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Capitalismo e sviluppo sociale

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Capitalismo e sviluppo sociale

La caduta del Muro nel 1989 ha di fatto aperto le porte ad una nuova epoca nella storia contemporanea: riconquista della libertà, nuove speranze, emancipazione sociale.

Ci fu una mobilitazione culturale, politica ed economica dell’Occidente intero, e si immaginava una nuova era caratterizzata da maggiore benessere ed equità.

Qualcuno, tuttavia, mise in guardia il mondo occidentale sulle possibili ripercussioni derivanti dalla caduta del Muro e, nello specifico affermava che “ il Capitalismo avrebbe usato ogni mezzo per spadroneggiare ed affermarsi, anche in maniera selvaggia”.

Quel qualcuno si chiamava Giovanni Paolo II e le sue parole si sono poi rivelate profetiche.

La caduta del muro ha determinato, tra gli altri effetti, la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochissimi e la crescita della povertà con i conseguenti flussi migratori.

La successiva globalizzazione ne ha acuito gli effetti.

Qualcuno aveva interpretato queste parole come una “condanna” del Capitalismo ma in realtà proprio Papa Wojtyla aveva riconosciuto in maniera definitiva il ruolo positivo dell’imprenditore e dell’utile dell’impresa, quando è indirizzato anche al benessere sociale.

Se si analizza la storia degli ordini monastici, già nel 1200 c’era all’interno della Chiesa chi parlava di Capitale, economia di mercato e moneta; stenterete a crederci ma ne parlavano coloro che appartenevano all’ordine monastico povero per antonomasia: i Francescani!

Frate Pietro Giovanni Olivi (1248 – 1298) riconosceva l’esistenza di un denaro particolare da lui definito “capitale, dotato di uno speciale seme di lucro capace di generarne altro.”

Olivi afferma che il denaro cessa di essere “pecunia” (mezzo di scambio) e diventa capitale, quando il proprietario lo utilizza per generare guadagno attraverso l’investimento.

Introduce, altresì, una definizione di Mercato come “comunitas”, luogo dove si incontrano domanda ed offerta e si stabilisce il prezzo delle merci tenendo conto di 3 fattori: la scarsità del prodotto, le sue qualità intrinseche ed il gusto personale dell’acquirente.

Frate Giovanni Duns Scoto (1263 – 1308) riconosceva l’utilità dello scambio mercantile, che tuttavia “ deve avere una funzione sociale e va esercitato con giustizia e per il bene comune”

Dunque, il Capitale ha sempre rivestito un’importanza fondamentale nella storia dell’umanità ma, di pari passo, ne veniva evidenziato anche il ruolo di sviluppo sociale.

Ed allora, tornando ai nostri giorni, è fondamentale che la Politica internazionale e nazionale (quella con la A maiuscola) si riappropri della propria dignità e del proprio ruolo, promuovendo la partecipazione attiva tra tutti i soggetti in campo, ed esercitando la sua funzione di governo della cosa pubblica.

Occorre una politica (soprattutto economica) contemporanea, con una visione che sappia conciliare capitalismo e sviluppo sociale, società civile ed istituzioni, evitando di contrapporre le diverse parti in campo e favorendo un modello di sviluppo che incentivi il capitale, l’impresa ma che premi soprattutto le benefit corporation, quelle società che riversano parte degli utili nel sociale, nella crescita del Capitale Umano e nella sostenibilità.

Insomma passare dal vecchio concetto del capitalismo individuale dell’“ io o tu” ad un concetto contemporaneo di capitalismo sociale : “io e tu in un modo sostenibile”.

Ancor più in un momento storico come quello che stiamo vivendo che, se la Politica saprà esercitare una corretta governance, potrà portare sviluppo sostenibile anche grazie alle risorse del PNRR.

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