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I due pesi e le due misure del lobbying

I due pesi e le due misure del lobbying

L’attività di rappresentanza degli interessi, cioè il lobbying, gode di pessima stampa. E questo si sa. Quello che si sa meno è che questo settore viene valutato con pesi e misure diverse.

Per la nostra video rubrica Lobby Non Olet, ne abbiamo parlato con Dominique Reber, socio di Hirzel Neef Schmid Konsulenten in Svizzera. Reber ha sottolineato come l’attività di lobbying sia ritenuta tale, se a svolgerla sono le aziende. Non lo è, se invece viene portata avanti dal mondo del terzo settore. In questo secondo caso si usano espressioni considerate neutre o meno compromettenti.

“Nella mia esperienza, se l’attività di lobby viene svolta dalle ONG nel settore dell’ambiente o dei diritti umani, allora in genere i media non usano la parola lobby, ma qualcosa tipo ‘il lavoro delle ONG’. Se invece le stesse attività sono svolte dalle organizzazioni di rappresentanza degli industriali o dalle aziende, di solito vengono screditate dai media che le chiamano lobby. Quando in realtà l’attività che fanno è la stessa”.

Dalle parole di Reber capiamo che la diffidenza nei confronti del lobbying, al contrario di quello che generalmente si pensa, non è solo un fatto italiano. La sua cattiva fama è dovuta anche all’associazione di questa attività con il mondo delle aziende e, “peggio”, delle multinazionali. Quando la lobby è abbinata a temi umanitari, subisce un processo di beatificazione e non viene neanche chiamata con il suo nome, per evitare di “sporcare” la reputazione di chi la mette in pratica. Come se le ONG non fossero anche loro tra le realtà i cui interessi sono rappresentati attraverso il lobbying. Qualche esempio mi aiuterà a chiarire il punto.

Le leggi sui sacchetti di plastica o sui reati ambientali sono chiaramente il risultato di un preciso lavoro di rappresentanza degli interessi, ossia di un lavoro di lobbying. Da lobbista e da cittadina, ribadisco che in questo non c’è niente di sbagliato, tanto meno di riprovevole. Allo stesso modo però non è sbagliato né riprovevole rappresentare gli interessi, quindi fare lobbying, per conto di aziende private o multinazionali che pagano le tasse, offrono posti di lavoro, ci assicurano l’esistenza sul mercato di prodotti e servizi di cui ci serviamo e contribuiscono al Pil del Paese. Quindi basta con i due pesi e le due misure.