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L’amore, la speranza, la tenacia: Sarah Maestri e il suo “Stringimi a te”

Giornalista, comunicatore, fondatore di Velocitamedia.it
L’amore, la speranza, la tenacia: Sarah Maestri e il suo “Stringimi a te”

“Stringimi a te” è un libro di amore e di speranza.

Nelle sue pagine, Sarah Maestri racconta la propria storia di donna single che lascia tutto – finanche la sua avviatissima professione di attrice – per inseguire l’obiettivo: riuscire ad ottenere l’adozione di Alesia, bambina bielorussa incontrata per la prima volta nel giugno 2012, quando aveva poco più di otto anni.

“Stringimi a te”, edito da Garzanti e uscito nello scorso settembre, racconta le tappe che l’hanno portata a ottenere l’adozione, e parallelamente, la complicata costruzione di un rapporto madre/figlia. Lo fa da un doppio punto di vista: quello della mamma, che descrive le peripezie giuridiche e quelle interiori per arrivare all’agognato obiettivo, e quello della bambina, che a ogni fine capitolo ci restituisce alcune righe con i propri sentimenti e le proprie emozioni.

Quella di Sarah è una storia di lotta, una lotta costante, durata anni. Una lotta che nel tempo ha ampliato i propri scopi: pochi giorni fa, Sarah è stata confermata membro della Commissione Servizi alla Persona di Fondazione Cariplo, “che in trent’anni ha realizzato oltre 35mila progetti”.

Una lotta in cui le motivazioni per andare avanti e superare le enormi, continue e improvvise avversità si trovano solo ed esclusivamente nell’amore che si vuole riversare su un’altra persona. Nel sentimento che, a un certo punto della vita, capiamo di voler ribaltare su qualcuno. A Sarah è successo con Alesia, bambina bielorussa che periodicamente arrivava in Italia per trascorrere un po’ di settimane presso alcune famiglie che potessero garantirle tranquillità e aria pulita, a lei che era cresciuta con il rischio incombente delle radiazioni causate dalla tragedia di Chernobyl. Sarah arriverà a trascorrere 3 anni in Bielorussia, dove realizza il documentario “Il mondo fuori da qua” ricevendo prestigiosi riconoscimenti, tra cui l’Airone d’Oro per l’impegno umanitario al Montecatini International Short Film Festival, nell’ottobre 2017.

Quello di Sarah è un sentimento che la travolge così tanto da spingerla a battagliare per ottenere l’adozione della bimba. Secondo molti non potrebbe, essendo una donna single. In realtà, una sentenza della Corte Costituzionale ha aperto una breccia. Con l’aiuto di tanti amici e di un’associazione che organizza trasferte in Bielorussia per facilitare le adozioni, Sarah capisce che il varco di una possibilità c’è. Lo percorre con tenacia, con forza e con enorme sensibilità, fino a riuscire nell’intento. Nel 2019 Alesia diventa Alesia Maestri (“ma le avrei lasciato volentieri il proprio, il passato di ciascuno va rispettato”), mentre lei diventa una delle prime donne single in Italia ad aver adottato.

Il romanzo racconta tutto questo, partendo da un pensiero che l’autrice esprime più volte e che, visto ex post, sembra quasi paradossale: “Una delle poche certezze che avevo – lo scrive nel libro e ce lo ripete anche oggi – era che non volessi diventare madre”. Il suo lavoro – è un’attrice con numerose esperienze ad alti livelli -, gli amici, la propria famiglia la facevano sentire realizzata. E invece…già dal primo appuntamento in aeroporto, capisce che di quella bambina non può più fare a meno. Ne sente la mancanza quando lei ritorna in Bielorussia, per una questione di mera affezione ma anche perché sa che solo adottandola e portandola stabilmente a casa sua potrà darle quell’amore di cui tutti i bimbi hanno necessità.

Sarah, quando e come è nato il tuo bisogno di raccontare la tua esperienza in un libro?

