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Il Dpcm secondo i grandi filosofi

Direttore d'orchestra
Foto Roberto Monaldo / LaPresse
25-10-2020 Roma
Politica
Palazzo Chigi – Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte illustra il nuovo Dpcm con le misure contro l’emergenza Covid-19
Nella foto Giuseppe Conte

Photo Roberto Monaldo / LaPresse 
25-10-2020 Rome (Italy) 
Chigi palace – Press conference of the Prime Minister Giuseppe Conte on the new Prime Minister’s Decree 
In the pic Giuseppe Conte
Foto Roberto Monaldo / LaPresse 25-10-2020 Roma Politica Palazzo Chigi – Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte illustra il nuovo Dpcm con le misure contro l’emergenza Covid-19 Nella foto Giuseppe Conte Photo Roberto Monaldo / LaPresse 25-10-2020 Rome (Italy) Chigi palace – Press conference of the Prime Minister Giuseppe Conte on the new Prime Minister’s Decree In the pic Giuseppe Conte

Premetto che sono d’accordo con le misure, anche le più dure, per sconfiggere il Covid. Però vorrei seguire le seguenti riflessioni.

Di primo acchito direi, ed é completamente intuitivo, che il Covid, in quanto tragedia inaspettata, premia tutti i grandi pessimisti del pensiero e punisce i grandi ottimisti. In questa prospettiva sono premiati il pensiero di Hobbes, di Platone, di Spinoza, di Heidegger, di Parmenide, di Diogene, di Pirrone, di Seneca, di Sartre, di Epicuro, di Rousseau, di Levi Strauss, di Schopenhauer, di Bergson, di Malthus, di Hume, e soprattutto di Foucault, di Derrida, di Adorno, di Horkheimer, di Marcuse, di Popper, e sono penalizzati i grandi ottimisti del pensiero: Hegel, Marx, Croce, Gentile, Kant, Aristotele, Socrate, Eraclito, Fichte, Schelling, Cartesio, Darwin, Voltaire, Diderot, Spencer, Saint Simon, Mill, Owen, Proudhon, Fourier, James, Galileo, Newton, Comte, Bentham.

Il Covid e le sue conseguenze puniscono innanzitutto lo storicismo, l’idea che il mondo sia parte di una retta che ci porta sempre avanti: fino al completo disvelamento dello Spirito, come voleva Hegel, fino alla Società senza classi come voleva Marx, fino all’affermarsi della Ragione come voleva Voltaire, fino ad una miglioramento progressivo ed infinito della specie umana come voleva Darwin, fino ad un miglioramento indefinito delle condizioni dell’uomo attraverso la scienza e la tecnica, come voleva Comte.

Al contrario vince il pensiero negativo, il pensiero per esempio di Adorno, che pone l’accento sul lato negativo del momento dialettico, la critica alla tecnica quale “ragione strumentale” nella quale la promessa dell’illuminismo di eterna emancipazione dell’uomo si é trasformata nel suo opposto, nell’eterno sfruttamento e asservimento dell’uomo, o nel pensiero di Habermas, che ci dice che il mondo va sempre più verso la burocratizzazione, verso il “centro”, verso l’assenza di democrazia, dove le decisioni, giocoforza, possono essere sempre meno condivise, e risiedono sempre più dentro un “centro”: il centro decisionale dei partiti, il centro decisionale dei possessori dei media, il centro decisionale delle grandi multinazionali globali, il centro decisionale dei governi autoritari o pseudo democratici, il centro dei grandi poteri burocratici.

Beninteso, sono processi già esistenti che il Covid ha solo esasperato. Il Covid sancisce la fine del Materialismo dialettico di Marx, che ci garantiva il superamento della società capitalistica attraverso le contraddizioni che il sistema portava con se e che si esplicava nelle sue crisi cicliche. Tale superamento sembra essere oggi una brutta parola, una bestemmia, e non si può che concordare con Cacciari: il sistema capitalistico é divenuto una religione ed é empietà il pensare solo ad un suo superamento. Il Covid, poi, ha almeno temporaneamente escluso ogni possibilità di crescita di un progetto di classe intersoggettivo.

Ma é la fine anche dello storicismo “gentile” di Croce, che prospettava una dialettica guidata dall’intuizione artistica. É anche la fine dello storicismo “brutale” di Gentile, che poneva la finalità della storia nella identità del popolo che si riconosce nella guerra e nella potenza della nazione. Né l’arte né l’identità del popolo- nazione in questo momento possono avere alcuna voce.

È la fine dei cantori della libertà, di Stuart Mill che prospettava una società con intervento statale quasi zero, fatta di individui che espandono liberamente e gioiosamente il proprio “Io”, di Sartre, che, contro ogni oppressione, lottava per un marxismo liberato dalla sua dimensione coercitiva.
Il Covid (e il DPCM) al momento, ci rende tutti non-liberi e comprime o addirittura nullifica il nostro “Io”.

