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Tutti dentro, tutti contro: lo strano caso del governo Draghi, tra politics e policy

Giornalista, comunicatore, fondatore di Velocitamedia.it
Giuramento
Giuramento

Tutti dentro e tutti contro. Capita anche questo, in Italia.

Lo scontro tra politics e policy, che spesso resta teorico e su carta, si concretizza con la nascita del governo di Mario Draghi.

Da un lato, i sondaggi restituiscono percentuali elevatissime di gradimento circa la nascita del nuovo esecutivo. La ricerca condotta da Istituto Piepoli per Repubblica, e pubblicata ieri mattina, parla molto chiaro. L’85% dei cittadini intervistati ha gradito molto/abbastanza la scelta di Mattarella. Tra gli elettori di centrodestra, la percentuale arriva all’88%, tra quelli di centrosinistra al 92%. Mentre tra gli elettori del M5S si ferma all’82%.

La fiducia nella persona, invece, è leggermente più bassa, ma in ogni caso raggiunge il 72% (centrosinistra 85%, centrodestra 70%, M5S 69%).

Numeri altissimi, che confermano l’autorevolezza del personaggio, un non politico che forse ha saputo prendere scelte politiche meglio di qualunque esponente politico.

Dall’altro lato, invece, una panoramica anche veloce dei social mostra una elevata polarizzazione all’interno dell’elettorato. Un fenomeno che non esiste da ieri, e che comunque non potevamo immaginare sparisse in questa circostanza. Dunque, restano i grillini che urlano contro la Carfagna e contro Brunetta. Si leggono i leghisti scontenti della conferma di Di Maio agli Esteri. Alzano la voce le donne del Pd, escluse dal valzer dei dicasteri. Replicano quelli di Italia Viva agli elettori del M5S a cui non sono propriamente simpatici.

Partiti che sono, per l’appunto, tutti dentro la maggioranza che sostiene il governo Draghi.

Ma che, allo stesso tempo, sono tutti contro. É, come detto, lo scontro tra politics e policy. I partiti hanno tutti, chi più, chi meno, abituato i cittadini alla politics, cioè a clima e toni da campagna elettorale permanente. Ipervisibilità, percepito che finisce col plasmare il reale, esasperazione della logica amico/nemico di Carl Schmitt. E ancora: passaggio nel campo del marketing politico, battaglia tra differenti narrazioni. Un concetto, quest’ultimo, introdotto da Luigi Di Gregorio nel suo “Demopatia. Sintomi, diagnosi e terapie del malessere democratico” (Rubettino, 2019).

A un certo punto, invece, i partiti decidono di passare sul versante della policy, cioé delle politiche pubbliche e della (ri)scrittura di norme che regolano la vita pubblica. Ed ecco che, d’incanto, si passa ai toni concilianti (su tutti: Salvini che invita la Boldrini per un caffè), da negoziazione permanente, alla battaglia non più tra le narrazioni ma tra i dati e sulla realpolitik.

Atmosfera ovattata e tendenza alla invisibilità mediatica, almeno per la componente “tecnica” del governo.

Quella dei partiti e dei rispettivi sostenitori dei partiti, invece, rischia di essere inchiodata al consenso, al conflitto e al clima da campagna elettorale permanente.