Dopo una lunga ma meritata vacanza, PQM ritorna al suo appuntamento settimanale (però il mercoledì, non più il sabato). Ovviamente non potevamo non dedicare il nostro numero di rientro alla clamorosa indagine meneghina sulla “democrazia urbanistica, che ci ha tenuto compagnia nelle roventi giornate estive. Una indagine che, tra l’altro, metteva alla prova per la prima volta, in un processo di grande evidenza pubblica, le norme sull’interrogatorio preventivo introdotte dalla recente “riforma Nordio”. Solo per un catalogo ristretto di reati di minore allarme sociale, e comunque a condizione che non si tema l’inquinamento delle prove o il pericolo di fuga da parte degli indagati (ipotesi dunque statisticamente marginali, ma tutte ricorrenti nella indagine della quale ci occupiamo) il Gip raggiunto dalle richieste cautelari del PM non potrà decidere su di esse senza avere preventivamente interrogato gli indagati (sempre che essi intendano farsi interrogare).

Gli ostacoli per contenere l’abuso della custodia cautelare

Una riforma dunque di marginale impatto, che ha fatto inutilmente sacramentare il fronte giustizialista (che paventava criminali comodamente in fuga, una volta raggiunti dal preavviso), ed altrettanto vanagloriosamente gonfiare il petto a chi ha rivendicato a questa modesta novità normativa epocali meriti liberali e garantisti. Ed infatti, l’esito concreto di questa riforma, quale abbiamo potuto toccare con mano in questa inchiesta, ci fa comprendere in modo inequivocabile come qualunque meccanismo procedimentale, volto almeno a contenere l’abuso della custodia cautelare nel nostro Paese, debba fare i conti con ben più complessi ostacoli, senza affrontare i quali ogni buona intenzione è candidata al naufragio.

Il totale naufragio del Gip

Il Gip di Milano, infatti, dopo aver diligentemente interrogato tutti gli indagati, e letto le copiose memorie e la vasta documentazione difensiva, ha puntualmente accolto la quasi totalità delle richieste cautelari del PM. Il successivo intervento del Tribunale del Riesame, che ha annullato praticamente tutte le ordinanze cautelari, ci dà la misura esatta del problema (e vi prego di considerare che la percentuale media di annullamenti del Tribunale della Libertà di Milano si aggira intorno al 5% dei ricorsi, più o meno in linea con la media nazionale). Il problema del quale parliamo, dunque, è il totale naufragio – che ha accompagnato l’esperienza concreta del codice Vassalli sin dai suoi primi vagiti – del controllo giurisdizionale delle indagini delle Procure da parte degli Uffici GIP/GUP, cioè di un caposaldo fondativo del giusto processo.

Da controllori dei pm a legittimatori

I GIP, ancor più in indagini di grande impatto sociale e mediatico (si pensi alle indagini su reati di criminalità organizzata), hanno dal primo momento (salvo eccezioni che confermano la regola) declinato quel ruolo di controllori dei PM, assumendo piuttosto quello, certamente molto meno impegnativo, di legittimatori di quelle inchieste (i numeri delle ingiuste detenzioni e delle assoluzioni nei successivi gradi di giudizio stanno lì a dimostrarlo). Se nemmeno gli interrogatori preventivi, vale a dire la conoscenza documentata della tesi e delle argomentazioni difensive, la cui validità e fondatezza sono state clamorosamente asseverate da un Tribunale del Riesame di norma tutt’altro che generoso in punto di annullamenti delle misure, riescono a persuadere il GIP a svolgere il compito di severo ed occhiuto controllore della legittimità delle richieste cautelari del PM, è ben evidente che la questione di fondo è culturale, è di formazione professionale, ma soprattutto è ordinamentale.

Occorre assicurare a tutti i cittadini che il controllo giurisdizionale delle indagini venga svolto con efficacia da un giudice il più distante possibile dalle Procure, estraneo alle aspettative di politica giudiziaria da queste nutrite, immuni da ogni forma di colleganza. L’occasione per dire un SÌ alla separazione delle carriere si sta avvicinando, e mi auguro che le vicende milanesi aiutino i cittadini a comprenderne la decisiva importanza.

Avatar photo

Avvocato