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“Sei una donna con le palle” è un errore da penna rossa e non rosa!

Giornalista
“Sei una donna con le palle” è un errore da penna rossa e non rosa!

 

Sei una donna con le palle”.
O, se fossimo giù al bar della piazzetta: “Sei una freghina con i controcoglioni”.

Innumerevoli volte mi sono sentita rivolgere questa frase in segno di riconoscimento e apprezzamento delle mie qualità, sia personali sia professionali. E altrettante ne sono rimasta più turbata che grata. La falsa credenza che il sesso sia il parametro di valutazione delle capacità di un individuo reca come conseguenza il fatto che molte donne realmente pensino che per essere accolte in una dinamica di potere debbano passare attraverso un processo di assimilazione al costrutto sociale del maschile.

Della serie, cerchi il rispetto di un uomo? Comportati come lo fossi. Non a caso, sempre più spesso accade che tante donne ambiziose, pur di fare carriera, se non disposte a sedurre un uomo, si facciano in quattro per diventare la sua fotocopia. E ne risultano persino peggio, altro che solidarietà femminile. Ma l’emancipazione non si raggiunge con il successo della singola donna all’interno del sistema patriarcale, bensì sradicandolo.

Come? Partendo dal linguaggio, per esempio. Da sempre l’arma civile più tagliente. Invece di incaponirci sulla *a dei nostri ruoli (la sindaca, la direttrice d’orchestra, la presidente del Consiglio) battiamoci affinché vengano a fondo compresi e formalmente dichiarati. Mi spiego meglio. Mi sarei volentieri risparmiata due lauree e un’iscrizione all’ordine professionale se avessi immaginato che sarei stata comunque chiamata signorina. Al massimo, signora quando fallisco a nascondere il naso storto dinnanzi a quell’insensato diminutivo. Per non parlare de la ragazza (della porta accanto?) o di dottoressa… sì, dei cuori infranti. E meno male che non sono avvocato, delle cause perse!

La verità è che il registro lessicale conta eccome, ma lo fa nella misura in cui della parola si predilige la sostanza a scapito della forma. È per questo che detesto espressioni come quote rosa o imprenditoria femminile quasi quanto odio resilienza o sostenibilità, perché vogliono dire tutto senza dire un bel niente.

Insomma, urge promuovere una rivoluzione culturale che affondi le sue radici in un unico concetto, ben diverso da ciò che si ha in mezzo alle gambe: la competenza. Che si può davvero dimostrare solo partendo da una condizione di pari opportunità. Ed è su questo campo che si gioca la partita. Le due squadre in gara, però, non sono l’uomo e la donna.

Il testa a testa è tra saggezza e idiozia.

Auguri a tutte!