È la fine di August Comte e dei positivisti, che ingenuamente della scienza e della tecnica avevano fatto una religione che avrebbe portato benefici durevoli e inevitabili a ogni essere umano. La scienza, in questa situazione, si é rivelata incapace due volte, tecnicamente impreparata di fronte al virus, e incapace di informare i governi delle misure essenziali e necessarie per far fronte all’emergenza.

È la fine dei pensatori libertari come Giorello e Feyrabend, che avevano fatto della idea della “violazione” della regola, il grimaldello per forzare il progresso. Il concetto stesso di “violazione”oggi é assolutamente bandito.

Ma é anche la fine della virtù come “giusto mezzo” di Aristotele, che riteneva l’uomo un animale sociale. Tra la infinita prudenza e la eccessiva baldanza Aristotele riteneva giusto essere “valorosi”. “Animale sociale”, “valore”, concetti non più applicabili.

È invece la grande vittoria dei pessimisti, degli scettici: la vittoria di Rousseau, e la sua idea che la civiltà porti disastri, l’idea che la civiltà sia viziata da un tarlo originale, fatto di costrizione dell’indole buona dell’uomo, a suo agio nella natura.

È la vittoria di Malthus, che identificava nella sovrappopolazione mondiale la causa del disastro e della miseria. Ed é chiaro che se nel mondo, oggi, ci fossero la metà degli essere umani, il contagio sarebbe stato molto meno probabile.

È la vittoria di Platone, e della sua idea di Stato chiuso, esclusivamente orientato alla difesa di se stesso e autarchico. Uno Stato protetto da una classe di guerrieri insensibili all’arte e alla musica. Indubbio che l’arte e la musica siano stati bannati.

È la vittoria degli Stoici, pessimisti per definizione, di Seneca, di Zenone di Clizio, per i quali il Destino va accettato perché guidato dal Fato, è inutile resistergli, se non con l’atto del suicidio.

É la vittoria di Hume, scettico totale, per il quale la realtà é probabile ma non certa, anzi non si può essere certi che esista nemmeno un Io. Il lockdown infatti ci fa sentire le nostre vite quotidiane come irreali, frutto di un sogno.

Lo stesso sogno di cui parla Schopenhauer, altro vincitore. La realtà è solo rappresentazione, quindi ancora un sogno, qualcosa di cui non possiamo essere certi; possiamo essere certi solo della volontà, la volontà brutale che ci chiama alla procreazione e alla battaglia per la vita, in un gioco senza senso di pura sopravvivenza della specie. Il distacco dal nostro desiderio, l’ascesi, la non volontà é il solo rimedio al non senso della vita, lo stesso che dobbiamo praticare di fronte al non senso di stare chiusi in casa.

È sconfitto invece Nietzsche, e con lui la scelta dionisiaca del “si” alla vita, nel suo diniego totale del senso dell’essere, cioè la “morte di Dio”, che comporta l’accettazione della vita quale ricerca della infinita volontà di potenza. Qui, oggi, possiamo solo perseguire la volontà di impotenza.

È la vittoria di Hobbes, naturalmente, con l’idea dello Stato quale Leviatano e con la vittoria della idea di sicurezza sulla idea di libertà. Anche Spinoza é vincente, perché pur difendendo, sempre, le ragioni della libertà, “sub specie aeternitatis” il bene ed il male non esistono, il mondo segue semplicemente la sua natura. Come il Covid.

Spinoza é vincente anche perché predica la “Unione mistica dell’intelletto umano e quello divino”, per questo é vincente anche Plotino: per lui l’anima deve abbandonare il pensiero razionale e affrontare l’estasi mistica per fondersi con l’Uno. Il pensiero razionale, oggi, lo dobbiamo superare giocoforza.

È sicuramente grande la vittoria di Parmenide, e Severino ne avrebbe dato atto, “l’Essere é, il non-essere non é”, quindi l’essere é eterno, immutabile, immobile, unico. Il movimento e il tempo non esistono, e infatti il Covid e il DPCM ci riportano alla totale assenza di movimento e di senso e sviluppo del tempo.

Grande e unica é anche la vittoria di Heidegger: la filosofia e la storia occidentale, da Platone in avanti, si sono dedicati all’oblio dell’essere, alla ricerca di una verità scientifica-tecnologica in grado di misurare, controllare e utilizzare il mondo, elevando la tecnica al ruolo di Divinità. Viceversa l’essere non si può cercare ossessivamente, ma può essere trovato, tutt’al più, mettendoci in suo ascolto attraverso il “dire poetante”, la poesia. È indubbio che il Covid sia frutto anche dell’eccessivo fare, dell’eccessivo intromettersi nella natura da parte dell’uomo.

Gorgia, il primo grande nichilista, al contrario di Nietzsche, é da considerarsi tra i vincenti: nulla esiste, anche se esistesse sarebbe inconoscibile, anche se conoscibile sarebbe incomunicabile. Tutto il potere sta nella parola, nel “logos”, perché nulla esistendo, posso convincere chiunque di qualsiasi cosa.

Oggi ci rimane solo questo, parlare, e parlando, ormai si può convincere chiunque di qualsiasi cosa. Anche che i vaccini arriveranno presto.