L'opinione
Blitz al citofono, azione squadrista di Salvini ma non è l’unico
O come al tempo delle proposte di “segnalazione” del Movimento 5 Stelle, poco più di un anno fa, quando i capi grillini istituivano un sistema di denuncia dei responsabili di comportamenti “che non rispettano i principi che stanno alla base del Movimento”, il partito dell’onestà per via di delazione. Una iniziativa che spiegava molto bene quale fosse il concetto di ordine sociale e di convivenza civile coltivato da quella pericolosa schiatta di analfabeti. Era l’immagine dello Stato che ci propongono, della società che ci offrono, dell’ordinamento civile che ci promettono: l’immagine riflessa del loro Movimento. E nessuno a dirne nulla.
Per cui: piano, piano. Quel che ha fatto l’altra sera Salvini (tra l’altro con giornalisti al seguito, tutti zitti) merita ogni censura. E’ una cosa che fa vergogna, e non si capisce come anche solo quell’iniziativa di sostanziale istigazione al linciaggio possa non revocare gli intendimenti di voto di chi ancora oggi si affiderebbe al potere di governo di quel signore. Ma l’alternativa a quelli che oggi gli si oppongono sta in gente che considererebbe perfettamente legittimo citofonare al presunto corrotto piuttosto che al nordafricano: a telecamere aperte e sulla cima di un analogo corteo di italiani perbene. E non che si tratti di un’ipotesi, perché la pratica di fare picchetti davanti al portone di casa del mascalzone di turno per esporlo alla giustizia di piazza – sia il furbetto del cartellino, sia il politico indagato, sia l’extracomunitario che ruba l’alloggio ai figli della Nazione, sia l’imprenditore corrotto – costituisce qui da noi una tradizione ben diffusa a destra e a manca. E a fronteggiarsi sono due opposte ma identiche pretese di forca, due politiche e due giornalismi uniti nell’identico disprezzo per i diritti della persona.
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