C’è un tema che mi sta proprio a cuore e riguarda quello dell’integrazione della comunità musulmana (asiatica, araba e africana) della piccola cittadina di Monfalcone che dista a pochi chilometri dal mio. Più volte questa comunità è stata al centro dell’attenzione mediatica nazionale perché Monfalcone ha un primato: la più alta percentuale di stranieri (il 30%) rispetto alla media nazionale (9,2%).
Per capirci, nemmeno la città più cosmopolita e multiculturale italiana (Milano) ha una percentuale così alta dato che si attesta al 19,2%.
A Monfalcone la comunità musulmana asiatica, araba e africana è altissima (ovviamente non la sola) perché è significativa manovalanza di un reticolato di subappalti necessari alla produzione navale della grande e imperante Fincantieri, che ha anche altri stabilimenti in Italia (a Genova ad esempio che attesta la popolazione straniera al 10,3% o Ancora al’8,9%) ma, di fatto, il focus attrattivo – produttivo e lavorativo è in Friuli Venezia Giulia, vicino poi alla sede centrale degli uffici di Trieste.
Non è da tanti anni che il problema dell’integrazione in questa piccola cittadina è deflagrato. Solo con l’insediamento nel 2016 di una Sindaca leghista, on. Anna Maria Cisint (oggi neoparlamentare europea), è stato dato un nome al caso che fino a prima era comunemente definito “risorsa” del territorio necessaria a sfamare quel bisogno di manodopera che a catena alimenta un indotto milionario provinciale e regionale.
L’allora Sindaca però ci aveva visto giusto e ad attestarne è stato oggettivamente il plebiscito cittadino che, confermandola con numeri straordinari nel 2022 nel suo secondo mandato, ha confermato che quella presenza straniera, sempre maggiore e crescente, da “risorsa” era diventata, appunto, un “problema” che poi si articola in tanti aspetti del vivere comune: gli spazi della preghiera, il coprire il volto delle donne con il velo, i matrimoni combinati delle bambine, l’accesso alle spiagge e tutti quei dettami delle leggi religiose/civili musulmane che mal si conciliano con le abitudini e leggi italiane.
L’ultimo caso problematico accorso, ma solo in ordine di tempo, è stata la recente celebrazione, svolta e autorizzata dal parroco locale, nell’area adiacente alla Chiesa della Marcelliana, chiesa di riferimento del quartiere di Panzano a sud di Monfalcone, che ha radunato quattromila preganti ove qualcuno dei presenti ha pensato bene di nascondere con un telo la statua di Gesù ivi presente tra l’altro attorniata da decine e decine di scarpe abbandonate dai presenti.
Apriti cielo: la destra locale ha duramente condannato l’accaduto, la sinistra ha balbettato qualcosa, i rappresentanti della comunità musulmana hanno porto le loro scuse, accettate dal parroco, ricordando il rispetto per la figura di Gesù dai loro testi sacri citato come profeta.
I fatti, comunque la si pensi, parlano chiaro: quando i numeri della comunità straniera superano una certa percentuale la convivenza si fa difficile. Ma anche l’integrazione (valore conviviale ancora maggiore) perché la minoranza, non percependosi più come tale, non è spronata ad amalgamarsi verso una maggioranza che, a questo punto, viene considerata alla pari e quindi ognuna di uguali ragioni. E questo è un problema di ogni genere a grado perché coinvolge il vivere comune, le regole civili, la lingua di un Paese come è l’Italia ove la sua forza e rettitudine delle proprie libertà fondamentali diventano così la propria debolezza perché cavalcate per fini difformi. Distorte, eluse.
La libertà religiosa, ad esempio, non afferisce dunque più alla consacrazione costituzionale di uno stato dal credo libero (compreso il non credo) ma quale strumento per veicolare tradizioni difformi ad altre leggi di convivenza. Come anche la sottomissione femminile e tutti quei desideri, neppure troppo celati, di proseguire quel vivere del proprio paese di provenienza anche se inconciliabile e la cui inconciliabilità viene risolta con la banale e sufficiente sopraffazione. In violazione di leggi, usi e abitudini che, ricordiamolo, sono tutte fonti del diritto italiano e non solo piaggerie o vezzi.
Un cordone ombelicale mai reciso e mai recidibile con la propria terra di origine che avrebbe anche un sapore romantico, nostalgico, di eredità e cura se non fosse che, se così risolto, diventa un enorme problema di legalità, convivenza e integrazione.
Tornando al caso della Chiesa della Marcelliana, quel Gesù coperto andava rispettato non perché profeta nei testi musulmani, o non prioritariamente per quello, ma perché pregato dai cristiani in uno Stato che sì conferisce a tutti la libertà religiosa ma del pari la pretende da tutti.
Passino i diritti, ma i doveri?
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