Sotto processo per 3 anni viene assolto, ma intanto è stato licenziato…

Per quasi tre anni ha vissuto come in un incubo: è finito sotto indagine e sotto processo e, dopo un’iniziale sospensione, è stato addirittura licenziato. Per uno che ha scelto di dedicare il proprio impegno al servizio dello Stato, indossando la divisa della Guardia di finanza con l’intento di contrastare l’illegalità, è stato come perdere qualcosa di più del lavoro.
Carlo (il nome è di fantasia per rispettare la richiesta di privacy del protagonista di questa storia) era accusato di truffa aggravata. E ieri la sentenza passata in giudicato ha consolidato la sua assoluzione con la formula più ampia: perché il fatto non sussiste. I giudici del Tribunale militare di Napoli hanno condiviso appieno la tesi difensiva dell’avvocato Antonio La Scala. Il castello accusatorio edificato dagli inquirenti è crollato del tutto, sgomberando il campo da ogni possibile dubbio sulla condotta assunta dall’appuntato della Guardia di finanza. La sentenza ha restituito dignità a Carlo e a breve dovrebbe restituirgli anche il suo lavoro, visto che ora che è stato assolto potrà fare richiesta di essere reintegrato nelle Fiamme gialle. Resta, tuttavia, l’interrogativo che storie come questa ripropongono e lo sconcerto di fronte al pensiero di come una vita personale e professionale possa essere stravolta per un sospetto relativo a un fatto che alla fine «non sussiste». Perché così recita la formula utilizzata per sentenziare l’assoluzione, «il fatto non sussiste».

La sentenza è ora passata in giudicato. La Procura non ha impugnato il verdetto. La vicenda giudiziaria si chiude qui. Era nata nel 2018, dopo una denuncia in base alla quale Carlo avrebbe beneficiato dei permessi previsti dalla legge 104 senza utilizzarli per accudire l’anziana madre malata di Alzheimer. Di qui le indagini e i sospetti, il trasferimento a un altro ufficio, poi la sospensione dal suo incarico lavorativo e infine il licenziamento. E con tutte le conseguenze che ciò può avere nella vita di chi vive del proprio lavoro. La vita personale e professionale è stata stravolta dalla vicenda giudiziaria. Difeso dall’avvocato Antonio la Scala, Carlo ha sempre respinto le accuse. Trattandosi di un appuntato della Guardia di finanza, il processo si è svolto dinanzi al Tribunale militare.

Il rito è stato snello, i tempi sicuramente meno biblici di quelli della giustizia ordinaria ma in ogni caso la vita dell’imputato è stata passata sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti prima e dei giudici poi. Sono stati passati al setaccio gli spostamenti di Carlo, le sue assenze dal lavoro, le cure prestate alla madre anziana e malata di Alzheimer. E tutto sull’asse Napoli-Caserta, perché la madre dell’appuntato risiede nel Casertano e lui lavorava a Napoli. E pensare che era stato proprio un Tribunale a nominare Carlo amministratore di sostegno della madre, indicandolo dunque come persona in grado di occuparsi delle cure di cui aveva bisogno l’anziana.

Carlo è stato messo sotto indagine dai suoi colleghi. Addirittura, in uno dei giorni finiti al centro dell’inchiesta, l’appuntato si trovava in ufficio per una richiesta da protocollare. Errore giudiziario, si direbbe per definire questa vicenda. Una storia di giustizia che arriva dopo che la vita del protagonista è stata intanto stravolta, messa ai raggi X, costretta a una deviazione non naturale. Una storia che rientra in quel 40% di assoluzioni che ogni anno concludono cicli di indagini e di processi.