Giustizia
90 anni di Pannella, il nuovo direttore del Dap Petralia intervenga su sovraffollamento
“Non mi batto per il detenuto eccellente, ma per la tutela della vita del diritto nei confronti del detenuto ignoto, alla vita del diritto per il diritto alla vita”, diceva Marco Pannella, che oggi avrebbe compiuto 90 anni. Pannella, combattente fino all’ultimo respiro in difesa dei diritti civili, ci ha insegnato quanto sia facile per un Paese passare dalle teorie della giustizia giusta alle interpretazioni di una giustizia giustizialista e manettara. Caro Pannella, la tua battaglia oggi è quanto mai attuale. Siamo tutti d’accordo sul principio del “chi sbaglia deve pagare”, ma divisi sul principio che il detenuto debba perdere ogni diritto umano dal momento in cui varca la soglia del carcere, divisi sul principio di giustizia preventiva, quella che ha portato tantissime persone innocenti in carcere prima dell’accertamento dei fatti, salvo poi scoprire in molti casi che le accuse erano infondate e che tante carcerazioni potevano essere evitate.
Numeri da brividi ci ricordano tutti i casi in cui il soggetto che ha subìto custodia cautelare è stato poi prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussisteva, perché il fatto non costituiva reato o non era previsto dalla legge come reato. È allarme giustizia: oggi ci sono in cella persone indagate per presunti reati e fuori colpevoli per reati di mafia. In piena emergenza Covid-19, la rivolta nelle carceri affollate è stata lo tsunami, la tempesta perfetta che ha rivelato una falla nell’organizzazione del DAP da troppo tempo taciuta. Le carceri affollate sono lo specchio di quella politica giustizialista che abbiamo sempre contestato. Abbiamo sempre preso le distanze da quell’idea per cui quanta più gente c’è in galera tanto meglio funziona il sistema giudiziario. Non è così, semmai è vero il contrario, signor Ministro: rieducare, dice la nostra Costituzione, e invece noi ci esaltiamo quando riusciamo a dire e a gridare di mettere sotto chiave, di punire.
Sessantamila persone l’una sull’altra in quelle celle; persone costrette in condizioni pietose, tra l’altro con una previsione di crescita della popolazione carceraria che arriverà nei prossimi anni a 70.000 unità, in una condizione per cui, al contrario, le strutture carcerarie cresceranno in numero e in dimensioni in maniera inversamente proporzionale a quanta gente andrà in carcere. La gestione confusa e atroce delle carceri non ha avuto ripercussioni drammatiche soltanto sui detenuti, ma anche sugli agenti di polizia penitenziaria che vi lavorano, forze dell’Ordine costrette dal contesto a diventare guerrieri. Alcuni di loro hanno perso la vita per aver contratto il Covid proprio nelle carceri sovraffollate, in cui è impossibile mantenere le distanze di sicurezza. Sono altre vittime che si sarebbero potute evitare, una strage nella strage. È per questo motivo che in tempi non sospetti abbiamo chiesto a gran voce le dimissioni del Direttore del DAP Basentini, la cui incompetenza mescolata all’emergenza è stata all’origine di rivolte senza precedenti, degne delle pagine di storia che ci raccontano le repressioni nelle carceri negli anni 70. Nessun progresso, ancora oggi i detenuti sono considerati alle stregua di oggetti, come persone di serie B. Bisogna ripensare immediatamente ad una riforma del sistema penitenziario, e mi auguro che il nuovo Direttore del DAP, Dino Petralia, sappia avviare delle misure straordinarie che intervengano sui numeri, sul sovraffollamento, sulla mancanza di spazio vitale nelle celle, sul controllo dell’elevato numero di decessi e suicidi, sulla mancanza di formazione e rieducazione dei detenuti, tutte misure da attuare con estrema urgenza e in linea con il dettato costituzionale dell’articolo 27. Perché il problema delle carceri non è più un problema rimandabile. Perché la sicurezza è un tema che riguarda tutti, anche chi ha commesso un reato e sta scontando una pena e chi in carcere c’è finito per sbaglio.
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