Virus, l’Europa si faccia carico della ricerca e dello sviluppo del vaccino

Il 4 maggio l’Unione europea ha promosso una raccolta fondi straordinaria per una “risposta globale al coronavirus” invitando governi e privati a raggiungere l’obiettivo di 7,5 miliardi di euro a sostegno della ricerca per un vaccino contro il Covid e la fornitura di terapie a prezzi di costo per i paesi più poveri. L’iniziativa, promossa dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, vuole affrontare l’emergenza correndo in soccorso delle istituzioni multilaterali nel momento in cui gli Usa hanno bloccato i finanziamenti all’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Cina cerca di sfruttare a proprio vantaggio gli aiuti internazionali che fornisce per consolidare influenze regionali e consolidare il proprio ruolo globale. Se non vivessimo un momento storico caratterizzato da rigurgiti sovranisti e dall’imposizione di egemonie tecno-nazionaliste si tratterebbe di qualcosa di normale.

Invece è una “reazione” che dimostra come in molti, a partire dall’Unione europea, possono ancora ambire a esser protagonisti negli affari internazionali nel rispetto dei principi fondativi della Nazioni uniti e gli obblighi codificati oltre mezzo secolo fa. Certo comparato alle centinaia di miliardi che l’Ue ha destinato alla gestione “interna” della crisi e tenendo di conto che si tratta anche di storni di cifre precedentemente offerte, si tratta di poca roba, ma l’aver smosso le acque coordinandosi è stato un segnale molto importante. Il presidente Giuseppe Conte ha impegnato l’Italia a finanziare con 10 milioni di euro la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations per accelerare la ricerca per un vaccino destinandone altri 10 all’Oms, mentre 120 in cinque anni andranno all’alleanza globale per i vaccini, Gavi. Giusto per un paragone, la quota parte Usa di finanziamento dell’Oms è di 500 milioni di dollari, una cifra che non arriverebbe a coprire il bilancio annuale del Senato della Repubblica italiana.

Per evitare che si tratti dell’ennesimo scenario “troppo poco, troppo tardi”, occorre che i governi che maggiormente si sono impegnati per recuperare risorse contro il coronavirus si assumano la responsabilità di avanzare delle riforme strutturali che aggiornino i meccanismi esistenti delle agenzie internazionali investendo direttamente l’Assemblea Generale delle Nazioni unite. Negli ultimi mesi l’Associazione Luca Coscioni e Science for Democracy, all’indomani del VI Congresso Mondiale per la Libertà di Ricerca Scientifica di Addis Abeba, hanno raccolto decine di sollecitazioni e proposte stilando un documento che in 13 punti elenca riforme necessarie per far sì che la condivisione, la cooperazione e il coordinamento divengano qualcosa in più di slogan.

Tra i suggerimenti più urgenti ci sono misure che facilitino la circolazione della conoscenza e la condivisione della ricerca scientifica; la predisposizione di banche dati, piattaforme e strutture adeguate per la piena affermazione di ciò che l’Onu riconosce come diritto umano alla scienza – quindi la ratifica di strumenti dei diritti umani e l’istituzione di uno special rapporteur in merito – la continua tutela delle persone già affette da malattie croniche, oncologiche e rare attraverso il regolare accesso ai trattamenti salvavita e le medicine essenziali oltre che a tutti i benefici della scienza applicata – là dove possibile a prezzo di costo.

Nel convocare la conferenza del 4 maggio, la Commissione europea ha sottolineato che occorre “una risposta di scala” con “velocità e solidarietà senza precedenti”. Scala per dare priorità alle tecnologie e alle innovazioni più promettenti, velocità per accelerare lo sviluppo, la produzione e l’implementazione di diagnostica, trattamenti e vaccini e solidarietà per garantire un accesso equo per tutti indipendentemente da dove si trovino.

Le esperienze di epidemie del recente passato hanno dimostrato che la pronta disponibilità di strumentazioni efficaci e in quantità rilevanti ha consentito di contenere in modo efficace gli effetti letali dei virus. Nei paesi poveri questo non è accaduto, una drammatica costante che è una violazione dei principi fondativi delle Nazioni unite. Per questo occorre che le risposte che si intendono finanziare prevedano il pieno rispetto di principi e obblighi internazionali in materia di diritti umani che l’Italia ha sempre affermato di voler far vivere. Domani celebriamo la Festa dell’Europa con un dibattito online con scienziati e politici su www.associazionelucacoscioni.it.