C’è chi pur di non accettare di aver perso le elezioni mette addirittura in discussione la democrazia. Politici, intellettuali, influencer ed artisti di sinistra non ci stanno e si lasciano andare ad esternazioni gravi e che rasentano altresì il ridicolo.
Andiamo per ordine. Prendiamo le dichiarazioni di Carlo Calenda, il leader di Azione, quel terzo polo poi diventato quarto, che non ha convinto e che si è portato a casa solo il 7,5% delle preferenze. In un’intervista rilasciata ad urne chiuse, pur di non riconoscere che la proposta messa in campo non è stata accattivante al punto da convincere gli elettori, colpevolizza gli stessi elettori di avere votato male.
Ecco cosa dice: “Se finiamo a carte 48 non potranno dire “io non c’ero”. Bisogna essere consapevoli delle proprie scelte. Hanno votato come se fossero a una kermesse teatrale o al televoto. Prima o poi si renderanno conto che bisognava scegliere chi promette cose praticabili e ha l’esperienza per realizzarle”.
Sembra il monito di un professore che, salito in cattedra, punta la bacchetta agli scolari indisciplinati e li rimprovera di aver sbagliato il compito che era stato loro assegnato. Ma cosa significa “bisogna essere consapevoli delle proprie scelte”? Possibile che Calenda abbia una così bassa considerazione degli italiani da ritenere che si siano recati alle urne con leggerezza? Troppo amaro da digerire come boccone, il fatto che non sia stato lui la preferenza bensì Giorgia Meloni? Perché denigrare l’elettore e non fare su se stesso un esercizio di autocritica?
“Hanno votato come se fossero ad una kermesse teatrale o al televoto”. Che significa questa frase infelice? Chi si è recato alle urne non sapeva che quella croce sulla scheda elettorale rappresentava la volontà di essere protagonisti di un cambiamento? Se avessero marcato il simbolo del duo Renzi-Calenda improvvisamente diventavano saggi, consapevoli e responsabili? Quanta presunzione racchiusa in così poche righe.
È purtroppo costume comune colpevolizzare gli italiani quando non si riesce a giustificare un fallimento. Lo abbiamo capito molto bene durante la gestione della pandemia. Si è cercato sempre un capro espiatorio che puntualmente era il cittadino. Il saccente Calenda ha per un secondo dimenticato il fondamento della democrazia, quella forma di governo in cui il potere viene esercitato dal popolo, tramite rappresentanti liberamente eletti. Non accettare la scelta del popolo sovrano significa rinnegare la democrazia stessa. Che lo faccia un politico è molto più grave di un influencer o cantante qualunque.
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