Caro Marco Pannella, ti ho sognato o forse eri proprio tu…

Ciao Marco, come va? Lo sapevo che mi saresti apparso in sogno, questa notte. Come dici? Non è un sogno? È un ennesimo declinare del tuo “spes contra spem”? E sia. La puzza che chiami “aroma” di quel tuo pestilenziale sigaro in effetti è ben reale: segno che anche “altrove” qualche brutta abitudine sopravvive… Qui da noi, come sai, le cose vanno come vanno. Vedi? Giungono a sintesi tutte le cose che per una vita hai sollevato e indicato. Anche quelli che sembrano giochetti di parole. Sollecitati dalla pandemia e dai suoi disastrosi effetti, li senti tutti che parlano di “unità”? Viene da pensare a quel lontano marzo del 1959, quando “duellasti” con il “Migliore”, Palmiro Togliatti, dalle colonne del Paese. Lui che propone l’unità delle forze laiche; e tu gli opponi “l’unione laica delle forze”. Un bel dibattito, un aspro confronto, e non solo tra voi due. Anche oggi, passati sessant’anni, tocca spiegare la fondamentale differenza tra “unità” e “unione”; come la prima sia la mortificazione della democrazia, e la seconda il suo “sale”.

Lo so: “profeta” non ti piace; allora dico che sei stato un “visionario” pragmatico e concreto, quando negli anni ‘90, scrivi quel “Manifesto contro lo sterminio per fame nel mondo”, poi sottoscritto da centinaia di premi Nobel: non è un generico appello alle coscienze, di quelli ce ne sono migliaia; è piuttosto l’unico documento politico nel suo genere, dove si prefigura quello che oggi accade; e soprattutto si offrono soluzioni e proposte operative concrete. Non ha perso nulla della sua drammatica urgenza e attualità, quel documento; anche oggi, come allora, lo ignorano: volutamente, dolosamente. Scandalosamente. Penso poi a quel: “Per il diritto alla vita, per la vita al diritto”; e a “Dove c’è strage di diritto c’è strage di persone e popoli”. È quello che accade oggi. Ricordi? Nella famosa prefazione ad Undergound: a pugno chiuso che Pier Paolo Pasolini a suo tempo definì “manifesto del radicalismo italiano”, a un certo punto scrivi del fascismo degli antifascisti; hai l’ardire di fare una lunga lista di nomi: «…Sono i Moro, i Fanfani, i Rumor, i Colombo, i Pastore, i Grochi, i Segni e – perché no? – i Tanassi, i Cariglia, e magari i Saragat, i La Malfa…». Bisogna avere i capelli bianchi per ricordare quei nomi, e i volti a cui corrispondono quei nomi. Però anche oggi – legittimamente – si può fare lo stesso ragionamento, la situazione non si è evoluta, anzi; basta sostituire quei nomi a quelli degli attuali inquilini nei vari “palazzi” dei poteri istituzionali o reali che siano.

Avevi ragione quando parlavi di giustizia, diritto, carcere; quando come un ossesso ripetevi: diritto umano e civile alla conoscenza; al sapere.
Solo in una cosa, ti sei sbagliato: ricordi? Dicevi che da vivo ti trattavano come se tu fossi morto; e prevedevi che da morto ti avrebbero trattato come tu fossi vivo. Qui, sì sei caduto in errore: da morto ti trattano come se tu non sia mai esistito. Cancellato. Rimosso. Segno che sei ancora pericoloso. Un trattamento comune, tutti “soffittizzati”: una buona e numerosa compagnia: Gaetano Salvemini, Ernesto Rossi, Mario Pannunzio, Altiero Spinelli, Ignazio Silone, Nicola Chiaromonte, Piero Calamandrei, Pier Paolo Pasolini, Leonardo Sciascia, Enzo Tortora, e sai quanti altri ne posso citare: tutti – per dirla con Salvemini – «pazzi malinconici».

Tutti trattati da morti quando erano in vita; tutti messi in “soffitta” una volta morti; al massimo esibiti con “medaglioni” di mediocre “colore”, in occasione di qualche anniversario. Tu, con in più lo sfregio di sentirti dire ancora oggi che da dio Crono hai divorato i tuoi “figli”, mentre sono loro che si sono cibati della tua carne… Si è fatta l’alba, Marco. È ora che tu vada. Torna presto. Come dici? Non sei mai andato via, siamo noi che non ti vediamo? Può essere. Anzi, è senz’altro così. Anche noi, forse, un po’, senza volerlo, ti abbiamo “soffittizzato”. Però tu ogni tanto un colpo battilo ugualmente…