Per una bandiera assoluta, Paolo Maldini, che non abiterà più nella casa che l’ha visto nascere, crescere e vincere tutto ciò che era possibile, ce ne è un’altra – Lionel Messi – ormai pronta a fare le valigie per inseguire un nuovo sogno americano.
In questo inizio di mercato estivo, il calcio europeo racconta due storie completamente differenti, ma che in qualche modo hanno a che fare con una disciplina che al romanticismo d’un tempo non può oggi che anteporre, o quantomeno mescolare, altrettanto importanti logiche economiche e aziendali figlie d’un tempo nemico della lacrimuccia facile.

La prima è quella di un Maldini più o meno gentilmente accompagnato alla porta del Diavolo come primo atto dell’atteso rilancio del club rossonero al termine di una stagione il cui esito non è evidentemente stato all’altezza delle aspettative. Indiscrezioni e motivazioni si sprecano, con ricostruzioni più o meno aderenti a una realtà altrimenti conosciuta soltanto dai diretti protagonisti. Di certo, il presidente Paolo Scaroni qualche indicazione l’ha pur offerta alla platea, individuando nella volontà del club – che da meno di un anno fa capo alla RedBird Capital Partners dell’imprenditore Gerry Cardinale – di introdurre un modello di gestione collegiale il punto nevralgico dell’intera vicenda. Ancorché già in precedenza qualche spiffero qua e là avesse lasciato intendere che il matrimonio scricchiolasse un tantino, è del 6 giugno uno stringato comunicato con il quale la società conferma le indiscrezioni, indicando nel giorno precedente la fine del rapporto tra le parti.

Dopo il ringraziamento di rito per la vittoria dello scudetto e il ritorno in Champions League, ecco il passaggio attorno al quale ruota il succo di questa storia che, come tante altre, non porta con sé un fiabesco lieto fine. Quelle che fino a pochi giorni or sono erano le responsabilità dell’ex difensore «saranno assegnate a un gruppo di lavoro integrato che opererà in stretto contatto con il coach della prima squadra, riportando direttamente all’amministratore delegato», una formula sibillina, ma al contempo esaustiva, dietro alla quale si celano le motivazioni dell’allontanamento dell’ormai ex direttore dell’area sportiva milanista.

A prescindere dai retroscena, il binomio Milan-Maldini sulla carta si ferma qui, mentre rimarrà per sempre vivo nel cuore dei suoi tifosi. Alle spalle, incancellabile, c’è la storia calcistica di un uomo che al termine delle giovanili rossonere (1978-1983), ha da lì in poi sempre giocato a San Siro fino al ritiro del 2009 e dopo 902 partite ufficiali disputate con gli stessi, identici, colori addosso. Un record ineguagliabile, il suo, con il secondo della lista, Franco Baresi, fermo a distanza siderale. Rientrato come dirigente nel 2018, per il capitano l’anno successivo scattò il subentro al dimissionario Leonardo, con la qualificazione in Champions prima e il tricolore 2021-2022 poi evidentemente non più sufficienti per la sua permanenza dietro la scrivania.

Per un Maldini costretto a fare i bagagli, c’è invece un Messi che i bagagli ha deciso di farli sua sponte, strizzando l’occhio alla serenità della Florida piuttosto che virare verso un clamoroso, quanto difficilissimo, rientro a Barcellona. Tornare alla base dopo il biennio passato all’ombra della Torre Eiffel, in effetti, avrebbe significato stravolgere i piani della società blaugrana, ancorché alcuni tentativi perché ciò potesse accadere siano effettivamente stati fatti.

La Pulce, che nella capitale della Catalogna ha vissuto ininterrottamente dal suo sbarco in Europa nel 2000 fino al 2021, dell’orgoglio catalano era diventato un vero e proprio simbolo, sportivo e non. Volti e colori legati a filo doppio, con il burrascoso distacco di due anni fa a pesare, e molto, nella scelta del giocatore argentino di puntare la rotta verso gli Usa, sponda Inter Miami. Niente Camp Nou per lui, nessun’altra destinazione europea né, tantomeno, la scelta di cedere ai richiami della pur ricchissima penisola araba per chiudere una carriera davvero stellare.

Niente di tutto questo, insomma, per il protagonista del Mondiale del Qatar che, stretto nelle mani anche il più prestigioso trofeo del mondo del pallone, a un passo dai 36 anni (li compirà il prossimo 24 giugno) giocherà dunque nella Major League Soccer, vale a dire il massimo campionato di calcio di Stati Uniti e Canada. A Miami troverà ad accoglierlo David Beckham, co-proprietario di una società che, tassello dopo tassello, si sta facendo spazio nel panorama calcistico americano.

Ai dettagli dell’operazione si penserà dopo, con curiosi e appassionati che attendono di sapere tutto ciò che quest’affare porterà con sé per farne argomento di conversazione in attesa che l’Europa del calcio assegni il suo ultimo trofeo. Ancora due giorni d’attesa, poi sarà il mercato a dominare la scena, un palcoscenico che Messi ha deciso di abbandonare per ammirare Cuba dall’altra parte del mare.

Alberto Gafurri

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