, ci sembra, l’elemento che fa notizia: non tanto e non solo la vitalità personale e il carattere spiazzante, ma la rivendicazione di un’area in via di estinzione. La Calabria è una strana Regione il cui elettorato ha dato sempre prova di libertinaggio. Ma sta di fatto che la vittoria di Jole Santelli archivia un lungo predominio dei Partito democratico calabrese sfasciato e in conflitto con se stesso. La nuova governatrice promette di far scintille e vedremo se lo saprà fare e come. Ma di sicuro la sua folgorante vittoria sotto le bandiere berlusconiane ha dato modo al leader fondatore di rivendicare non soltanto la sua leadership di partito, ma anche quella di un’Italia – per usare le sue parole – liberale, cattolica e garantista. Ed è evidente che oggi il mainstream italiano non sappia più che cosa significhi la parola liberale, confonde il cattolicesimo con le madonnine portachiavi e quanto al garantismo, con la riforma della persecuzione a vita voluta dai pentastellati non tira proprio buona aria.

Si dovrebbe chiedere a questo punto a Berlusconi che intenzioni ha per il futuro, dopo aver digerito la gioia per la vittoria calabrese. Il suo amico Bossi sostiene che con la sconfitta emiliana il sovranismo leghista ha iniziato la sua parabola discendente. E lui? Che cosa farà, dopo aver incoronato la Santelli (che non gliel’ha mai data)? Rivendicherà la leadership, tenterà come ha annunciato di accreditarsela di nuovo? Silvio Berlusconi è nelle condizioni di battere in colpo a livello nazionale e sarebbe un buon colpo per la politica italiana che sempre più balla sull’abisso.