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Giuseppe Conte, novello Aristotele

Direttore d'orchestra
Giuseppe Conte, novello Aristotele

Gli Stati Generali, sul modello della Francia del XIV secolo, stanno prendendo forma, ed é positivo che si faccia un confronto tra governo, opposizione, sindacati, Confindustria, Confcommercio, Confagricoltura, PMI e “singole menti brillanti”, per parlare dei problemi del Paese e presentarsi all’Europa il 18 giugno con un mandato per indirizzare gli investimenti del Recovery Fund.

Il metodo, indicato dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di un confronto tra le parti sociali, rimanda ad un approccio aristotelico, cioè alla ricerca della virtù in quanto “mediazione”, “giusto mezzo”, tra attitudini opposte. Aristotele, al contrario di Platone, rigettava un’idea precostituita, “a priori” dello Stato, e affermava che uno Stato ideale non esiste.

Aristotele, studiando, con i suoi allievi, le Costituzioni di ben 158 Stati diversi, arrivò a concludere che le forme di governo, democratica, aristocratica o monarchica, si equivalessero, cioè che non fosse possibile dimostrare razionalmente in nessun modo la superiorità di una forma di governo rispetto ad un’altra; da qui l’affermazione che tutti i regimi sono validi se hanno come obbiettivo il benessere dei governati.

Aristotele però mise in guardia nella sua “Politica” contro la possibilità di degenerazione: la democrazia avrebbe potuto facilmente degenerare in demagogia, la aristocrazia in oligarchia e la monarchia in tirannia. E sicuramente il Presidente Conte deve stare attento alla minaccia della demagogia, cioè alla possibilità di promettere attraverso sussidi e prebende, un benessere che non ha fondamento nella realtà e soprattutto non ha sostenibilità.

D’altra parte il rischio è che veramente gli Stati Generali, nonostante il nome altisonante, si riducano ad essere semplicemente ciò che erano in origine, cioè delle manifestazioni dei “cahiers de doleances” dei singoli ordini, nobiltà, clero o borghesia, manifestazioni che poi avrebbero sollecitato la riflessone del sovrano, ma che certo non servivano a definire le strategie di un paese.

Oggi, più che mai, al contrario, si ha la necessità di ripensare e di indirizzare l’idea stessa di sviluppo, rifondare un’idea di progresso, e rifondare, per dirla con Heidegger, la forma stessa del nostro essere nel mondo. Ripensamento che non si può attuare in maniera improvvisa, ma che certo da qualche parte deve pur iniziare.

In questa ristrettezza di tempo e di modi vorremmo almeno proporre qualche spunto.

La prima riflessione che ci sentiamo di fare é che qualsiasi intervento nell’indirizzo di risorse dovrebbe avere per obbiettivo la creazione di un sistema che si mantiene in vita da solo. Un grande studioso della sostenibilità, Krishna Rao, nel suo “Sustainable development” , definisce “insostenibile un sistema che possegga caratteristiche che non possono essere mantenute in vita per sempre senza significativi interventi”.

Un tale sistema quindi dovrebbe guardare a forme di intervento che sappiano non solo affrontare l’emergenza, ma anche proporre una idea di futuro e del paese, poiché così come é stato posta l’idea di questi Stati Generali, rimanda esplicitamente ad un concetto di rilancio del paese stesso.

Dando per scontate, anche se scontate non sono, quindi le forme di sostegno urgente, cioè liquidità agli individui, protezione di aziende in difficoltà e investimenti forti nel settore sanitario, si arriva al punto centrale della strategia, con due questioni fondamentali:

-come ci si pone di fronte al tema dell’eguaglianza, cioè al tema delle redistribuzione di reddito e ricchezza?
-come ci si pone di fronte al tema dell’ambiente, della sostenibilità ambientale, del futuro inteso come tutela dell’ambiente?

Questi due grandi temi rimandano a tutto il resto, alla cultura, alla formazione, alla collaborazione internazionale.

Per Karl Marxla rivoluzione é il motore della storia” e “il capitalismo verrà superato attraverso le crisi cicliche di sovrapproduzione legate al suo stesso sviluppo”, e non si può negare che, in questo momento, il mondo sia attraversato da enormi venti di rivolta, enormi contestazioni di piazza e mai come dopo questa crisi, dovuta al coronavirus, ci si possa affacciare ad una svolta epocale dei nostri sistemi di produzione.

