Una delle vittime eccellenti del Covid19 è il Pride. Di questi tempi negli anni scorsi, in Italia, cominciava a muoversi la grande macchina organizzativa dell’Onda Pride che avrebbe portato l’onda colorata del movimento LGBT+ in tantissime piazze di tantissime province.
Quest’anno, comprensibilmente, non si terrà alcun Pride in Italia. Purtroppo. Ma non tutti sono dispiaciuti di questa conseguenza del Covid19 e delle misure restrittive prese per contenerlo. Anzi. E non pensate che siano sono i clericofascisti reazionari della destra nostrana, no. Anche una parta non indifferente di LGBT+ stanno festeggiando la cosa. A chi non conosce le dinamiche interne alla nostra comunità la cosa potrebbe destare sorpresa ma in realtà ogni anno, di questi tempi, la comunità LGBT+ è costretta a fronteggiare le critiche dall’interno verso i Pride. Ed ogni anno tocca dare sempre le stesse identiche risposte.
La prima critica è quella sull’acronimo che indica la nostra comunità, LGBT+: ogni tanto si sveglia qualcuno e lancia il suo grido di dolore, “basta aggiungere lettere!“. Fissiamo un punto: aggiungere lettere è proprio il tratto distintivo di una comunità e un movimento aperti e in continua evoluzione, proprio come la società in cui viviamo. Parte di quelle lettere si riferiscono all’orientamento sessuale, parte all’identità di genere e parte ancora ad orientamento e identità assieme ma tutte, tutte, partecipano ad un movimento di liberazione sessuale, per le pari opportunità e l’autodeterminazione.
La seconda critica è l’evergreen “Non mi sento rappresentato da chi va al Pride”.
Questa è la più comica perché non tiene conto del concetto base del Pride: al Pride ci si va per rappresentare se stessi. Il Pride non è una manifestazione di partito né una processione religiosa. Il Pride è una manifestazione dell’orgoglio e dell’autodeterminazione dove ognuno rappresenta se stesso, la propria unicità.
Poi c’è la critica utilitaristica: ”Il Pride è una manifestazione inutile”.
È opportuno ricordare che in Paesi con Pride ben più vistosi di quelli da educande che si svolgono in Italia la battaglia per i diritti civili ha portato a conquiste civili ben più sostanziose delle nostre. Siete mai stati in un Pride in Germania o negli USA? Ecco!
Quella che più mi fa uscire dai gangheri è la critica dei “maestrini della lotta”, quelli che vanno in letargo fra un Pride e l’altro, però poi si svegliano e ti dicono “Non è così che si lotta per i nostri diritti”.
Ammesso e non concesso che sia vero com’è che si dimenticano sempre di dirci quale è il modo giusto per lottare per i diritti civili? Sulla critica non li batte nessuno. È la parte della proposta che li vede un po’ carenti. Occorre però ricordare che il Pride non è LA manifestazione della comunità LGBT+ è UNA DELLE manifestazioni della comunità LGBT+. Tra un Pride e l’altro associazioni, gruppi, singoli ecce cc organizzano campagne di sensibilizzazione, banchetti informativi, raccolte fondi, raccolte firme, picchetti, convegni… Caso strano non li si vede mai manco a quelli.
Quella più infida fra le critiche è quella puritana: ”Ma dove vogliamo andare con gente mezza nuda, travestiti e transgender”.
Questa è appunto la critica più infida e vergognosa. Il Pride nasce soprattutto come movimento di liberazione sessuale e per l’autodeterminazione delle persone. Il corpo, da che mondo e mondo, è la prima arma di lotta e di rivendicazione. Pensate alle femministe, artefici della rivoluzione sessuale, che scendevano in piazza tette al vento a gridare “L’UTERO È MIO E ME LO GESTISCO IO”. E siccome il Pride è liberazione sessuale e autodeterminazione la semplice richiesta di fare un Pride senza “travestiti e transgender” è la sua negazione. Al Pride ci si va per essere liberi di essere.
Direttamente collegata alla critica precedente è la sempre verde “Se manifestassimo più sobriamente, magari in giacca e cravatta, ci prenderebbero più sul serio”.
A parte che manifestare in giacca e cravatta in piena estate più che una rivendicazione di diritti e pari dignità sarebbe un supplizio, ma qui tocca dare una notizia sconvolgente: agli omobitransfobici facciamo schifo per quello che siamo non per come ci vestiamo. Anche se vi mettete la famosa “giacca e cravatta” con la quale chiedete di manifestare in estate per loro restate pur sempre dei malati da curare, da picchiare ed insultare se va male o da pretendere che si nascondano in casa se va bene. Oltretutto questo ragionamento sottende qualcosa di ben più grave: che una persona non è credibile in base al vestito che indossa, che una persona si merita la discriminazione se non si adegua ai canoni della presunta normalità dei sedicenti normali. E non è un ragionamento tanto distante da chi pensa che una donna in minigonna lo stupro se lo sia andato a cercare. Che i diritti e la dignità di una persona discendano dal suo decoro è più da paese in cui vige la sharia, o il fascismo, che da democrazia compiuta.
Ultima delle critiche: ”basta con le etichette, avete mai visto l’etero pride?”
Fino a qualche anno fa avremmo risposto che no, grazie a Dio non avevamo visto alcun etero pride. Invece da un paio di anni a questa parte la destra fascista religiosa made in USA ci ha fatto vedere anche quelli. Manifestazioni di maschi, bianchi ed eterosessuali che manifestano spacciandosi per minoranza discriminata. Ma a parte questo è mai possibile che ci sia ancora qualcuno a parlare di etichette? Non sono etichette, è la nostra identità. Che sia orientamento sessuale o identità di genere. Non sono la marca del vestito che indossiamo o che ci siamo scelti, sono un aspetto fondamentale di ogni essere umano. Tutelato e protetto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Come si fa a definire etichetta l’orientamento sessuale e/o l’identità di genere? Come si fa a definire la battaglia di chi lotta per i diritti delle persone LGBT+ “una battaglia che divide le persone”. Al massimo divide solo chi ha coraggio di camminare alla luce del sole per quello che è, orgoglioso di quello che è da chi invece preferisce nascondersi.
Quest’anno nel mondo non ci saranno Pride. Ma ci saranno ancora paesi in cui si viene imprigionati, torturati e messi a morte per il proprio orientamento sessuale e per la propria identità di genere.
Chi festeggia perché quest’anno non ci saranno Pride ha già scelto da quale parte vuole stare fra i diritti umani e la barbarie.
E voi? Avete scelto?
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