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Palamara ha scoperchiato la cloaca della magistratura, ma dalla Ue arriva un silenzio assordante

Palamara ha scoperchiato la cloaca della magistratura, ma dalla Ue arriva un silenzio assordante

Luca Palamara sembra non avere affatto la vocazione del capro espiatorio. E lo ha dimostrato con la pubblicazione del libro intervista, a firma di Alessandro Sallusti, dal titolo “Il Sistema – Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana”. Spiegando perché quello che gli viene ora addebitato non è altro che la prassi, e da decenni, di pezzi dirigenti della magistratura, che Piero Sansonetti chiama “magistratura deviata”. Oltre che di chi lo ha preceduto nella funzione di Presidente dell’ANM, il potentissimo sindacato della magistratura, e sui banchi del Consiglio Superiore della Magistratura, governato di fatto da quello che altro non è che un sindacato o una corporazione.

Vedo già alcuni cominciare ad arrampicarsi sugli specchi, provando a difendere l’indifendibile. Dicendo ad esempio che Palamara non fa altro che difendersi dal processo fuori del processo. Io invece dico bravo a Palamara, per questo libro-intervista a Sallusti. Che, in attesa di un giusto processo, non toglie in nulla le sue responsabilità morali. Per le quale fu già pubblicamente stigmatizzato in modo che più duro non poteva, oltre un decennio fa, da Francesco Cossiga. Sono anche convinto che questo libro faccia parte della sua difesa, e che non avrà detto davvero tutto quello che sa. Come sono convinto che, se non fosse un magistrato detentore di chissà quali altri segreti, non gli sarebbe mai stato permesso di partecipare a tanti dibattiti mediatici, da indagato, e di pubblicare persino un libro su fatti relativi al suo processo in corso.

Perché sono convinto che a un comune mortale sarebbero state immediatamente applicate le misure cautelari per «rischio di inquinamento probatorio». Ma bene ha comunque fatto Palamara a parlare pubblicamente e, pur non avendo alcuna certezza del suo sincero pentimento, mi chiedo perché si debba credere a tanti cosiddetti “pentiti” di mafia, le cui parole per troppi giornalai nazionali sono state sempre considerate oro colato, anche quando non lo erano, e non si debba dare credito a chi ha rappresentato per anni, nei fatti, il potere giudiziario, conoscendone i segreti più indicibili.

E soprattutto abituato a pesare ogni parola che, sono certo, é pure in grado di documentare e provare. Ora mi aspetto che la disastrata politica nazionale trovi il coraggio e la capacità, prima di mettere mano ad una seria riforma della giustizia, di costituire una Commissione parlamentare d’inchiesta sul funzionamento della magistratura negli ultimi trent’anni (anche se qualcuno parla, non so perché, solo di vent’anni). Il Parlamento, rappresentante del popolo sovrano, deve fare chiarezza su quella che Sansonetti chiama “magistratura deviata”, e che io non esito a definire, anche per esperienza diretta sul campo, una vergogna assoluta del nostro Paese e cancro della nostra democrazia. Che non rende nessun onore ai tanti magistrati per bene (e ne conosco!) che pensano esattamente la stessa cosa. Ma che, da soli, non avranno mai alcuna voce in capitolo. Di fronte al funzionamento infernale dell’Associazione Nazionale Magistrati, spiegato nel dettaglio da Palamara, e che il Presidente Cossiga definiva pubblicamente “associazione sovversiva e di stampo mafioso”.

Così come di fronte alle ragioni, spiegate nel dettaglio e documentate, oltre un decennio fa dal giornalista de l’Espresso Stefano Livadiotti (nel libro “Magistrati, Ultracasta”), per le quali non si possa sperare che sia la magistratura a riformare sé stessa. La riforma deve essere fatta infatti dal popolo sovrano, a mezzo dei suoi rappresentanti al Parlamento. Ma nel mio grande pessimismo circa la capacità e la volontà dell’attuale classe politica di mettere mano a quella che dovrebbe essere la madre di tutte le riforme nazionali, trovo scandaloso anche il silenzio assordante dell’Unione Europea. Io resto un europeista convinto. Ma mi chiedo cosa aspetti ancora l’Unione Europea ad aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per quanto, dopo la cloaca infetta scoperchiata da Palamara, neppure i ciechi sordi hanno più scuse per fare finta di non vedere e sentire.

