L’estrema cautela del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti al Forum Ambrosetti ieri, e più recentemente la massima prudenza della stessa premier sulla prossima manovra economica del governo, ci suggeriscono un clima non enfatico quantomeno non tambureggiante. E – in seconda battuta – ci offrono l’ennesima prova, sperabilmente l’ultima e definitiva, di quanto tossico sia stato il cialtronismo del sovranismo quando era all’opposizione, una stagione che ha in qualche modo bluffato con l’elettorato un po’ come quei meme divertenti del tipo “quando ordini su internet vs quando ti arriva a casa”.
Si ride ma è tragicomica la situazione a cui assistiamo.
Sì, perché quando ci si va all’opposizione, c’è sempre la tentazione di indossare delle “lenti della surrealtà”, attraverso le quali si costruisce (a gratis e senza rendere conto) un mondo che non esiste, si fanno promesse che noi comuni mortali non patrioti (brutti e cattivi) non comprendiamo, e si preannunciano rivoluzioni e riforme epiche. Ma poi? Beh, poi si va al governo e ci si reca fortunatamente dall’ottico (che chiameremo il “dottor Realtà”) e finalmente finisce la miopia cosicché il vero sostituisce il presunto ricordandoci – parafrasando Esopo seppur parti invertite – che più piccola è la presunzione e più si allarga la mente.
Qui sta il cambiamento narrativo di un governo che è stato più politico degli ultimi dieci anni ma che, nonostante il valido sostegno elettorale, deve affrontare l’agrodolce verità dei fatti tutti da gestire senza buttare la palla in tribuna.
E’, ad esempio, un fatto che l’economia italiana ha il fiato corto non procedendo secondo criteri di produttività e competitività fatta eccezione per alcuni forti settori del comparto dell’export, unica certezza sul piano del Pil. Per il resto è tutto episodico, più poggiato più sui servizi che sulla domanda interna, meno preoccupato di trovare soluzioni che facciano ripartire il manufatturiero dentro un quadro di transizioni digitali ed energetiche sostenibili, non visionarie e velleitarie. Invece che creare – poi – i nessi virtuosi tra istruzione, ricerca e lavoro stiamo ancora a parlare di riforma delle pensioni esistenti o innalzamento delle previdenze minime senza prendersi del tempo se avremo le risorse per le pensioni di domani. Non è scandaloso per i patrioti al governo?
Il punto che culturalmente mi sta a cuore è riportare al centro il legame in politica tra “carisma” e “tecnica” polarità senza le quali si va a sbattere, agli annunci non si accompagnano gli interventi necessari . E se si vincono le elezioni non si esclude di poter ricalibrare le posizioni di partenza tenendo conto non di “fantasilandia” ma del paese che è, delle sue contraddizioni pre-politiche e pre-elettorali: la nostra è infatti una “nazione” (per stare sul lessico della premier) ben diversa dai comizi nelle piazze. Un paese che ha bisogno di riforme, diciamocelo, anche impopolari, riforme con le quali magari non si vince alle urne ma che rimangono urgenti indipendentemente da chi va al governo.
Quante volte abbiamo sentito parlare del necessario “bagno di realtà” per evitare di muoverci come criceti che corrono in una ruota senza meta? Ebbene, ripetiamolo senza timore di dare consigli ai nostri attuali governanti, perché gli applausi sono ormai scarsi e le mani non battono più. È iniziata la stagione del realismo, e la realtà bussa alla porta del governo invitandolo a raggiungere una soluzione se non perfetta almeno la meno-imperfetta possibile soprattutto sui dossier geo-economici. L’equilibrio richiederà alcune premesse solide e qui partendo dallo stesso Giorgetti, dobbiamo essere (citiamo testualmente) veri e sinceri!
Pertanto: meno sciocchezze, molta prudenza e l’ascolto responsabile anche delle idee delle opposizioni.
Tutto il resto è grillismo senza grillo il che – se ci pensiamo – è più inquietante dell’inquieto.
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