Taci, scemo: io sono un giornalista

Matteo Renzi parlerà oggi al Senato del caso Open. Cioè dell’inchiesta della Procura di Firenze sulla Fondazione (la Open) che era nata dichiaratamente per finanziare la Leopolda di Matteo Renzi e che dichiaratamente la finanziò. L’inchiesta servirà a capire se la finanziò. I Pm di Firenze sospettano che la finanziò. E sospettano anche che la Fondazione, per finanziare la Leopolda, chiese soldi a parecchi imprenditori: alcuni dissero di no, altri dissero di sì, versarono degli assegni e dichiararono di averli versati. A norma di legge. L’inchiesta di Firenze vuole accertare se versarono quei soldi, e per questa ragione la Procura ha disposto centinaia di perquisizioni in tutt’Italia.

L’elenco dei perquisendi è stato da qualcuno fornito ad alcuni giornali che lo hanno pubblicato, almeno in parte, con titoli e commenti che davano un po’ l’impressione che finalmente fosse venuto allo scoperto un elenco di malfattori. Sembra però che i malfattori non abbiano commesso nessuna malefatta e che l’inchiesta sia su un non reato. Il reato ipotizzato è finanziamento di un partito, ma la Fondazione Open non era un partito. I Pm dicono però che secondo loro era quasi un partito, e quindi, forse, c’è quasi un reato. Il reato sarebbe, più o meno, concorso esterno in finanziamento legittimo di un quasi partito. Almeno, così sembra di capire dagli atti dell’inchiesta.

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Resta però il fatto che un reato è stato commesso. Violazione di segreto d’ufficio. Perché quell’elenco di nomi di perquisendi, seppure innocentissimo, è stato evidentemente fornito ai giornali. Una giornalista del Corriere della Sera ha detto di aver visto l’elenco. I giornalisti di Repubblica anche lo hanno pubblicato, seppure con tre o quattro giorni di ritardo. E infatti, nel loro caso, non si tratterebbe di scoop (come nel caso del Corriere) ma di quasi scoop. Quasi scoop su un quasi reato.

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Sulla violazione del segreto di ufficio, invece – che è un reato pieno e indiscutibile – non pare che ci sia nessuna indagine. Si tratterebbe di capire chi l’ha commesso. I casi, a occhio, sono due: o qualcuno della Procura o qualcuno della Guardia di Finanza. Gli avvocati stavolta no, perché non sapevano niente. Naturalmente in queste occasioni non sono mai gli avvocati a far filtrare le notizie, perché facendole filtrare danneggerebbero i propri clienti esponendoli alla gogna mediatica: però in genere la magistratura dice di non poter escludere che siano stati gli avvocati, e di conseguenza non apre mai un’indagine sulla Procura dalla quale è partita la fuga di notizie. Stavolta, almeno per alcuni dei nomi dei perquisendi (e cioè i nomi di quelli che poi non sono stati perquisiti) gli avvocati non possono entrarci niente perché non sapevano niente. Lì non si scappa: o Procura o Finanzieri. I maggiori sospettati non sono i finanzieri…

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Da sabato scorso su questo giornale pubblichiamo cinque domande ai vertici della magistratura italiana. Facili facili. Le trovate qui sopra. Contiamo di avere delle risposte.

Domani Matteo Renzi parlerà di queste cose in Senato. Magari sarà l’occasione per chiarire alcuni aspetti di questa vicenda. E magari si potrà mettere sul tappeto la questione decisiva: quella del rapporto direttissimo tra alcuni Pm e alcuni giornali, e del modo nel quale questo rapporto – questa connessione – riesce a mettere in moto vere e proprie campagne di linciaggio morale, che hanno un peso fortissimo, in genere sulla politica ma spesso anche sull’economia, sull’imprenditoria.

La vicenda di Renzi è esemplare. L’ondata di perquisizioni alla ricerca di niente ha prodotto una campagna di stampa contro di lui. Renzi non è neppure indiziato di alcun reato, però è stato processato sui giornali e in Tv. In televisione non solo è stato sottoposto a un interrogatorio di tipo stalinista. Ma è stata mostrata la sua casa, quella nella quale abita con i figli e la moglie, e sono stati passati al setaccio i suoi conti correnti.  Perché dico interrogatorio stalinista? Perché i magistrati, quando ti interrogano come imputato, devono contestarti un reato. In Tv invece ti dicono subito: «D’accordo, nelle tue azioni non c’è nulla di penalmente rilevante», però ora ti friggo.  È questa la formula che annuncia l’interrogatorio stalinista (o fascista, o della Santa Inquisizione, fate voi…) perché da quel momento chi accusa non ha più bisogno di contestare un reato, può contestarti quel che vuole: buon gusto, senso dell’opportunità, simpatia, eventualmente ricchezza o povertà eccessive, scarso senso estetico, poco rispetto per le autorità… assolutamente quello che vuole.

