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Il senso di appartenenza e una squadra senza allenatore: durerà il governo a guida Meloni?

Giornalista, comunicatore, fondatore di Velocitamedia.it
Il senso di appartenenza e una squadra senza allenatore: durerà il governo a guida Meloni?

Dopo pizzini in favore di telecamere e audio su Putin girati alla stampa e fibrillazioni sulla squadra di governo, Il governo sta conoscendo il proprio happy ending. Ma quale sarà la tenuta della coalizione di Centrodestra? Sarà un governo granitico o soggetto a fibrillazioni? Ne abbiamo parlato con Livio Gigliuto, vicepresidente di Istituto Piepoli, con cui abbiamo affrontato anche un altro tema di una certa importanza: il ruolo dell’opposizione.

“In premessa – afferma Gigliutodobbiamo dire che tra Centrodestra e Centrosinistra c’è un sistema di funzionamento diametralmente opposto. La coalizione che ha vinto le elezioni ha un funzionamento relazionale e di governo che parte dalla consapevolezza di essere un corpo unico da quasi tre decenni. Il governo che sta per nascere ha la stessa, identica composizione del primo governo Berlusconi, quello del 1994. A sinistra, invece, si affannano continuamente alla ricerca di ragioni e conferme per stare insieme”.

Insomma, una discreta differenza in termini di senso di appartenenza. “È il termine più giusto. Gli elettori di Centrodestra ne hanno tanto, sentono che quella è la loro casa, mentre dall’altro lato questo si può definire il grande fallimento non dei diciotto mesi di Enrico Letta, ma degli ultimi trent’anni”. Un aspetto, quindi, che può essere determinante tra i due schieramenti. A conferma di questo aspetto, il fatto che dopo la rottura seguita alle votazioni per il Presidente della Repubblica, a Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia sia stato necessario un periodo di pochi mesi (anche per necessità, naturalmente), per ritrovare l’unità.

Inutile nascondere che, anche considerati i coupe de teatre di questi giorni, la variabile-Berlusconi è quella da tenere più sotto controllo. “Certo. Tutta la fase che ha preceduto l’incarico alla Meloni è stata dura, anche nel Centrodestra. Forse solo in occasione del ‘che fai, mi cacci?’ di Fini si era arrivati a un tale livello di tensione. Diciamo che Berlusconi sa come animare il dibattito interno. Ma c’ un dato: il foglio con i giudizi su Giorgia Meloni resterà negli archivi degli appassionati di comunicazione e di politica. Quello che, invece, resterà nell’archivio di tutti è che questo è il governo che ha impiegato meno giorni a nascere dopo le elezioni. La tenuta è forte, i numeri dicono che lo è. E lo dice, come già detto, anche la storia. Questo è frutto anche della strategia del capo del governo in pectore, che ha scelto di concedere figure di parte più nei ruoli istituzionali che in quelli di governo. L’esecutivo sembra essere più di pacificazione che di assalto”.

Che la data di scadenza sia abbastanza in là sembrano essere convinti anche gli italiani e, ancor di più, gli elettori di Centrodestra. “Tra i primi – spiega Gigliuto -, uno su due ritiene che il governo durerà a lungo. Per chi ha votato la coalizione che ha vinto, invece, questa percentuale sale all’80%”. Come in una partita di calcio, di fronte abbiamo una squadra con lo spogliatoio spaccato, che non sa chi l’allena e i cui giocatori, in campo, giocano ciascuno per sé. “Finché l’opposizione sarà divisa aiuterà il governo”, è l’opinione di Gigliuto. “Anziché parlare solo e soltanto della maggioranza, come l’opposizione dovrebbe fare, impiega tempo, risorse e energie a parlare di sé e dei rapporti interni. Solo negli ultimi giorni, dopo il caso degli audio di Berlusconi, Conte e Letta hanno parlato del Centrodestra. Ma questo tanto a livello nazionale quanto a livello regionale, nel Lazio e in Lombardia. E poi c’è un tema enorme, che ormai a sinistra non possono più far finta di non vedere”.

Il tema di genere, per caso? “Il tema del genere, proprio quello. Dopo aver parlato tanto di parità, il Centrosinistra assiste da spettatore all’incarico a un premier donna di destra, che è stata abile a sfruttare l’opportunità di costruirsi da sola. Dovrebbero chiedersi come mai non riescono a creare le condizioni perché si affermi una donna anche nel campo progressista. I capigruppo donne – chiude il vicepresidente di Istituto Piepoli – sono un merito di Letta, ma sono una scorciatoia”.