Usa, il virus mette a nudo diseguaglianze socio-sanitarie: è strage tra neri e latini

«Ci sono evidenti disparità nel modo in cui Covid-19 colpisce i cittadini di New York». Bill de Blasio, l’italoamericano eletto sindaco di New York nel 2013 proprio nel nome della lotta contro le diseguaglianze, riconosce l’amara verità.  Negli ultimi sei anni della sua amministrazione, il democratico de Blasio ha adottato diverse misure concrete a vantaggio dei più disagiati. Ma l’epidemia di coronavirus fa emergere il profondo gap ancora esistente tra i ricchi e i poveri di New York City. Negli ospedali mancano i kit di test, i letti di terapia intensiva e i dispositivi di protezione individuale. Ma soprattutto emerge l’intreccio evidente tra la questione razziale e le disparità sociali.

I dati del Dipartimento della salute di New York dicono che i latinos – che costituiscono il 29% della popolazione della città – rappresentano il 34% delle persone decedute a causa del coronavirus. Allo stesso modo 28 morti su 100 di Covid-19 sono quegli afroamericani che costituiscono il 22 percento della popolazione. Il New York Times ricorda che il tasso di mortalità per gli ispanici in città è di circa 22 persone ogni 100mila, mentre il tasso per i neri è di 20 su 100mila. Molto più basso il dato per i bianchi e gli asiatici: rispettivamente 10 e 8 ogni 100mila.

«Usando Census Reporter, ho confrontato la composizione razziale dei codici postali con i tassi di coronavirus più alti e più bassi ogni mille persone a New York», scrive su The Atlantic Ibram X. Kendi, direttore dell’Antiracist Research and Policy Center dell’American University. «Il codice postale Queens 11370 – spiega Kendi – ha il più alto tasso di infezioni confermate della città, con 12 casi ogni mille persone, e comprende quartieri così composti: latinos (37%), bianchi (25%), asiatici (22%) e neri (14%). Nel codice postale adiacente, numero 11369, che presenta il secondo più alto tasso di infezioni confermate della città con 10 casi su mille persone, la popolazione è per il 64% latina, per il 15% nera, per il 12% asiatica e per l’8% bianca».

Secondo i dati del censimento, a New York City vivono 32 bianchi, 29 latinos, 24 neri e 14 asiatici ogni 100 abitanti. «Ma la media della composizione razziale dei cinque codici postali di New York City con i più alti tassi di coronavirus – avverte Kendi – mostra una significativa sovrarappresentazione di latini (45,8%) e asiatici (23,4%) e una presenza modesta di bianchi (21,2%) e neri (8%) rispetto al resto della città». Perché il virus colpisce le etnie più deboli? In una delle sue ormai celebri conferenze stampa, Andrew Cuomo, il governatore dello stato di New York, lo ha spiegato bene: le persone più povere – molte di loro sono nere o ispaniche – proprio a causa della loro indigenza, hanno più problemi di salute cronica non curati rispetto agli individui più ricchi. E il virus colpisce più duramente chi soffre di altre malattie pregresse. Ma per Cuomo c’è anche un altro motivo.

Molti afroamericani e latinoamericani svolgono lavori pubblici ad alto rischio che possono più facilmente esporli alla malattia. Questi lavoratori, spiega Cuomo, «non hanno altra scelta: devono uscire ogni giorno di casa, guidare un autobus o guidare un treno, e quindi esporsi al virus». Scott M. Stringer, il city comptroller della città (ovvero il capo dell’ufficio finanziario metropolitano), ha confermato che il 75% dei lavoratori in prima linea in città – impiegati nel comparto alimentare, operatori di autobus e treni, bidelli e personale di assistenza all’infanzia – provengono dalle minoranze etniche. Inoltre, più del 60% degli addetti alle pulizie sono latini.

Fuori dalla Grande Mela non va meglio. A Chicago per esempio, secondo il Dipartimento di sanità pubblica della città, 70 deceduti per virus su 100 sono afroamericani nonostante il gruppo etnico rappresenti in città poco meno di un terzo della popolazione. Il 14% della popolazione dell’Illinois – dove si trova Chicago – è nera, ma il dato dei contagi da Covid-19 evidenzia che il 29% degli infetti e il 42% dei decessi avvengono tra i neri. Intervistata dalla Bbc, Jeanette Kowalik, commissaria per la sanità di Milwaukee, nel Wisconsin, città nella quale quasi il 40% dei residenti è di colore, spiega: «Più di altri, gli afro-americani patiscono condizioni di salute che rendono fatale il contagio da coronavirus: malattie cardiache, diabete, asma, obesità».

Il Center for Diseases Control conferma che la salute degli afro-americani è tra quelle più a rischio: i cittadini neri hanno il 50% in più di probabilità di avere malattie cardiache rispetto ai bianchi e il 40% in più di probabilità di morire in tenera età per le più diverse cause. Inoltre il 19% degli afroamericani non può permettersi di consultare un medico. Difficile che problemi così grandi di uguaglianza nel campo della tutela della salute possano essere risolti con le politiche sgangherate e antiscientifiche di Donald Trump.