Ottaviano Del Turco ha subìto per un decennio, senza esserne colpevole, la tortura dello stigma per tre imputazioni su quattro. Superata una brutta leucemia, non è più autosufficiente. La delibera con cui il Senato cancella il suo diritto al percepimento della pensione – in forza della retroattività di una norma inedita – è oggetto di indignazione da parte di tanti. Dopo il lancio della campagna del Riformista, che chiede al Presidente della Repubblica di intervenire, è la ministra dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, la prima a protestare tra i membri del governo. «Trovo profondamente ingiusta la decisione di togliergli la sua unica pensione che corrisponde al vitalizio, applicando in modo retroattivo e integrale una norma recente. Credo che nei confronti di quest’uomo piegato dalla malattia, il minimo che si possa fare sia concedere un gesto di umanità e lasciare che trascorra in pace gli ultimi anni della sua vita», ha dichiarato la titolare dell’Agricoltura, che trenta anni fa ha iniziato la sua attività politica nel sindacato di cui Del Turco è stato segretario confederale.
In Senato, Stefania Craxi ha scritto alla Presidente di Palazzo Madama, Elisabetta Casellati, un accorato appello affinché venga sospesa l’applicazione della revoca del vitalizio. «Le istituzioni devono rappresentare un baluardo di civiltà – scrive la senatrice Craxi – e considerate le sue problematiche condizioni di salute, scongiurare quella che appare come una sorta di pena inumana e degradante, che mina la sua esistenza e la sua dignità, fattori che, come recita la stessa Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, costituiscono il fondamento stesso della libertà e della giustizia». Contro la revoca del vitalizio ha preannunciato ricorso il legale dell’ex governatore dell’Abruzzo, Maurizio Paniz. «I latini dicevano summum ius, summa iniuria… L’esasperazione dell’applicazione di una norma palesemente illegittima, perché avente effetti retroattivi, rappresenta l’offesa alla dignità dell’ex parlamentare, ma soprattutto dell’uomo».
Il caso Del Turco potrebbe essere illuminante: «Spero che questa vicenda, l’ennesima, rivaluti il ruolo del vitalizio come trattamento pensionistico doveroso per chi ha dedicato una vita alla politica e agli altri. Appena ci verrà comunicato il provvedimento, del quale, come spesso succede, hanno notizia prima gli organi di informazione e poi l’interessato, procederò a depositare il ricorso contro la revoca del vitalizio». Tanti sono i parlamentari sul piede di guerra.
Di gesto vile e offensivo contro la dignità della persona parla il vice presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, Nazario Pagano. Il capogruppo di Italia Viva nell’assemblea di Palazzo Madama, Davide Faraone, si rivolge al Colle. «Con profondo rispetto, rivolgo al Presidente Mattarella la mia preghiera affinché ristabilisca, attraverso un atto di clemenza nei confronti di Ottaviano Del Turco, il valore supremo e incancellabile della dignità umana», conclude Faraone. Per il Pd è il senatore Luigi Zanda a uscire allo scoperto: «Mi rivolgo alla presidente del Senato per chiederle di portare al più presto al consiglio di presidenza la restituzione a Ottaviano Del Turco del suo vitalizio per sostenerlo e rendere meno crudele una fase così difficile della sua vita».
Il Pd è stato il grande assente nella vicenda Del Turco: dall’inizio della disavventura giudiziaria si è volatilizzato. «Abbandonato dal partito del quale è stato ufficialmente tra i primi fondatori», ci dice il figlio, Guido Del Turco. Suo padre ha subìto più di una ferita. Uno stato afflittivo crescente che ha determinato – hanno spiegato i neurologi alla famiglia – l’indebolimento che ha consentito lo sviluppo del linfoma di non-Hodgkin (Lnh). «Fu l’oncologo Franco Mandelli a dirci che per guarire papà, avremmo dovuto tenerlo lontano dal processo», confida il figlio.
Ma lui niente: ha sempre voluto esserci, tranne quella volta che doveva fare la chemio e non riusciva ad essere in aula. «Non volle far sapere niente della sua malattia – dice ancora Guido Del Turco – per non influenzare i giudici. Ha retto con grande forza finché ha potuto. Oggi è assente, non può badare a sé stesso. L’agonia del processo è stato una tortura di cui porta i segni nel corpo e nella testa». Del Turco non ricorda più quasi niente. Torna presente in rari momenti. Quando sente parlare della Cgil, gli si accende lo sguardo. Sorride quando gli fanno ascoltare l’Internazionale e il Va pensiero di Verdi, arie ispirate alla speranza. L’ultima a morire. Il 30 aprile in Cassazione va in revisione il processo.
