Ci sono uffici giudiziari di serie A, dove i procuratori appena nominati si insediano, e altri di serie B, dove passano mesi e mesi prima del cambio. Michele Prestipino a Roma e Raffaele Cantone a Perugia, persino Claudio Gittardi a Monza, appena designati dal Csm hanno preso posto immediatamente. Diverso destino per Antonio Chiappani, che il 15 maggio scorso è stato scelto dall’organo di autogoverno della magistratura a capo della Procura di Bergamo ma dovrà aspettare la metà di agosto prima di insediarsi a causa di una serie di adempimenti formali che in altri casi erano stati saltati.
Questo accade nonostante l’ufficio inquirente orobico sia senza un capo effettivo da aprile dell’anno scorso: e non si tratta di un ufficio qualsiasi, ma di quello che si trova a prendere decisioni importanti a causa dell’emergenza Covid, che ha martoriato Bergamo e provincia, e si trova sotto pressione da parte dei comitati dei parenti delle vittime che nei giorni scorsi hanno chiesto alla Corte europea di vigilare sulle indagini. Una richiesta, quella dei comitati, che tra l’altro suscita anche non poche perplessità dal punto di vista formale poiché mette in discussione l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.
Va ricordato che per la nomina di Chiappani, 67 anni, a quello che sarà il suo ultimo incarico considerando che fra tre anni andrà in pensione, il Csm aveva già impiegato un sacco di tempo. L’anticipato possesso non sarebbe scattato per Chiappani a causa della delicata situazione della Procura di Lecco, dove è procuratore capo: a lavorare con lui, dopo la scomparsa del pm Laura Siani, ci sono solo tre colleghi e con un carico di diecimila fascicoli all’anno da trattare. Non si capisce perché non sia stato applicato un magistrato a Lecco in modo da permettere a Chiappani di andare subito a Bergamo. Intendiamoci, non ci sono dietrologie da fare, ma appare anche difficile spiegare tutto con la burocrazia. Le indiscrezioni riferiscono di una certa sciatteria al riguardo nei rapporti tra il Csm e il ministero della Giustizia.
È anche vero che al Csm di questi tempi hanno brutte gatte da pelare, con il caso etichettato come “Palamara” ma che in realtà riguarda l’intera categoria e tutta la gestione degli incarichi spartiti con logiche poco trasparenti (eufemismo). E pure al ministero non sono giorni tranquilli. Sta di fatto, però, che evidentemente ci sono magistrati e uffici che pesano più di altri. Cantone è un potente anche dal punto di vista mediatico e a Perugia si indaga sui giudici romani, Palamara compreso. Il discorso vale ancora di più per Prestipino a Roma, considerando che era stato in origine scelto Marcello Viola e che poi la procedura era stata riaperta dopo lo tsunami che ha investito il Consiglio superiore della magistratura. A Bergamo però ci sono scelte importanti da fare. Si tratta di decidere se mandare per competenza a Roma la parte di indagine relativa alla mancata creazione della cosiddetta zona rossa ai tempi della massima diffusione del corona virus.
I parenti delle vittime del Covid hanno manifestato più volte davanti alla sede della procura. Chiedono giustamente, dal loro punto di vista, la verità in merito alle tragedie che hanno vissuto. Ovviamente non è detto che lo strumento penale sia quello più adeguato, ma c’è poco da scherzare. Sempre a Bergamo c’è un’altra delicata inchiesta, che vede coinvolte realtà legate alla Curia e impegnate nell’assistenza ai migranti: avrebbero ricevuto, è una delle contestazioni, finanziamenti non dovuti. I 35 euro al giorno per ogni extracomunitario sarebbero stati riscossi anche quando i diretti interessati erano ormai altrove. La lista degli indagati è lunga e pare da scremare. La presenza del capo effettivo dei pm sarebbe necessaria. L’Ufficio, dalla scomparsa prematura di Walter Mapelli, è retto come facente funzione da Maria Cristina Rota che era andata a Roma a sentire come testimone il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e aveva raccolto la deposizione, sempre come teste, del governatore lombardo Attilio Fontana.
