Ci sono coloro – e sono molti – che, pur potendo, non vogliono votare. Ma ci sono anche coloro – e non sono pochi – che, pur volendo, non possono votare. E di questi ultimi che si occupa il “libro bianco” Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto” redatto da una Commissione di esperti nominata dal Ministro per i rapporti col Parlamento con delega alle riforme istituzionali e presentato nei giorni scorsi. È noto che il tasso di astensionismo sia in costante crescita fino ormai a raggiungere percentuali da vera e propria emergenza democratica. Nelle elezioni politiche siamo passati dal 92,8%di votanti del 1948 al quasi 73% del 2018; in quelle europee dall’85% del 1979 al 54,5% del 2019; nelle amministrative dell’ottobre scorso ha votato mediamente il 54,7% degli aventi diritto contro il 61,58% delle elezioni precedenti.
A questi dati andrebbero poi aggiunti quanti votano scheda bianca o nulle (c.d. astensionismo nel voto: quasi 1,1 mln. nel 2018 pari al 2,3% degli aventi diritto). Un astensionismo che coinvolge anche le elezioni in cui gli elettori sono chiamati a scegliere direttamente i Presidenti di regione o i Sindaci. Questa crescita denota anche il carattere politicamente trasversale del fenomeno, non più quindi confinato – come si riteneva un tempo – nel solo elettorato di centrodestra. Siamo quindi pericolosamente vicini alla soglia – non solo psicologica – del 50%, al di sotto della quale si porrebbe in termini ancora più seri ed allarmanti il tema della legittimazione democratica delle istituzioni di rappresentanza politica. Di fronte a un simile scenario, non permettere di fatto a chi vuole di poter votare non significa solo – e sarebbe già troppo – negare l’esercizio di un diritto-dovere civico ma è anche un lusso che oggi le democrazie non possono assolutamente permettersi.
Mentre altrove si cerca di rendere più difficoltoso l’esercizio del diritto di voto (come in Georgia dove, per penalizzare le minoranze etniche “responsabili” della sconfitta di Trump, è addirittura vietato portare da bere o da mangiare alle persone in coda ai seggi), da noi – al contrario – si cerca non solo di estendere il diritto di voto (v. la legge cost. 1/2021 che ha diminuito da 25 a 18 anni l’età richiesta per votare al Senato) ma anche di consentirne di fatto l’esercizio. Da qui una legislazione che già oggi prevede il voto fuori sede di presidenti e segretari di seggio, scrutatori, rappresentanti di lista, candidati; ufficiali ed agenti della forza pubblica, militari; vigili del fuoco; naviganti e degenti in ospedali e case di cura (artt. 48-51 Testo unico legge elettorale Camera). Come dicevamo, c’è uno zoccolo duro di astensionismo volontario, dovuto a protesta (stimato in circa il 15-20% degli elettori) o indifferenza (10-15%), le cui radici sono di natura spesso socio-economica e perciò difficilmente recuperabile con misure atte a favorire la partecipazione elettorale.
Ma c’è anche un astensionismo involontario, composto da circa 9 milioni di elettori (quasi il 20% degli aventi diritto) che non votano o perché anziani (circa 4,2 milioni di cui 2,8 con gravi difficoltà motorie) oppure perché lavoratori e studenti che si trovano molto lontani dal luogo dove, per diversi motivi, hanno mantenuto la residenza e quindi devono votare (circa 4,9 milioni di cui il 38% a più di quattro ore di viaggio, tra andata e ritorno). Per rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono a costoro di votare, in nome del principio di eguaglianza sostanziale, si è fatto finora poco, anche a causa delle resistenze finora opposte dal Ministero dell’Interno che spesso ha preferito farsi geloso custode delle procedure esistenti anziché aprirsi a soluzioni, magari sperimentali, che garantissero il primario e fondamentale diritto di voto pur tutelandone il suo dover essere “personale ed eguale, libero e segreto” (art. 48.2 Cost.). È proprio in ragione della loro contrarietà a tali requisiti costituzionali che la Commissione ha scartato talune soluzioni previste in alcuni dei ben 19 Stati democratici analizzati, come il voto per delega previsto in Francia o il voto su internet previsto in Estonia. Anche il voto per corrispondenza (eccezionalmente ammesso per gli italiani residenti all’estero oppure che vi trovano da almeno tre mesi per motivi di lavoro, studio o salute) è stato scartato perché esposto al rischio di inquinamento mafioso specie in alcune zone del Paese.
Piuttosto la Commissione ha formulato quattro proposte: 1) l’introduzione di una tessera elettorale digitale al posto dell’attuale cartacea, il cui rinnovo è scoraggiato dalle lunghe code che si creano presso gli uffici comunali il giorno delle elezioni; 2) l’individuazione di due election day (primaverile ed autunnale) per evitare elezioni troppo ravvicinate, diminuire i costi elettorali e ridurre le interruzioni delle attività scolastiche (rimane però irrisolto il tema dell’obbligatorietà dell’abbinamento tra referendum ed elezioni amministrative); 3) la possibilità di votare, grazie alla tessera digitale, nel giorno delle elezioni in seggi diversi dal proprio, purché nella stesso collegio o circoscrizione elettorale, più facilmente accessibili perché magari dotati di ampi parcheggi o privi di barriere architettoniche; 4) infine, e pare la novità più rilevante, la possibilità di votare nei 15 giorni precedenti la data delle elezioni presso strutture autorizzate, come gli uffici comunali e postali, come avviene già in Australia, Canada, Danimarca, Portogallo, Estonia.
In tal caso, la scheda verrebbe stampata seduta stante, inserita in apposite buste e spedita per posta al seggio “naturale” dell’elettore per essere scrutinata con gli altri voti espressi nel seggio. Evidentemente le difficoltà logistiche e giuridiche opposte dal Ministero dell’Interno alla proposta di legge – redatta da chi scrive con il collega Roberto Bin su impulso dei ragazzi calabresi del “Collettivo Peppe Valarioti” e del movimento #iovotofuorisede – che prevedeva la possibilità di votare recandosi presso le più vicine (ex) Prefetture non erano così insuperabili se ora si consente il viaggio per via postale delle schede.
Il libro bianco infine prevede misure volte a favorire la partecipazione elettorale, attraverso misure di informazione e comunicazione specie tramite i social media così da avvicinare alla politica le giovani generazioni, per non interrompere la frequenza scolastica dei quali si prevede peraltro l’individuazione di seggi elettorali in sedi alternative agli edifici scolastici. L’auspicio è che su tali innovazioni – certo non risolutive ma sicuramente opportune – si possa aprire un ampio dibattito che trovi consapevoli le forze politiche degli sforzi che, in questa ma anche in altre direzioni, devono fare per suscitare ed intercettare la domanda di partecipazione politica, partendo dal presupposto che quello di voto è il diritto fondamentale su cui la democrazia si basa, il cui libero esercizio, per imperativo costituzionale, deve sempre essere garantito e promosso dalla Repubblica.
