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Dal Papeete come piccola Waterloo all’inversione dei numeri: Lega e FdI, è questione di consenso

Giornalista, comunicatore, fondatore di Velocitamedia.it
Dal Papeete come piccola Waterloo all’inversione dei numeri: Lega e FdI, è questione di consenso

I numeri parlano chiaro. I numeri non mentono. Senza fermarsi al singolo sondaggio ma guardando alle tendenze, queste ci dicono che la Lega perde consensi per strada da circa tre anni e mezzo. Chi ne ha guadagnato? Si è registrato un travaso di voti all’interno del Centrodestra? Qualche rivolo si è “disperso” magari in altri partiti e verso altre coalizioni?

Abbiamo approfondito questo tema con Livio Gigliuto, vicepresidente di Istituto Piepoli. In accordo con tanti analisti, anche Gigliuto individua il Papeete come il momento di svolta per il partito di Salvini. In pratica una sorta di “piccola Waterloo”.Prima dell’agosto del 2019 e prima del Papeete – commenta – era opinione comune che il M5S si stesse sgonfiando e che la Lega lo stesse sostanzialmente fagocitando. Il 34% registrato alle europee di pochi mesi prima era una inversione dei rapporti di forza tra i due partiti. Dalla richiesta dei pieni poteri da parte di Salvini comincia la fase di calo del Carroccio. Una fase che, quindi, va avanti da tre anni e mezzo”.

La Lega non è tornata al 4% da cui era partito il segretario nel 2013, ma la sua caduta si è arrestata intorno all’8. Eppure tra i due bacini elettorali c’è una evidente differenza. “Proprio così”, conferma Gigliuto, direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Comunicazione Digitale nato da una collaborazione tra Istituto Piepoli e PA Social. “Lo zoccolo duro della Lega pre-Salvini è individuabile in una percentuale del 6-8% e ha una chiara connotazione settentrionale, specie nel Nord Est. In alcuni casi è risultato il primo partito di quell’area, la localizzazione del consenso è sempre stata piuttosto evidente. Ma per la Lega la coperta è sempre stata corta e la media è sempre risultata quella, tra il 6 e l’8%”.

Poi, però, l’idea di Salvini di nazionalizzare l’offerta politica. Attraverso, prima di tutto, una operazione di ribrandizzazione: via la parola “Nord” dal nome e dal simbolo, il passaggio intermedio a “Noi con Salvini” (con l’utilizzo del blu, proprio dei partiti moderati) e quello finale alla “Lega” attuale e nazionale. “Non soltanto un’operazione di rebranding – aggiunge Gigliuto -, ma anche la volontà di nazionalizzare l’offerta politica attraverso il riposizionamento su temi trasversali e l’utilizzo fruttuoso di un elemento connesso a questo aspetto: il territorio. Per raggiungere il suo scopo, Salvini doveva andare al Sud e ci è andato. Questo, da un lato gli ha aperto nuovi orizzonti, dall’altro gli ha chiuso (parzialmente) i rubinetti elettorali originari: quelli del Nord Est, appunto. Insomma, quando è finita la piena ed è arrivata la risacca, la Lega si è ritrovata senza quella base di consenso solida che aveva prima. Tanto che, bussando di nuovo a quella porta, è stata accolta in casa da pochissimi di quelli che prima erano suoi elettori”.

In questo è stata abile Giorgia Meloni, che ha lanciato quella che potremmo definire un’Opa non ostile e non dichiarata sui consensi del Carroccio. “Proprio così. La Meloni ha saputo infilarsi nelle crepe che la stessa azione della Lega aveva provocato. Oggi la quota del partito di Salvini è quella venuta fuori dalle urne di settembre e confermata dalle tendenze successive, cioè tra l’8 e il 9%. Ma non è territoriale, bensì nazionale. Un po’ quello che avvenne al Pd del dopo Renzi, che dal 40,8% delle europee 2014 crollò per poi attestarsi intorno al 20%”.

A tutto questo, però, si aggiunge un altro fattore, che pare determinante. Come imposterà l’azione della Lega il nuovo segretario? Proseguirà dandole un respiro nazionale o tornerà a una dimensione più centrata su determinati territori? “Vero, questa scelta sarà determinante”, afferma Gigliuto.Si tratta, in sostanza, di una scelta di tipo socio-demografico, che stabilirà la storia che la Lega vorrà raccontare. C’è da dire, però, che non sarà facile per il partito tornare a parlare a una sola parte del Paese dopo aver girato a tenere comizi in tutta Italia”.

Non sarebbe però il primo scossone al suo interno. “Certo, non sarebbe il primo. La Lega ci ha abituato a momenti di frammentazione e di scontro. È un partito molto viscerale – conclude Gigliuto -, ma credo si possa dire che oggi ha acquisito cultura di governo. Difficilmente vedremo ancora scope sui palchi”.