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Renzi non solo è stato sottoposto a un interrogatorio stalinista, a “Piazza Pulita”;  ma dopo l’interrogatorio (che lui ha superato, perché è piuttosto bravo; ma molti altri, in quelle condizioni di palese inferiorità rispetto allo strapotere mediatico del Pm-giudice-giornalista, avrebbero finito per essere asfaltati) c’è stata la seconda parte del linciaggio: siccome nei giorni successivi alla trasmissione alcuni simpatizzanti di Renzi hanno messo sui social commenti duri verso Formigli, e hanno descritto la sua casa, Renzi è stato processato di nuovo come capo di “squadristi”. Squadristi? Sì, Formigli li ha definiti così, perché se l’erano presa con lui, cioè con un giornalista. Qual è la regola? Semplice, imparatela una buona volta: se critichi un giornalista stai criticando la democrazia, e sei fascista. Se critichi un politico stai facendo il tuo lavoro. Santo lavoro. Perciò se manganelli (mediaticamente) un politico – peraltro senza motivo, ma perché così vogliono i Pm, o così vogliono i lettori, o così vuole qualche editore – sempre “santo lavoro” stai svolgendo, con quello che le canzoni di una volta chiamavano “il santo manganello”.

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E infatti tutti a difendere Formigli. Nessuno tra i suoi colleghi gli ha fatto notare che più che il giornalista stava facendo l’inquisitore. E che protestare perché qualcuno viola la tua privacy è un po’ ridicolo se sei tu che hai clamorosamente violato la sua.

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Tra l’altro, personalmente devo dire di essere particolarmente stupito. Formigli ha spedito due suoi giornalisti nel mio ufficio, qualche giorno fa, a fare domande all’editore del mio giornale, sostenendo di avere spento la telecamera che invece era accesa. Il mio editore – che stava nel mio ufficio per discutere, con me e con i vicedirettori, alcune piccole modifiche grafiche alla prima pagina del giornale – è un privato cittadino, e aveva detto: spegni la telecamera, dimmi cosa vuoi sapere, poi eventualmente accendi la telecamera e facciamo l’intervista. Non è andata così: la telecamera è stata accesa a tradimento. Sono stato ripreso anche io che ero lì, e alcuni miei colleghi. Formigli ha mandato in onda il tutto, anche se non c’era neanche un filo di notizia nel servizio.  Il giorno dopo “Il Fatto di Travaglio” mi ha bastonato perché dice che io interloquivo e disturbavo l’uomo di Formigli. In effetti un giornalista del Fatto mi aveva telefonato il giorno prima per chiedermi perché ero rimasto lì nella stanza durante l’intervista. Gli avevo spiegato che non era un’intervista e che io stavo lì semplicemente perché quello era il mio ufficio, e che quei due erano entrati nel mio ufficio. Magari avrò il diritto di restare nel mio ufficio, anche se entra un inviato di Formigli, e avrò diritto di dire quel che mi pare? O no? O devo chiedere prima il permesso a Travaglio o a Formigli?

Cercando di essere il più educati possibile, mi limito a porre una domanda: ma è logico, ha una qualche spiegazione razionale, che uno che della privacy delle persone (e persino dei colleghi) si fa beffe in questo modo, poi dia dello squadrista a qualcun altro perché ha violato la sua privacy? E se la prenda con Renzi che con i post sui social contro Formigli non c’entra nulla? Qual è il “logos” (uso pure il greco per cercare di non essere volgare…) del formiglismo (molto simile al travaglismo)? Forse l’idea del santo giornalista e del santo manganello. Cos’è il santo manganello? Era il protagonista di una canzoncina degli anni Venti che diceva così:

Oh  tu santo Manganello / tu patrono saggio e austero / più che bomba e che coltello / coi nemici sei severo / Manganello, Manganello,/ che rischiari ogni cervello / sempre tu, sarai sol quello / che il Fascista adorerà.