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Esigenza liberaldemocratica: il liberalriformismo

Il riformismo demolibertario
Esigenza liberaldemocratica: il liberalriformismo

Come ho avuto modo di dire nel 34° video de “Il Graffio di Trisolino”, la videorubrica che ho ideato e che curo settimanalmente su opinione.it – L’Opinione, la rivoluzione liberalriformista è un processo storico nonché dialettico tutto attuale. La rivoluzione del riformismo liberaldemocratico è la più razionale e diplomatica delle rivoluzioni. Nella sua paziente, calibrata, incisiva urgenza, è in realtà la più urgente.

Agire per praticare quella radicale pazienza, e riflettere su come praticarla, spetta a coloro che amano le libertà civili, economiche, esistenziali dell’Europa italiana, e dell’Italia europea.

La rivoluzione liberale da perpetuare, innovare e corroborare è un percorso di liberazione dagli automatismi, dai populismi, dal giustizialismo, dalle decrescite infelici, dalle predestinazioni sociali, dagli assistenzialismi improduttivi, al riparo dalle partitocrazie corporative e dal politicamente retorico. Al riparo dal corporativismo economico che altera ed anzi uccide la libera concorrenza.

La rivoluzione liberale che auspichiamo è democratica, e una rivoluzione degnamente, istituzionalmente democratica è basata sullo Stato liberale, minimo sì ma non ridotto all’osso, date le varie esigenze da supervisionare, con l’intento di evitare ogni forma di sopruso dei più forti sui più deboli.

Le vertenze liberaldemocratiche della nuova èra non possono non posizionarsi al centro, soprattutto in fase di simmetrica radicalizzazione dei due poli di destra e di sinistra. Occorre edificare un’idea ed una pratica radicata nei valori liberaldemocratici, auspicando maggiore e migliore cura del mercato aperto alla concorrenza leale, potenziando le funzioni dell’autorità antitrust, ossia le attribuzioni istituzionali dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, l’AGCM.

Dobbiamo dismettere la percezione viziosa di un centro stanco o paludoso dove ci si posiziona al termine della propria carriera politica, quando non si sa più dove andare. Per far ciò occorre una classe dirigente innovativa e nuova, al centro, senza predestinazione e senza interessi personali. Sì, si può fare.

Sulle “spalle dei giganti” della storia, da Spadolini del Partito Repubblicano Italiano a Einaudi del Partito Liberale Italiano, occorre ragionare e cantare un canto nuovo, con una ratio politica e una via altrettanto nuove.

È arrivato il tempo di avviare il processo costituente del partito liberaldemocratico? Le evidenze dei tempi correnti ne confermano l’urgenza, anche per vegliare sulla portata e liberalgarantista e democratica popolare di ogni riforma che bolle nelle pentole dei due poli tradizionali, di destra e di sinistra, volta per volta. L’ottica di un centro nuovo, radicato nella liberaldemocrazia, deve essere quella di cooperare sul merito delle questioni con un filo politico programmatico che ne armonizzi l’orizzonte di insieme. L’ottica deve essere quella di riformare insieme, non solo per una questione di numeri e proporzioni nelle aule parlamentari bensì proprio per una questione di metodo e di onestà intellettuale da portare in politica.

Se l’esigenza liberaldemocratica è urgente, il percorso unificatore e catalizzatore di costituzione di una realtà partitica nuova brillante distinta, non può che essere paziente. Per fare bene le cose, con un poli-leaderismo nuovo e meritocratico che renda non solo partecipi ma protagonisti in senso stretto i militanti che accorreranno per la causa riformista dell’Italia.