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Lobbying e personal branding

Lobbying e personal branding

Sui social media possiamo pubblicare la formula (vera) della vita eterna e il nostro post riceverà qualche stentato like. Se invece mostriamo un nostro selfie con la faccia da idioti, faremo il pieno di consensi: commenti, cuoricini e faccine come se piovesse. I social, LinkedIn incluso, nascono per far emergere le persone, più che i progetti e le aziende. Questo ci spiega perché si siano diffusi gli esperti, reali o millantati, di una materia degna di ottenere il bonus psichiatra: il personal branding che possiamo tradurre in “fare di sé stessi un marchio”.

Non mi metto qui a commentare, da bacchettona quale sono, la follia collettiva che questa nuova tendenza comporta. Voglio invece mettere in evidenza l’aspetto positivo della faccenda. Questa enfasi sull’individuo rende sempre più importante un lavoro sulla sua credibilità pubblica. Un tempo questo era un grattacapo esclusivo dei professionisti, che potevano contare solo sul proprio nome per acquisire nuovi clienti e mantenere quelli conquistati. Oggi è diventato un problema di tutti coloro che vogliono stare sul mercato e costruire una carriera. Per la video-rubrica di Telos A&S Lobby Non Olet, abbiamo parlato di questo e di molto altro con Germana Barba, co-fondatrice di Public Affairs & Careers.

Germana ha un passato come lobbista per una delle industrie più discusse al mondo: quella del tabacco. Questa posizione l’ha portata a lavorare sulla propria credibilità personale: “fare la lobbista per un’industria come quella del tabacco non è affatto semplice, perché significa operare in un settore che storicamente non ha mai goduto di buona stampa e dove si ha a che fare con interlocutori spesso ostili. Questa difficoltà, però, mi ha fatto capire abbastanza presto che, per poter essere efficace nel mio lavoro, dovevo costruire la mia credibilità sia a livello professionale che a livello personale, studiando molto, questo per essere accettata e riconosciuta dalle mie controparti come qualcuno che apportava valore al confronto. E oggi, dopo qualche anno, sono fermamente convinta che questa sia una delle buone pratiche del lobbying, in qualunque settore”.

Lo studio come vitamina che rafforza la credibilità mi è sembrato un bellissimo messaggio per tutti, non solo per i lobbisti. Certamente, come ricordato prima, i social premiano di più chi si fa i selfie, piuttosto che quelli che si rovinano la vista sulle carte. Ma, alla lunga e a furia di insistere, anche la serietà e il rigore sono apprezzati dagli utenti del web. La Rete ha fame di selfie, ma anche di contenuti. È uno sporco e faticoso lavoro, ma qualcuno lo deve fare.