Don Michele Basso era un grande appassionato di storia dell’Arte, aveva scritto pagine e pagine sulla Basilica di San Pietro e sulle Grotte vaticane in cui da giovedì riposa anche il papa emerito Benedetto XVI. Era anche un grande collezionista d’arte: nella sua vita aveva raccolto una intera collezione di sculture, reperti archeologici e dipinti chiusi in 30 casse ignifughe e sistemate in un locale sotto il cupolone. Il Monsignor Basso è stato trovato morto nelle sue stanze a ridosso della basilica vaticana, colpito da un attacco cardiaco. Da tempo accusava malesseri e acciacchi dovuti all’età avanzata. Si porta dietro una serie di misteri legati a quella incredibile collezione che già nel passato aveva scatenato curiosità e qualche grattacapo per la Santa Sede.

Come aveva messo insieme quel tesoretto? “È come ritrovarsi con tante scarpe nell’armadio. Alcune sono state comprate, altre regalate”, disse al Messaggero che oggi riporta alla luce la misteriosa storia tra le stanze vaticane. Secondo quanto riportato dal quotidiano la favolosa collezione conta di una settantina di pezzi tra materiale archeologico, statue in marmo e di legno, dipinti su tela, tavole incise su rame e schizzi su carta. Si tratterebbe di tele della scuola di Mattia Preti, bozzetti di Pietro da Cortona, tavole lignee del Guercino, di Golzius, di Pasqualotto, oltre che sculture lignee del Seicento e persino una scultura in marmo bianca ispirata ai Prigioni di Michelangelo. Tele autentiche mescolate però anche a diversi falsi, realizzati da falsari molto abili che operavano a Roma soprattutto all’epoca del Gran Tour, quando la città era meta obbligatoria per gli appassionati di storia dell’Arte di tutto il mondo che spesso volevano portare a casa copie fedeli di quelle opere. E si sviluppò una vera e propria tradizione tra gli artigiani che riuscivano a riprodurre copie fedelissime. Tra gli oggetti della collezione ci sarebbero anche diverse copie di vasi etruschi, e romani riprodotti talmente bene da sembrare autentici compresa la famosa copia del Cratere di Eufronio.

Ed è proprio quest’ultimo ad essere avvolto nel mistero. Si tratta di una copia molto fedele del grande vaso etrusco risalente a 600 anni prima di Cristo. L’originale è al Museo d’arte etrusca di Villa Giulia a Roma, restituito nel 2006 dal Metropolitan Museum di New York, perché frutto di esportazione illegale. La copia di Monsignor Basso sarebbe stata realizzata nei primi del ‘900, nonostante ufficialmente il ritrovamento sia avvenuto nella necropoli di Cerveteri nel 1971. Come poteva esistere a quell’epoca una copia di un oggetto non ancora ritrovato? Un esperto come il Monsignor Basso potrebbe non essersene accorto? Un giallo nel giallo. Scrive il Messaggero che il Cratere dopo che venne trafugato dai tombaroli nel 1971, esportato illegalmente negli Usa e acquistato dal Metropolitan di New York, era stato al centro di un braccio di ferro diplomatico con l’Italia.

Sulla collezione, come scrive sempre il Messaggero, fu aperta all’inizio di questo secolo persino un’inchiesta della Procura di Roma, che fu poi archiviata, Basso donò tutto al Vaticano e la polemica si chiuse. E durante tutta la sua vita continuò a ripetere a chi glielo chiedeva che era tutto regolare, frutto di una certosina opera di dedizione e ricerca iniziata negli anni ’90. Una storia da romanzo tra misteri, opere d’arte e stanze vaticane.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.