Cosa vuole fare Donald Trump con la Russia e l’Ucraina? La risposta inizia a essere sempre più difficile. Perché il presidente degli Stati Uniti, fino a questo momento, appare quantomeno ondivago. The Donald, soprattutto dopo l’incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in Vaticano in occasione dei funerali di Papa Francesco, sembrava aver adottato una postura più protettiva nei riguardi di Kyiv. Alcuni suoi avvertimenti verso il Cremlino, alcune sue dichiarazioni di rabbia dopo i raid russi e anche delle sue (pur velate) minacce sulle sanzioni davano l’idea di un certo pressing sul presidente russo Vladimir Putin. E anche la spinta continua verso un accordo di pace sembrava essere una boccata d’ossigeno sia per Zelensky che per gli altri leader europei.
L’allarme scattato da tempo
Poi però qualcosa è cambiato. Lunedì il presidente Usa ha sentito al telefono il suo omologo russo per circa due ore. E dopo quella conversazione, Trump ha fatto capire di essere ancora favorevole alla pace, ma suggerendo che vi fossero negoziati immediati e diretti tra le parti. Cosa che può essere tradotta con l’abbandono da parte di Washington del suo ruolo di mediatore. L’allarme, per Zelensky, era scattato da tempo. E non è un caso che in queste settimane abbia fatto il possibile per rafforzare i legami con i leader europei. Ma il problema ora riguarda anche i capi di Stato e di governo del vecchio continente, che non vogliono abbandonare Kyiv al proprio destino ma che sono anche consapevoli che senza gli Usa le cose potrebbero mettersi male. Dalla Germania, il quotidiano Bild ha fatto sapere che il cancelliere Friedrich Merz ha messo in cima alla sua agenda estera proprio l’obiettivo di convincere Trump a non abbandonare il processo negoziale sull’Ucraina, tanto da aver subito chiesto alla Casa Bianca di convocare almeno un incontro tra tecnici per discutere la base dei futuri negoziati diretti tra Russia e Ucraina. Ma se The Donald si è convinto a indire questo vertice tecnico sulle future trattative, allo stesso tempo sono in molti a credere che il presidente Usa si senta ormai libero di ritirarsi dal tavolo.
Putin convinto dello scenario
Del resto, le informazioni ottenute dal Wall Street Journal parlano chiaro. Trump non crede che Putin abbia intenzione di siglare la pace. Almeno in questo momento. Dopo la telefonata con il capo del Cremlino, il tycoon si è convinto che l’interesse del presidente russo sia quello di vincere sul campo di battaglia. Uno scenario di cui Putin sembra ormai essere pienamente convinto, tanto che ieri lui stesso ha ribadito di voler creare una “zona cuscinetto lungo le frontiere” con l’Ucraina per prevenire altri attacchi ai confini della Russia, mentre la Difesa di Mosca ha rivendicato la conquista di un altro insediamento nel Donbass, Novaya Poltavka.
La minaccia di sanzioni
E di questa impressione The Donald ha anche parlato con i leader europei che ha sentito subito dopo la conversazione con lo zar, cioè con lo stesso Zelensky, con Merz, con il presidente francese Emmanuel Macron, con la premier italiana Giorgia Meloni e con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Per gli europei e per Zelensky non è stato completamente un fulmine a ciel sereno, visto che tutti avevano più o meno avvertito del fatto che Putin stesse solo facendo finta di volere un accordo il prima possibile. Mentre quasi tutti – tra gli osservatori, gli analisti e i funzionari – sospettano ormai da mesi che l’obiettivo di Mosca sia semplicemente guadagnare più terreno possibile, colpire l’Ucraina e costringere così Kyiv alla capitolazione senza fare concessioni in un ipotetico accordo di pace. L’ammissione di Trump è stata comunque sorprendente nella misura in cui poche ore prima il tycoon non solo aveva detto che Putin desiderava la pace, ma aveva anche minacciato ulteriori sanzioni in caso di rifiuto da parte del Cremlino. La retromarcia quindi è stata duplice. E questo, nonostante da Washington siano arrivati anche in queste ore dei segnali di disponibilità a un round di colloqui in Vaticano.
Sempre secondo il Wsj, le prime discussioni si potrebbero già tenere nelle prossime settimane. E qualcuno ha paventato anche l’arrivo a metà giugno a Roma del segretario di Stato Marco Rubio e dell’inviato Keith Kellogg. Ma da Mosca, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha smentito l’esistenza di accordi per tenere colloqui di pace con l’Ucraina in Vaticano. E il Cremlino, in questa fase, sembra convinto di portare avanti la sua strategia negoziale: prendere tempo e chiedere un accordo di pace senza passare per il cessate il fuoco incondizionato richiesto in via preliminare da Zelensky.