La stessa Unione Europea che si è invece giustamente mossa, rapidamente e senza remore, contro l‘Ungheria e la Polonia. Paesi che avrebbero ben ragione di sentirsi discriminati di fronte alla tiepida, se non assente, reazione di Parlamento europeo e Commissione di fronte alla vergogna emersa dal caso Palamara. Punta dell’iceberg di un problema che non si può continuare a non vedere. Nemmeno quando diluito nel sangue di tanti magistrati eroi e martiri che, magari, prima che le loro foto finissero incorniciate negli uffici di tanti sepolcri imbiancati, erano stati vittime essi stessi di quello stesso sistema oggi denunciato da Palamara, che ne è stato per anni lo zar.

Il nome di Giovanni Falcone dovrebbe bastare, per chi ne conosce davvero la storia. E questa mia domanda la pongo, provocatoriamente, chiedendo di farsi avanti a chi fosse capace di dimostrarmi che non ci sono le condizioni per procedere contro l’Italia, a causa di questi pezzi della magistratura deviata denunciati prima da Cossiga ed ora da un ex presidente dell’ANM e membro del CSM, per palese violazione dello stato di diritto nel nostro paese. Allo stesso modo sfido anche qualsiasi magistrato, politico, avvocato o dirigente della polizia giudiziaria dotato di un minimo di onestà intellettuale ad avere il coraggio di smentire quanto detto pubblicamente in questo recente video di Piero Sansonetti sulla “magistratura deviata”.

Oltre che giornalmente su Il Riformista. Io lo attendo. Penso che, considerata la situazione incancrenita, solo dopo un energico intervento dell’Ue o del Consiglio d’Europa la politica italiana, indipendentemente dallo schieramento, potrà sentirsi obbligata, pur senza averne né il coraggio né la capacità, a fermare il Frankestein che ha cannibalizzando la vita democratica del nostro paese. Assieme a quella di milioni di presunti colpevoli. Ma anche oltraggiato e frustrato tantissimi magistrati gentildonne e gentiluomini che, anche se privi qualunque potere effettivo contro i mandarini della casta, svolgono giornalmente il loro lavoro da autentici eroi.

In un paese che si chiama Italia. E che non ha quindi la fortuna di non averne bisogno, come ricordava Bertold Brecht. Concludo pensando alla stampa. Che, assieme alla politica, è stato il complice principale – per azioni ed omissioni – di questa deriva. E mi chiedo se sia mai possibile che ci siano solo Sansonetti, Sallusti e pochissimi altri giornalisti a denunciare così chiaramente questo schifo assoluto, che è diventato un cancro che affligge da decenni il nostro Paese. Come già ricordato ai tanti che continuano a far finta di cadere dal pero, le stesse cose, prima di Sansonetti e Sallusti, le denunciava tre lustri fa un presidente della Repubblica emerito.

Con quale coraggio quindi, ancora così tanti “addetti ai lavori”, della stampa, della politica e delle istituzioni fanno finta di non vedere o si girano dall’altra parte turandosi il naso, sino a che la materia melmosa contenuta nella cloaca scoperchiata da Palamara non si riversi sulle loro persone? Il libro di Palamara resta l’ultimo appello per chi si è sinora arrampicato sugli specchi del “non sapevo, e non immaginavo”. Consiglio quindi loro, ed ai troppi grilli parlanti (o travaglianti) del giustizialismo anche mediatico nostrano, di leggerselo, di riflettere e, se addetti ai lavori che “non potevano non sapere”, di vergognarsi e chiedere scusa al Paese ed alle loro famiglie. Per essere stati complici di questa cancrena istituzionale.