La sentenza della Corte dei Conti
Casa di Cura San Raffaele di Velletri, dopo 11 anni ristabilita la verità: “Assoluzione perché il fatto non sussiste”
Due anni dopo l’assoluzione sotto il profilo penale, sono state respinte anche le accuse relative al danno erariale contro la Casa di Cura San Raffaele di Velletri di proprietà della famiglia Angelucci. A 11 anni dall’inizio dell’iter giudiziario le toghe del Tribunale penale di Roma hanno, infatti, stabilito che “il fatto contestato non sussiste“, e poi due anni dopo con sentenza 584/2021 passata in giudicato il 13 ottobre scorso, la Corte dei Conti del Lazio ha deciso che le condotte in questione non hanno provocato “perdite” allo Stato.
Nel 2009, all’inizio dell’iter, la Procura aveva ipotizzato il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni del sistema sanitario del Lazio. Tra il 2004 e il 2010, secondo gli inquirenti, nella clinica di Velletri “si sarebbero eseguiti ricoveri fittizi per gonfiare gli utili ai danni del Servizio sanitario nazionale per circa 130 milioni di euro“, con la conseguenza del sequestro conservativo a carico della San Raffaele Spa di più di 126 milioni.
Una tesi completamente smontata dalla sentenza penale assolutoria che ha rappresentato una fonte di prova per il successivo pronunciamento della Corte dei Conti che ha portato anche alla liberazione dei 126 milioni che erano stati bloccati.
Secondo l’ipotesi della Procura, i soggetti coinvolti nel processo penale avrebbero truffato il servizio sanitario nazionale con false attestazioni riguardanti prestazioni di riabilitazione neuromotoria erogate per meno delle 3 ore previste. Il giudice penale, condividendo il ragionamento della Corte dei Conti, sottolinea che le linee guida vigenti all’epoca dei fatti erano mere raccomandazioni: “Con riferimento alla riabilitazione intensiva – si legge nella sentenza – le linee Guida del 1988, diversamente da quanto ipotizzato dalla pubblica accusa, non prevedono che debbano essere effettuate obbligatoriamente non meno di tre ore di riabilitazione al giorno, con un fisioterapista che cura il singolo paziente, stabilendo invece che orientativamente devono essere effettuate tre ore di riabilitazione”.
I vertici della struttura vengono quindi scagionati completamente: “Le dichiarazioni rese da numerosi testi consentono di affermare che non erano state emanate dagli organi di vertice della struttura San Raffaele di Velletri o comunque dagli imputati, direttive, istruzioni o anche solo suggerimenti affinché venissero praticate meno di tre ore di riabilitazione ai pazienti“.
Vale lo stesso anche per le prestazioni di riabilitazione in day hospital effettuate, sempre secondo l’accusa, a seguito di presunte false diagnosi di ingresso. A riguardo nella sentenza penale è scritto che “nel corso dell’istruttoria nessun testimone ha riferito di aver concordato con la struttura la predisposizione di false diagnosi con patologie compatibili con quelle che consentono i ricoveri in day hospital”.
Inoltre l’accusa di aver inserito diagnosi e cartelle cliniche fasulle nel sistema informatico. Si legge ancora nella sentenza: “Nell’istruttoria non è stato acquisito alcun elemento per sostenere che gli imputati abbiano fornito indicazioni al personale che gestiva l’ufficio Sio (Sistema Informativo Ospedaliero) di modificare le diagnosi delle patologie dei pazienti e le terapie erogate agli stessi […] o abbiano richiesto ai medici chiamati a gestire i pazienti e a redigere le cartelle cliniche di falsare i dati dei pazienti al momento del loro inserimento nel sistema informatico. […] non sono emersi neanche elementi tali da far ritenere che le prestazioni fatturate dalla San Raffaele non siano state poi effettivamente erogate“.
Sono state indicate dal giudice penale anche le delibere della giunta regionale che hanno legittimato la conversione di 40 posti di riabilitazione ordinaria in posti letto di Day Hospital confutando la tesi di presunti difetti all’interno degli ambienti della clinica perché sarebbero mancate autorizzazioni urbanistiche relative alle modifiche della struttura: “La situazione non era tale da giustificare l’adozione di un provvedimento di chiusura”.
In riferimento al calcolo del presunto danno erariale da 130 milioni, si è espressa la Corte dei Conti che non ha condiviso neppure il metodo utilizzato dagli inquirenti per individuare e quantificare il danno addebitato alla casa di cura che ha portato al sequestro conservativo di 126 milioni durato 11 anni, senza distinguere tra le presunte prestazioni irregolari e quelle corrette.
“Il quantum coincide con il complessivo fatturato delle prestazioni effettuate dalla casa di cura nel periodo in questione, senza alcuna indicazione del presunto danno specifico conseguente dai singoli comportamenti ritenuti dannosi”, si legge ancora nella sentenza. “In definitiva – scrivono i giudici – tutte le contestazioni effettuate alla casa di cura sono state affrontate e superate dal giudicato penale”, la riabilitazione della Casa di Cura San Raffaele di Velletri, per anni punto di riferimento di tutto il territorio, sarebbe quasi un atto dovuto.
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