BLOG

Il lobbista e le audizioni

Il lobbista e le audizioni

Il gran rifiuto di John Elkann di aderire all’invito della Commissione Attività produttive della Camera dei Deputati per riferire in audizione sulla crisi di Stellantis ha prodotto un miracolo: tutti i partiti lo hanno definito ‘inaccettabile’. Ma che cosa è un’audizione parlamentare? Con le audizioni, le Commissioni parlamentari possono raccogliere le informazioni o i pareri utili a svolgere la propria attività legislativa e di indirizzo.

Nel caso specifico, la Commissione Attività produttive della Camera, come la Commissione Industria del Senato, stava cercando di approfondire la situazione del settore automotive in Italia. Volevano capirne di più? Allora decidono di convocare le associazioni, le imprese che producono in Italia, esperti del settore…

Il lavoro del lobbista consiste nell’aiutare l’impresa o l’associazione convocata a preparare al meglio il proprio intervento, analizzando ad esempio le posizioni dei membri della Commissione che parteciperanno all’audizione, in modo da essere pronti a rispondere alle domande, o a prevenirle, con dati, fatti ed argomenti coerenti. Ma soprattutto, consiste nel metterle nelle condizioni di esprimere in maniera efficace la propria posizione su una norma esistente o in fase di approvazione, o il proprio punto di vista sulla situazione generale nella quale versa il proprio settore industriale e sui possibili provvedimenti che ne potrebbero sostenere lo sviluppo.

Le audizioni non si svolgono solo in Parlamento, ma anche nei Consigli Regionali o Comunali.

Non sempre, però, le imprese che desiderano far sentire la propria voce sono convocate. In questo caso, il lobbista può aiutarle a preparare la richiesta formale di essere auditi. O può consigliare di non inviare alcuna richiesta, se le motivazioni addotte non gli sembrano adeguate.

Partecipare per molti è davvero importante, tanto che, da qualche tempo, coloro che lo fanno diffondono alla stampa o sui social il loro intervento: un modo per affermare… ho detto la mia!

Anche se non è per tutti così. Più di una volta mi è capitato di lavorare per aziende che anelavano un dialogo con le Istituzioni ma che, al momento della verità (una convocazione ad essere audite, per l’appunto), se la sono data a gambe per la paura. Paura di cosa? Soprattutto del carattere pubblico dell’audizione e dell’esposizione mediatica che esso comporta, della possibilità di vedere politicizzato il proprio intervento, di diventare dei bersagli dei commissari, e così via. Insomma, avrebbero preferito un dialogo meno pubblico, ma non sta a noi scegliere. Spesso, un’azienda pensa di poter ovviare a questo problema accettando la convocazione, ma organizzando il proprio contributo in modo tale da dare enfasi preminente, se non esclusiva, alla presentazione dell’azienda stessa, lasciando in ombra le proprie posizioni sul tema oggetto dell’audizione. Non è una condotta che incoraggio: se ha un senso partecipare al dibattito pubblico e ai procedimenti di formazione degli atti normativi, è proprio quello di portare il punto di vista del proprio comparto produttivo in maniera costruttiva e (solo così) accreditarsi come interlocutore credibile del legislatore in un determinato ambito delle politiche pubbliche. Per dirla in maniera più semplice, non è certo parlando di se stessi che si acquista credibilità.

Possiamo concludere che, se si decide di essere presenti nell’agone istituzionale, non si può decidere come farlo. O si può… tenendo presente che rifiutare il confronto, o ridurlo ad un momento di autopromozione, produce un danno spesso irrecuperabile alla propria credibilità e reputazione. Il lobbista questo lo sa bene, le imprese forse meno.

 

SCOPRI TUTTI GLI AUTORI