Le stime della International Labour Organisation prevedono per il post coronavirus 30 milioni di nuovi poveri tra la popolazione dei lavoratori mondiale, con reddito inferiore ai 3 dollari al giorno, e di 15 milioni sotto la soglia assoluta di povertà di 1,9 dollari al giorno. Il capitalismo globale, con la sua endemica incapacità a ridurre gli squilibri, si dimostra quindi incapace, in questo momento, a gestire la crisi se non con sistemi di repressione brutale.

E in effetti le svolte autoritarie nel dopo Coronavirus non fanno che aggravare una situazione che già si era consolidata dopo la crisi finanziaria del 2007, dopo la quale ben 89 paesi nel mondo hanno compiuto sostanziali passi indietro sul piano delle democrazia. Ed é necessario integrare il quadro osservando che i paesi autocratici, Russia, Cina e Turchia, svolgono un sempre più attivo ruolo di relazioni internazionali, mentre i paesi democratici, Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, Italia, ma anche Polonia e Ungheria sono sempre più attraversati da quei movimenti populisti e demagogici che mettono in crisi il funzionamento delle istituzioni democratiche stesse.

Il tema dell’uguaglianza e della redistribuzione del reddito é un tema quindi imprescindibile se non si vuole che salti tutto il sistema ed é evidente che uguaglianza in Italia significa misure a favore del Mezzogiorno e delle grandi periferie urbane italiane, investimenti strutturali per ridefinire i trasporti, l’Alta Velocità, le infrastrutture primarie nel turismo, le infrastrutture nella agricoltura, il sistema della cultura e della educazione, il ciclo dei rifiuti.

Ma significa anche implementare un sistema di micro credito per affiancare o sostituire il reddito di cittadinanza in forme economiche di investimento, forme che prevedano quindi una redistribuzione non solo del reddito, ma anche della ricchezza, della proprietà.

Sempre in tema di eguaglianza é necessario un empowerment generale delle masse più indigenti, un New Deal culturale per combattere la povertà educativa, per aumentare i consumi culturali e per basare lo sviluppo su una nuova coscienza della formazione.

In Italia intere Regioni non hanno un teatro, un’orchestra, un luogo di incontro culturale. In una Italia che persegue una equità sociale ciò non dovrebbe essere più consentito, perché il deficit di formazione é nel nostro paese il più grande vincolo alla sviluppo.

L’educazione e la cultura, come la sanità, devono diventare sempre più diritti inalienabili della persona, non soggetti a differenze di censo. I concerti, la prosa, la lirica, il balletto, come il diritto allo studio, la formazione nelle lingue e nelle professioni, devono essere gratuiti, o a costi assolutamente accessibili a tutti.

Ogni istituzione culturale dovrebbe poter essere multi-tasking, assolvendo a diverse esigenze, di spettacolo dal vivo, di cultura, di scambio culturale, di formazione, di corsi di lingua. Il sistema virtuoso dell’Art Bonus, dovrebbe essere esteso a tutti i settori culturali, non solo a chi ha già.

Come ultimo elemento in tema di eguaglianza dobbiamo citare il sistema delle imprese. È necessario implementare la distribuzione di ricchezza attraverso il sostegno all’impresa sociale, all’impresa collettiva, alla impresa cooperativa, e in generale l’indirizzo alla responsabilità sociale delle imprese, sostenere e incentivare l’associazionismo e la impresa non profit.

La distribuzione di ricchezza, come si é già detto, deve tradursi anche in distribuzione di proprietà. In questo senso si intende anche una nuovo modello di impresa basata sulla distribuzione di quote della impresa stessa ai lavoratori, determinando anche quindi un atteggiamento di co-partecipazione in materia di contrattazione aziendale, di partecipazione alle scelte, che possano preludere ad un nuovo patto sociale di spinta del paese.

Estensione del modello cooperativo emiliano, certo, anche alle imprese culturali. I teatri e le orchestre siano direttamente gestiti anche dai lavoratori, oltre che dai finanziatori.

L’altro grande tema, il tema dell’ambiente, ci immerge nella tematica più stringente del momento: il tema del rapporto uomo-natura, un tema che, in una accezione molto ampia, prevede anche le cause scatenanti delle pandemie degli ultimi decenni.