Durante la vicenda e nel corso dei diversi viaggi ho sempre scritto, perché la scrittura per me è liberatoria. Ogni volta che scrivevo, lo scritto prendeva una piega diversa: all’inizio era romantico, poi di inchiesta, di denuncia. La storia è impegnativa, travolgente, con così poco spazio per altre distrazioni. Nel corso di questi anni non ho avuto il tempo di fare nulla. Quando è arrivata Alesia, tante famiglie e persone mi hanno scritto, perché è risaputo che donne single non potessero adottare. Ma non è così. Perciò ho deciso di scrivere una tesi di laurea sull’articolo 44 della legge 184/83, articolo che consente l’adozione in casi particolari. Questa è stata la mia risposta a tutti coloro che mi chiedevano come avessi fatto. Il diritto è del minore ad avere una famiglia, non della famiglia ad avere un figlio. Questo lavoro ha avuto così tanta risonanza, che da Garzanti ho ricevuto la proposta di farne un libro. Per i primi mesi non riuscivo a ripercorrere la vicenda: troppo dolore. Poi, all’improvviso, ho avuto uno sblocco. Scrivere questo libro è stata la cosa più dolorosa che ho fatto.

Quanto è stato difficile trovare la forza per superare i continui e prolungati momenti di distacco?

Non si percepisce la valanga di sentimenti negativi. In realtà era tutto molto doloroso. La forza nasce in risposta a un bisogno evidente e sacrosanto, il diritto per ciascun bambino di avere una famiglia (come recita l’articolo 1 della legge 184/83). È stato frustrante, doloroso e tratti mi ha scatenato rabbia. Più volte mi sono chiesta “perché Dio permette la sofferenza dei bambini?”. Mi sono risposta che non lo so, ma che posso soffrire con loro. E allora parto e vado in Bielorussia, e la forza nasce da una risposta d’amore che vuoi donare a questa bambina. La vita è sempre impertinente, è sempre imprevedibile, se hai il coraggio di viverla. Perciò mi sono trasferita in Bielorussia per 3 anni lasciando lustrini e paillettes, che pure mi avevano reso tanto felice: ma la mia pace l’ho ritrovata lì.

Non mi lascia indifferente che negli ultimi vent’anni si sia registrato un calo del 90% delle adozioni internazionali. E non mi lascia indifferente che oggi ben oltre 3 milioni di bambini vivono nella soglia o sotto la soglia di povertà. Perciò sono felice del ruolo in Fondazione Cariplo. La fondazione è una sorta di antenna che amplifica, moltiplica il bene che una persona sola non potrebbe fare. Il contrasto alla povertà educativa è una cosa che mi rende felice”.

Il messaggio che lanci a chi è in lotta per un’adozione è abbastanza chiaro.

Purtroppo il tempo che ho dovuto impiegare per raggiungere l’obiettivo dell’adozione non è un’estremizzazione. Abbiamo avanzato una pratica internazionale. Quello che ho vissuto lo vivono quotidianamente tutte le coppie che avviano una pratica, ed è per questo che molti sono demoralizzati. Poi ci sono state chiusure di ogni tipo, anche quando sembrava le cose si fossero messe bene. L’adozione è una scelta quasi doverosa, perché rivolgi le tue attenzioni a un bambino che si è visto negare il diritto di crescere nella propria famiglia. Quando ciò non avviene si deve passare all’affido e poi all’adozione. Ma se non trova famiglia e facciamo crollare le adozioni, anche per lungaggini burocratiche, legge 184/83 è l’unica via percorribile per tutelare i più piccoli.

Nel libro affermi spesso la tua mancanza del desiderio di maternità, fino almeno all’incontro con Alesia. Oggi, dopo un po’ di anni, come si è evoluto questo tuo sentimento?

Non è bastato incontrarla per decidere di essere sua madre. Ho cercato qualcuno più idoneo di me, non mi sentivo all’altezza di un ruolo così importante. Ho cominciato questa ricerca, ma evidentemente ero stata scelta io. Quel sentimento di paura che si genera in una madre per il proprio cucciolo io ce l’ho totalmente: stare con lei, crescere con lei. Non è una passeggiata di gioie e sorrisi, ma è complicato. Oggi ho capito che sono la mamma di Alesia, che sono lì per le sue necessità. Oggi vivo l’hic et nunc, accettando l’idea della mia non perfezione e la consapevolezza che i figli devono correre, volare, vivere”.

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