Le parole della premier: "Non parlo con la stampa italiana"
Campo largo fuorionda, da Ruotolo a Calenda e Bonelli la polemichetta sulla battuta di Meloni è un autogol formidabile
La sinistra, ad eccezione di Picierno, monta un polverone
Il campo largo dimostra di non essere messo troppo bene se nel giorno in cui l’Italia rafforza il suo peso internazionale, i leader del centrosinistra decidono di buttarsi sulla polemichetta da spiaggia. E mentre le opposizioni europee entrano nel merito della soluzione indicata dal tavolo della Casa Bianca, noi finiamo per dare guazza a un episodio di colore. Un “fuorionda” captato dalle telecamere della Casa Bianca. Una battuta della premier, rivolta in tono leggero al presidente finlandese Alexander Stubb, trasformata in grimaldello politico. «A lui piace, gli piace sempre ricevere domande. Io invece non voglio mai parlare con la stampa italiana», ha sussurrato Meloni con un sorriso, poco dopo che Trump aveva aperto la conferenza invitando i cronisti a porre quesiti.
Campo largo fuorionda
Frasi minime, quasi impercettibili, subito gonfiate in Italia in un mantra polemico: “Meloni odia la stampa, Meloni è autoritaria, Meloni è allergica alla democrazia”. Forse il focus su cui le opposizioni avrebbero dovuto indicare la loro posizione era un altro, ma pazienza. Come insegnano i nonni, si cucina con quello che c’è in casa. E allora eccoli, da Ruotolo a Bonelli, da Fratoianni a Calenda, fino a Iv e +Europa, l’intero arco del campo largo che prende il “fuorionda” come prova regina dell’atteggiamento ostile della premier verso i giornalisti. Fuochi d’artificio: Sandro Ruotolo ha parlato di «idea debole e autoritaria di democrazia». Bonelli ha denunciato «la sottrazione al ruolo che i cronisti svolgono in ogni sistema libero». Calenda, su X, ha scritto: «Un leader non ha paura della stampa». A cascata, le accuse: Barbara Floridia del M5S ha evocato «una comunicazione di stampo propagandistico»; Silvia Fregolent di Iv ha parlato di «premier che scappa dai cittadini»; Riccardo Magi ha assegnato a Meloni «l’Oscar come peggiore protagonista».
Picierno fuori dal coro
Eppure, nel mare delle polemiche agostane, per loro natura leggere, si registra anche una voce dissonante, capace di introdurre un elemento di realismo. Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo e figura di peso del Pd, fa notare che l’Europa «sta impedendo una nuova Monaco» e che la presenza italiana tra i “volenterosi” è «un’ottima notizia». Parole che valgono a Picierno la palma d’oro della realpolitik: la capacità di riconoscere, pur stando all’opposizione, che l’Italia a guida Meloni non è marginale ma protagonista nei dossier che contano, a partire dal sostegno all’Ucraina.
L’opposizione si ferma alla battuta…
Il paradosso è evidente: mentre Meloni stringe la mano a Trump e trova ascolto a Washington, in Italia il fronte progressista preferisce ridurre la portata di un vertice decisivo per la sicurezza europea a un microfono che ha colto una battuta. Non è la prima volta che l’opposizione imbocca questa scorciatoia. Il M5S spinge ancora più in là la critica, con toni durissimi. «Sapete chi pagherà 100 miliardi di euro di armi per l’Ucraina? Noi europei. Sapete chi venderà e incasserà? Gli Stati Uniti. Sapete chi pagherà 250 miliardi di dollari per l’energia? Noi europei. Sapete chi incasserà? Gli Stati Uniti. Io non so se sia mai esistita nella storia una classe politica europea più vile, inadeguata, impresentabile di questa», scrive Riccardo Ricciardi, capogruppo 5 Stelle alla Camera. Certo, Meloni non ha mai nascosto un rapporto problematico con la stampa italiana, spesso pregiudizialmente ostile. Ha privilegiato i canali diretti, dai social ai monologhi, scavalcando il contraddittorio. Ma ridurre a quella battuta tutta l’efficacia della sua iniziativa sull’Ucraina è un autogol formidabile.
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