Lo stato del mondo è pessimo, imprevedibile e dunque pericolosissimo, avverte Foreign Affairs Magazine. La prestigiosa rivista indica la metastasi maggiore: quella che cancella la relazione fra capitalismo e democrazia. Si può essere miliardari in una dittatura comunista come la Cina, o soffrire le crescenti diseguaglianze nelle antiche democrazie europee. Le antiche illusioni che separavano i Paesi liberi che creano ricchezza da quelli autoritari impallidisce e bisogna tornare con i piedi per terra.

Prova ne sia che il premier indiano Narendra Modi è in arrivo trionfale alla Casa Bianca dove lo aspetta una cena formale del genere riservato ai veri amici, mentre il Congresso è pronto ad ascoltarlo. Benché sia ormai uno dei tanti “uomini forti” che usano più il bastone che le urne. Eppure, è ospite d’onore dello stesso Biden che ha dato del dittatore – in modo particolarmente sprezzante – al Presidente cinese, proprio mentre il suo Segretario di Stato, Anthony Blinken, era a Pechino per rammendare un precedente strappo diplomatico. Modi non è molto più democratico di Xi Jinping, ma ha altre benemerenze.

La prima è che ha trasformato l’India nella più grande “stazione di servizio” del pianeta comprando sottocosto petrolio russo e rivendendolo raffinato: il mondo fa la fila davanti alle sue pompe e questo la rende importante, ma gli Usa vedono nell’India di Modi l’anello debole della catena dei BRICS, (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) uniti solo per abbattere l’unipolarismo americano e il dollaro come moneta unica del business, ma in meno di un anno in disaccordo su tutto.

Quando Vladimir Putin si presentò al primo summit dei Brics dopo aver invaso l’Ucraina, si aspettava solidarietà. Incassò invece soltanto freddezza e allarme. Intanto Cina e India seguitano ad azzuffarsi lungo la comune frontiera e Putin è furioso per le accoglienze trionfali che Xi Jinping ha riservato al presidente francese Macron che segue la linea gollista di un’Europa dall’Atlantico agli Urali, catturando la Russia bianca. Un evento del genere potrebbe avvenire nel caso in cui Putin fosse rovesciato da una opposizione filoeuropea, lascando campo libero alla Cina sulla Russia asiatica.

Le probabilità che ciò accada a breve sono poche, ma costituirebbero la fine dell’impero per cui Putin è pronto ad usare l’atomica. Per ora è la Cina a far sentire il peso della propria crisi economica che è anche demografica per gli effetti della politica di un solo figlio voluta da Mao. La Cina, in preda a una vera crisi di panico, ha reagito lanciando una campagna diplomatica verso l’Occidente europeo cercando di approfondire il solco fra Europa e Stati Uniti e la Francia sembra stare al gioco cinese. Questo è lo scenario su cui agisce un meccanismo diabolico e imprevedibile, come dimostrano le rampe atomiche dispiegate in Bielorussia e già in posizione di lancio.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.