Il tema uomo-natura é stato trattato estesamente da Umberto Veronesi (mio padre, scomparso nel 2016), che già un ventennio fa (“la scelta vegetariana”, la “dieta del digiuno”), metteva in guardia dal dominio esercitato dall’uomo sulla natura in termini di abuso sul mondo animale, sopratutto in relazione al consumo delle carni. Ed é inevitabile qui fare la considerazione che, tutte le epidemie recenti, SARS, MERS, COVID, ma anche EBOLA, HIV, l’AVIARIA, la SUINA, la MUCCA PAZZA, abbiano trovato origine dalla zoonosi, cioè del salto del contagio dall’ animale all’uomo.

Inoltre un eccessivo utilizzo di carni animali, sosteneva Umberto Veronesi, é un grande fattore di diseguaglianza, perché destina agli oltre due miliardi di capi di allevamento nel mondo, molte delle risorse alimentari che potrebbero, se altrimenti utilizzate, riequilibrare il sistema dell’approvvigionamento alimentare per l’uomo.

Charles Darwin ma soprattuto Henry Bergson avevano posto l’accento sulla casualità dell’approdo dell’evoluzione alla specie umana, insistendo che la superiorità dell’uomo sugli animali era puramente quantitativa e non qualitativa e che l’uomo non rappresenta che un episodio del grande processo dell’evoluzione, Darwin in particolare insisté sulla sopravvivenza solo di quegli atteggiamenti che, attraverso l’eredità genetica, fossero accettabili e compatibili con l’ambiente naturale.

Tutta la filosofia occidentale è piena di attenzione per un equilibrato rapporto uomo-natura: Baruch Spinoza con il suo “Deus, sive natura” affermava che la Sostanza é unica e coincide con la Natura, che quindi coincide con Dio, Johann Wolfgang Goethe nel “Faust” stigmatizza l’idolatria della tecnica, a cui l’uomo si sarebbe venduto per dominare la materia, perdendo così l’anima, Karl Marx sosteneva che il capitale concepisce l’uomo e la natura come oggetti dell’alienazione causata dai rapporti di produzione, cioè come merce, e Martin Heidegger, rimprovera all’Occidente di aver dimenticato la questione dell’essere dopo Platone, e che nella epoca attuale lo dissimula nella idolatria per la tecnologia.

Inoltre Edmund Husserl, nel suo “La crisi delle scienze europee” ricorda alla scienza la sua necessità di rapportarsi al mondo della vita, per non creare una evoluzione della tecnologia astratta dai bisogni ultimi dell’uomo.

Oltre ai grandi intellettuali parlano i fatti: come accennato, il disequilibrio nel rapporto uomo-animale, é concausa di epidemie e fame nel mondo; l’effetto serra crea un riscaldamento globale a sua volta causa di inondazioni, esondazioni, eventi climatici devastanti; l’inquinamento da polveri sottili, con il conseguente inquinamento delle acque e del cibo, é causa primaria del cancro; e il fumo, attivo e passivo, ha effetti devastanti sulla salute; tutti questi fattori pongono qualsiasi governo di fronte alla necessità di scelte strategiche decisive.

Da parte nostra risulta assolutamente chiaro che non é più possibile vivere il presente devastando il futuro.

Le scelte in Europa dovrebbero quindi essere di appoggio totale del “Green New Deal” di Ursula von der Layen, dove l’Italia potrebbe porsi come protagonista nel mondo delle tecnologie verdi e dove bisognerebbe spingere sempre più verso un’idea di Europa che si ponga all’avanguardia nella salvaguardia dell’ambiente.

In particolare:
-il consumo di carne dovrebbe essere limitato per legge attraverso una regolamentazione europea.
-dovrebbe poter esserci una stretta sul consumo di sigarette, praticamente un bando totale.
-La mobilità deve essere essere sempre più elettrica.
-L’industria va progressivamente decarbonizzata.
-La produzione di energia elettrica va trasformata e deve poter iniziare un dibattito se sia giusto essere invasi da testate nucleari della Nato e non poter invece sfruttare la fissione nucleare per la produzione pacifica di energia, secondo tecnologie che certamente non sarebbero più quelle di Fukushima.
-va implementata l’energia elettrica prodotta dal sole.
-vanno posti incentivi sulla riconversione del riscaldamento domestico.

Non vorremmo avverate, almeno per il momento, le celebri parole di Claude Levi Strauss:
All’inizio del mondo l’uomo non c’era; non ci sarà neanche alla fine”.

comunicazionealbertoveronesi@gmail.com